Tabula rasaTelecom e editoria, vittime del complotto internet?

Un recente articolo su MF attribuisce a Bernabè, presidente di Telecom Italia, una serie di affermazioni relative al dominio internet di Google, Facebook, Amazon ed Apple, alle loro presunte violaz...

Un recente articolo su MF attribuisce a Bernabè, presidente di Telecom Italia, una serie di affermazioni relative al dominio internet di Google, Facebook, Amazon ed Apple, alle loro presunte violazioni della privacy e all’impatto negativo su settori tradizionali come l’editoria e, guarda caso, le telecomunicazioni.

Scopro che le quattro società in questione sono “monopolisti” che sfruttano il mercato europeo senza però creare lavoro in loco come le telecom del continente, e pagando tasse solo in casa propria. Forse dobbiamo ricordare a Bernabè che nessuno ci obbliga a comprare un iPhone anziché un telefonino Samsung, o che fine abbiano fatto altri giganti dell’elettronica di consumo come Nokia, Sony e Motorola – vittime della competizione sfrenata nel settore. O che nessuno ci costringe ad usare Google, Amazon e tanto meno Facebook – sul cui business model persistono peraltro i dubbi. E mentre Bernabè parla di monopolio, il Financial Times scrive in prima pagina della perdita di quote di mercato dei tablet Apple.

Il tema dei posti di lavoro e delle tasse è il classico retaggio di politica industriale dirigista. Gli americani sono leader in un settore in forte crescita, esportano servizi internet su scala globale e la loro economia ne trae beneficio più di quella europea – cosa c’è di sbagliato in questa frase? Per non parlare dei milioni di posti di lavoro creati dal settore tech americano in paesi come Cina e Corea attraverso l’indotto. Quello sì che è un tema interessante: come rendere l’economia italiana più attraente per i capitali stranieri? Sicuramente non erigendo palizzate a difesa di settori in declino strutturale.

Ma l’aspetto più sconvolgente è l’assenza di un qualsiasi riferimento ai benefici che il consumatore – americano, europeo, globale – trae dal presunto monopolio internet. Certo, la privacy va disciplinata. Ma niente viene detto sulla trasparenza dei prezzi e la comodità dell’acquisto online. Niente sulla rapidità e completezza di una ricerca su Google. Niente sull’abbattimento dei costi delle telefonate su internet, in caso volessimo aggiungere Skype all’elenco dei cattivi. E se la carta stampata è stata penalizzata da internet, non è per imposizione dall’alto ma per libera scelta dei consumatori che preferiscono leggere notizie in tempo reale – con gli editori di qualità peraltro in grado di far pagare per il contenuto anche online.

Per l’ennesima volta un rappresentante dell’establishment italiano attribuisce gli insuccessi di casa nostra a complotti di varia provenienza – un giorno cinesi, un giorno tedeschi, ora americani. Demonizzare i nuovi trend è l’opposto della via da seguire in Italia. Anziché creare un’economia competitiva, c’è ancora chi vuole continuare a sussidiare business obsoleti – a spese dei consumatori o dei contribuenti. Esattamente quel che serve per promuovere la crescita. Chapeau!

(Twitter: @GianniLorenzato)

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