La notizia ormai è arcinota: Barack Obama continuerà a guidare gli Stati Uniti d’America anche per i prossimi quattro anni. Ma i problemi per il mercato immobiliare USA, che ha dato il vero avvio alla crisi finanziaria del 2008, restano ancora tutti. Ripresa o nuova bolla immobiliare? Approfondiamo.
Un po’ di storia. Ormai è chiaro a tutti che la causa scatenante del progressivo crollo dei mercati sono stati i mutui americani. All’origine di questo fenomeno vi è la vertiginosa crescita del mercato immobiliare americano (picco 2004-2006), con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni e la successiva espansione degli investimenti nel settore. Con un forte immissione di liquidità nel mercato le banche statunitensi hanno potuto, nel contempo, erogare mutui per l’acquisto di abitazioni, ma l’hanno fatto senza verificare se i redditi e la situazione economica dei riceventi fosse stabile. Gli acquisti del settore aumentarono, ed essendo agevolati, vi fu maggior richiesta e la conseguente impennata dei prezzi e dei valori degli appartamenti. Questa “bolla immobiliare” è arrivata al suo top nel 2007, quando la domanda di immobili ha iniziato a scendere, e con essa il valore delle case. In quel momento coloro che avevano ricevuto il mutuo si trovarono nella situazione in cui dovevano rimborsare le banche per un bene che valeva sempre meno. Gli americani così crearono il fenomeno delle “jingle mails”: alle banche venivano spedite le chiavi degli immobili ormai scesi di valore, portando al saldo dei mutui con il bene acquistato a prezzi molto superiori, ma le banche stesse, in tal modo, non riuscirono a rientrare con le somme erogate. Il resto è storia.
Durante la prima Amministrazione Obama, sono sostanzialmente due gli interventi che il Presidente ha attuato con riferimento, diretto o indiretto, al settore immobiliare a stelle e strisce.
Il primo: l’approvazione di una legge di emergenza per la stabilizzazione economica, Emergency Economic Stabilization Act, del 2008, un provvedimento adottato al termine di un iter legislativo tanto rapido quanto drammatico, scandito da una continua rincorsa tra i tempi del mercato e quelli della politica. La legge, inizialmente di soli dodici articoli raccolti in tre pagine, comprende ora quarantasei articoli per un totale di ben centosessantanove pagine: in buona sostanza la legge segna la fine di una lunga stagione di fiducia nella capacità di autoregolazione del mercato (par. 2); abilita il Segretario al tesoro all’adozione di una pluralità di iniziative volte a rimediare alla crisi di liquidità degli intermediari finanziari (par. 3); e – diversamente da quanto originariamente proposto – crea una complessa infrastruttura politico-istituzionale diretta a garantire la legittimazione e responsabilità dello Stato salvatore (par. 4). Per il settore immobiliare, in particolare la legge ha previsto il rilascio di un’autorizzazione al Segretario al tesoro ad acquisire titoli legati alla concessione di mutui immobiliari da banche e intermediari finanziari aventi sede negli Stati Uniti. A tal fine, con uno stanziamento pubblico pari a 700 miliardi di dollari, il governo federale ha potuto alleviare l’esposizione di banche e altri intermediari attraverso l’iniezione di liquidità finanziaria, riducendo i dubbi sulla loro solvibilità e ripristinando la fiducia del mercato e degli investitori.
Il secondo: l’approvazione del Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act che prevede una profonda riforma della regolamentazione finanziaria incidendo su molteplici aspetti dell’industria nazionale dei servizi finanziari. I principali provvedimenti disciplinati nel Dodd-Frank Act possono essere sintetizzati nei seguenti cinque aspetti: rischi sistemici e intermediari sistemicamente rilevanti, standard di capitale e liquidità, protezione dell’investitore e disciplina dei valori mobiliari, corporate governance e meccanismi di compensazione, tutela dei consumatori. Per una disamina più dettagliata segnalo questo ottimo contributo di Massimiliano Coluccia.
La situazione attuale, parla di un immobiliare statunitense in continua crescita, con i prezzi delle abitazioni che a settembre sono aumentati per il settimo mese consecutivo, registrando un balzo del 5% su base annua, secondo i dati di Corelogic: si tratta del maggiore incremento da giugno del 2006. Su base annuale l’indice S&P/Case-Shiller dei 20 centri urbani principali aveva fatto registrare ad agosto un aumento del 2%, l’aumento maggiore da luglio 2010, dopo il rialzo dell’1,2% di luglio.
Obama, aiutato dalle politiche della Federal Reserve, ha e sta cercando in tutti i modi di evitare che l’economia sprofondi in una seconda fase di recessione: l’anno delle elezioni presidenziali coincide anche con lo scatto del “fiscal cliff”, ovvero la scadenza di una serie di sgravi e incentivi fiscali. Ecco spiegato quindi perché dall’arrivo alla Casa Bianca di Barack Obama, i tassi Fed sono ai minimi storici e saranno ancora mantenuti tra lo 0 e lo 0,25% fino almeno alla metà del 2015. Non solo. Il governatore Ben Bernanke e il Presidente americano hanno già adottato e portato a termine due piani di accomodamento monetario, i cosiddetti Quantitative Easing (QE), mentre un terzo QE è in corso di adozione, basandosi sull’acquisto da parte della Fed di obbligazioni immobiliari sul mercato americano per un controvalore di 40 miliardi di dollari al mese.
E questo sta incidendo sui conti della banche USA, che per il terzo trimestre 2012 hanno fatto segnare risultati strabilianti: gli aumenti sugli utili di JP Morgan sono stati del 34%, per Wells Fargo sono stati del 22%, due banche tra le maggiori specializzate nei mutui immobiliari, ma anche istituti come Citigroup e Bank of America presentano risultati più che soddisfacenti grazie al real estate.
Quindi, riassumendo, i prezzi degli immobili stanno continuando a salire mese dopo mese, e con tassi molto bassi, il mercato dei nuovi mutui si è rianimato (in parte), generando di conseguenza l’apertura di nuovi cantieri (+11,6% i nuovi permessi edilizi a settembre). Ma in un mercato non ancora normalizzato, dove i problemi sono diversi, in primis la disoccupazione, e dove i fondamentali non sono affatto buoni, di questo passo, sul medio termine, si potrebbe assistere ad una “bolla immobiliare” gonfiata dalla Fed?
Di cose da fare ce ne sono tante. Buon lavoro Presidente!