C’era una volta un bambino che dentro il pancione della mamma pensava a come bello sarebbe stato il suo futuro; scalciava felice pensando a tutti i giochi che avrebbe condiviso con i suoi amici nel parco; immaginava la mamma che gli sorrideva invitandolo a fare attenzione. Non vedeva l’ora, era diventato impaziente, voleva nascere il prima possibile, per sentire il profumo della sua mamma che lo avrebbe stretto tra le sue amorevoli braccia.
Ma quando venne alla luce, qualcuno decise che la mamma non era in grado di crescerlo, quindi per non farla soffrire troppo pensarono bene di non farle vedere il suo piccolo-grande uomo.
I medici decisero di chiamarlo Luca, perché quel giorno sul calendario c’era scritto quel nome.
Luca divenne per tutti Luchino e cominció il giro delle strutture che un tempo erano chiamate orfanotrofi e che oggi vengono definite strutture di accoglienza.
Ovviamente ne cambió molte, all’inizio visse insieme ad altri neonati che al parí suo strillavano dalla mattina alla sera, non tanto per la fame, bensí perché appena uno di loro si addormentava un altro si svegliava e iniziava a piangere, dando la sveglia al resto della ciurma.
Poi lo trasferirono nella comunità dei piccoli, anche se ormai era piú grande, e lí riamase fino ai 6 anni.
In questa nuova casa Luchino aveva conosciuto tante signorine, alcune erano molto gentili e premurose, altre erano isteriche e cattive, tanto che quando nessuno le vedeva strappavno i capelli dalla testa dei bambini, tanto nessuno poteva vederne i segni.
Quando compí il suo sesto compleanno fu trasferito in un’altra residenza, dove vivevano i bambini dai 6 ai 12 anni, qui conobbe Walter che era stato sottratto ai genitori perché non avevano i soldi per crescerlo; incontró Vanessa che era stata allontanata dalla mamma vedova e malata; fece amicizia con Carmine che parlava con i genitori volati in cielo; si fidanzò con Mirta che aveva i genitori drogati.
Tutti questi bambini si chiedevano perché non potessero vivere insieme ai loro cari, perché fossero stati allontanati da familiari, parenti e amici? Non sarebbe stato piú semplice, e piú giusto nei loro confronti, se chi li aveva separati dai loro affetti avesser provato a risolvere i problemi dei loro cari?
Ma nessuno rispondeva alle loro domande.
Luchino aveva compiuto il suo nono compleanno, sognava sempre di avere un papà e una mamma che lo facessero sentire un bambino come tanti altri.
Un giorno mentre saliva sullo scuolabus vide un giornale e fu colpito dal titolo scritto grosso grosso I BAMBINI DI NESSUNO. Incuriosito cominció a leggere.
“In Italia ci sono 29.309 minori ospiti delle comunità educative o accolti dalle famiglie affidatarie, tra questi 2.287 potrebbero essere adottati e 235 provengono da un precedente fallimento adottivo.
Davanti a questi dati sorgono spontanee alcune domande:
Perché si preferisce tenere chiusi nei “piccoli orfanotrofi” questi bambini, piuttosto che affidarli alle cure amorevoli di persone care?
Perché le stesse cifre spese per tenere “reclusi” questi minori non vengono date alle famiglie che li accolgono?
Inutile negarlo per quanto accogliente possa essere una comunità, non potrà mai offrire il calore di una famiglia.
Perché non si incentiva l’adozione?
Chi guadagna sulla pelle di questi innocenti?
Chi specula sul sorriso di queste anime candide?”
Luchino pensó “non so chi ci guadagni, ma so per certo chi ci rimette, NOI, che cresciamo senza una famiglia, noi che viviamo nell’abbadono grazie a qualcuno che crede di proteggerci, noi che diventiamo adulti senza mai essere stati bambini”.
Dopo aver risposto il giornale sul sedile dello scuolabus, Luchino capí che era un bambino di nessuno, capí perché nessuno si preoccupasse della sua felicità.
Due lacrimoni solcarono il suo viso e approfittando della distrazione dell’accompagnatrice scappó via, in un baleno venne inghiottito dalla giungla dei grandi e da quel momento nessuno seppe piú nulla di lui.
11 Dicembre 2012