Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineIl mondo è un palcoscenico

di Micaela Morini E' Shakespeare che fa dire la frase del titolo ad un suo personaggio e io, che ho la fortuna di abitare in una città meravigliosa come Verona, posso confermare: il mondo è un palc...

di Micaela Morini

E’ Shakespeare che fa dire la frase del titolo ad un suo personaggio e io, che ho la fortuna di abitare in una città meravigliosa come Verona, posso confermare: il mondo è un palcoscenico, così come Verona. La città conserva ancora, infatti, suggestive piazze e strade, spaziosi cortili nei quali è semplice sognare, facile immaginare eventi del passato. Rileggendo con attenzione la tragedia di Shakespeare Romeo e Giulietta si possono percorrere piazze e vie di Verona, si possono calpestare i ciottoli che gli eterni personaggi shakesperiani percorsero.

Immaginiamo di essere a Verona nel 1303, ormai si è consolidata in città la Signoria degli Scaligeri. Sono passati sulla scena Mastino I e Alberto I, da qualche anno è signore di Verona Bartolomeo I Della Scala. In quel tempo vivevano due illustri e ricchissime famiglie avversarie fra loro: l’una dei Montecchi o Monticoli, e l’altra dei Cappelletti o Capuleti o Dal Cappello.

Continuiamo a leggere e a camminare fino ad arrivare all’interno di un cortile circondato da edifici antichi. Sulle loro facciate si aprono eleganti finestre gotiche e al primo piano sporge un balcone di pietra. E’ il leggendario balcone di Giulietta. Forse un antico sarcofago trecentesco o forse un balcone anche in origine, qui collocato in tempi recenti per rendere più vera la mitica casa di Giulietta, eroina di un dramma che la poesia di Shakespeare ha reso immortale. Il luogo, così come oggi si presenta, ci consente di rivivere in uno spazio reale la storia d’amore più celebre dell’età moderna, quella tra Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, giovani nati da due famiglie in lotta durante il periodo medievale: avversari all’imperatore gli uni, filoimperiali gli altri.

Camminiamo e leggiamo, così arriviamo in uno spazio ideale per ambientare l’inizio della tragedia: sempre Verona, il Cortile del Tribunale, un Palazzo Scaligero, detto “Palazzo del Capitano” con la vicina chiesa di Santa Maria Antica. Il dramma di Shakespeare prende infatti il via con un tafferuglio nella strada. I servi dei Montecchi e quelli dei Capuleti litigano tra di loro. In questo cortile noi possiamo immaginare la scena. Grande confusione. Arrivano anche i capofamiglia con le loro mogli. Il vecchio Capuleti è in vestaglia, quasi la città gli appartenesse e il cortile fosse una stanza della sua casa. Invece di sedare la rivolta egli incomincia a discutere. E’ il momento in cui il Principe, Escàlo in Shakespeare, Bartolomeo I Della Scala nelle altre fonti, esce dal suo palazzo ed inizia ad ammonire i litiganti. Bartolomeo Della Scala interviene duramente presso le due famiglie rivali. Ordina ai Capuleti di seguirlo e ai Montecchi dice: E voi Montecchi, venite nel pomeriggio, per conoscere meglio la nostra volontà, all’antica Villafranca, dov’è il tribunale ordinario. Pure il Principe Escàlo, in Shakespeare, pronuncia le stesse parole. E così Villafranca entra nella storia scritta dal grande drammaturgo. Dalla lontana Inghilterra l’autore, conosce, immagina, sceglie, interiorizza. Il luogo esotico si trasforma, ancora una volta, in un luogo della mente.

Continuiamo a camminare e a leggere, seguendo il giovane Montecchi incontriamo un altro luogo magico della Verona medievale, il cortile del Palazzo comunale.

Nasce qui la tragedia.

Le strade di Verona, che all’inizio sono il palcoscenico della giovinezza disinvolta e un po’ spaccona, ora si coprono di sangue. La morte di Mercuzio porta all’uccisione di Tebaldo da parte di Romeo. Per questo delitto il giovane Romeo viene bandito da Verona, da quella Verona fuori dalla quale non esiste mondo, ma purgatorio, supplizio, l’inferno stesso. Ora Romeo, disperato, deve lasciare Verona.

Così noi, che siamo nel cuore di questa città, di cui possiamo cogliere tutto il caldo colore delle sue case, dei suoi palazzi e il brulicare della vita nelle sue strade e piazze, riusciamo a comprendere la disperazione di Romeo. Noi, che respiriamo il senso di austero rigore e di protezione sprigionati dalle poderose quinte architettoniche, possiamo partecipare, commossi, al suo dolore. Romeo, però, prima di lasciare la città incontra segretamente Giulietta, ormai sua sposa, per trascorrere con lei la prima e unica notte di nozze. La tragedia incalza, seguiamo i giovani amanti che ignari, cercano con l’inganno di sfuggire al loro tragico destino. Ma è inutile: Giulietta sta per bere la pozione magica che la fa sembrare come morta; Romeo, intanto, avuta notizia, a Mantova, della morte della sua amata, si procura il veleno. Egli non sa dell’inganno e si dirige verso la tomba di Giulietta per morire accanto a lei.

I due giovani si conoscono da soli cinque giorni, questo è il tempo che Shakespeare decide di dare alla sua tragedia; in soli cinque giorni, Giulietta e Romeo, si sono incontrati al ballo, innamorati, sposati, amati con passione e, senza esitare, hanno deciso di morire.

La magia del sogno non può, non deve dissolversi. Morire, dormire. Dormire? Sognare, forse.

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