Aprendo la posta stamattina gli utenti Facebook si sono trovati nella casella un’e-mail proveniente da Facebook, non una delle tante notifiche ma una comunicazione in merito alla gestione dei dati e delle condizioni d’uso.
La mail inizia riprendendo l’annuncio della proposta “di alcune modifiche relative alla Normativa sull’utilizzo dei dati, in cui viene spiegato in che modo raccogliamo e usiamo i dati quando le persone usano Facebook, e alla Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità (DDR), contenente le condizioni che regolano l’uso dei nostri servizi”. In particolare gli aggiornamenti riguardano, sempre citando l’e-mail, “nuovi strumenti per gestire i messaggi di Facebook; Modifiche al modo in cui ci riferiamo a determinati prodotti; Suggerimenti per la gestione del diario; Promemoria sulle informazioni che sono visibili alle altre persone su Facebook”.
Il meccanismo di approvazione da parte degli utenti delle normative di questo genere comprendeva il voto da parte degli utenti (io ne avevo parlato qui), ma il social network di Palo Alto ammette ora che non è funzionale e che verrà rivisto: “il riscontro ricevuto dagli utenti durante il periodo aperto ai commenti è importantissimo per noi, tuttavia abbiamo notato che il meccanismo di voto ha portato a incentivare la quantità piuttosto che la qualità dei commenti. Pertanto, stiamo proponendo di mettere fine al voto e di sostituirlo con un sistema di invio dei commenti più produttivo”. Fra i nuovi canali che saranno introdotti la possibilità di chiedere informazioni direttamente al Chief Privacy Officer, Erin Egan, che terrà anche eventi live per rispondere alle questioni riguardanti la privacy, la gestione dei dati, la protezione e la sicurezza.
Le informazioni sulle modifiche verranno pubblicate su una pagina apposita, Fbsitegovernance a cui si è invitati a mettere mi piace per ricevere gli aggiornamenti in tal senso. I documenti che spiegano le modifiche comprendono un testo di sintesi, il documento relativo al Data Use Policy (qui la versione inglese, qui quella italiana), la Dichiarazione dei Diritti e delle Responsabilità (qui in inglese, qui in italiano). Nella versione inglese sono evidenziate le revisioni e in calce agli stessi sono presenti i link che portano alle altre policy (es. per i termini di pagamento, per la pubblicità, etc.). E’ possibile inviare commenti alle modifiche proposte, credo – per quello che ho potuto capire – attraverso la pagina Fbsitegovernance e gli altri post commentabili entro un periodo di sette giorni dal rilascio delle proposte di modifica. In questo caso “eventuali commenti devono essere lasciati entro le ore 9:00 PST del 28 novembre 2012”. Il passaggio dal voto al commento può certo aumentare la qualità del feedback degli utenti ma potrebbe ulteriormente ridurre la partecipazione. In ogni caso occorre attendere per capire l’efficacia di questa iniziativa.
Il primo dato che mi ha colpito da studiosa è la chiusura del documento di sintesi in cui Facebook dice, nella versione italiana “Grazie ancora per la partecipazione costante a questo processo e per aiutarci a migliorare la comunità di Facebook”. L’utilizzo del termine comunità è singolare, perché un social network non è necessariamente una comunità online, come almeno si è consolidata nel corso degli anni, dal momento che le relazioni non si basano sulla condivisione di una serie di interessi, di pratiche o di contiguità territoriale, ma sul vincolo di conoscenza. Ovvero, all’interno di Facebook possono esserci delle comunità (pensiamo ai gruppi o ai fan di una pagina, etc.) e quindi Facebook stesso potrebbe essere visto come un contenitore di community, ma mi è difficile pensare a una piattaforma che raccoglie un miliardo di utenti in tutto il mondo come a una singola comunità. Si può certamente ipotizzare una ridefinizione del termine comunità online i cui confini siano più laschi, ma in ogni caso sussiste, rispetto alle forme tradizionali di community, una forte asimmetria fra gli utenti e i gestori della piattaforma con un relativo sbilanciamento delle dinamiche di potere nella gestione della stessa. Lo sforzo linguistico sembra andare però nella direzione di sollecitare un’appartenenza non solo al proprio network di relazioni ma alla piattaforma in quanto tale.
Non funziona, come mette bene in evidenza questo articolo di Tech Fanpage, postare un messaggio in cui si dice che i propri dati non potranno essere utilizzati: ad avere valore sono la policy sottoscritta al momento dell’iscrizione e le modalità di gestione e impostazione che si applicano al proprio profilo. I messaggi che hanno invaso le bacheche testimoniano in ogni caso un desiderio di proteggere i propri dati anche se l’obiezione più facile sarebbe quella che se si volesse davvero mantenere la propria privacy non si aprirebbe un profilo su Facebook. In ogni caso, fra il passaggio dell’apertura del profilo con pochi click, spuntando anche automaticamente la casella di accettazione delle clausole di adesione al servizio, e il desiderio di gestire al meglio di propri contenuti c’è una zona grigia molto ampia in cui gli utenti probabilmente non sempre sanno come muoversi. Lo sforzo di far comprendere la gestione della privacy, della sicurezza e dei contenuti sembra andare nella direzione di rassicurarli, ma anche di fissare dei paletti oltre i quali non si ammette l’ignoranza della norme. In altri termini, serve a rendere chiaro che iscrivendosi a Facebook i propri dati potranno essere incanalati in un certo percorso. Dal punto di vista dell’efficacia di queste iniziative nutro dei dubbi che leggere dei papiri di normative possa facilitare la comprensione, mentre può essere più utile implementare le notifiche sui diari che spiegano come gestire i singoli contenuti, come quelle che periodicamente già compaiono, oppure lavorare sulle singole questioni.
Un dettaglio non trascurabile è che Facebook, avendo carattere sovraterritoriale, entra in relazione con le leggi locali e con le normative di ciascuno stato rispetto alla privacy e alla protezione dei dati personali, solo per fare alcuni esempi. Al momento i più attenti sembrano essere gli irlandesi che dopo aver bloccato il riconoscimento facciale hanno subito mosso una protesta rispetto all’aver ridotto il coinvolgimento degli utenti nell’ambito di queste modifiche. Facebook ha assicurato continuo dialogo e trasparenza con le autorità irlandesi, ma credo che sarebbe davvero preziosa un’azione, se non coordinata almeno sinergica delle autorità locali in questo senso.
Aggiunta del 23.11. Scartabellando in rete ho trovato una Job Description su LinkedIn proprio in questo senso. Facebook cerca un Head of Policy, Italia. Se siete interessati qui c’è l’annuncio.