Stamani sono andata, come tutte le mattine, a portare Viola a scuola. E siccome avevo ricevuto una lettera in cui venivo gentilmente pregata di migliorare la performance di presenze a scuola di mia figlia, stabilita al 65%, non vedevo l’ora di incontrare la Preside, prenderla per i capelli, e trascinarla nel suo bell’ufficetto all’ultimo piano della scuola (tra l’altro, vista fantastica perbacco), guardarla negli occhi sperando di non trovare la più totale lobotomia e farle capire che mi figlia ha 4 anni, che va all’asilo e non all’università, che quindi non fa forca e che succede, ahimé, che a volte si ammali. Prima di fare tutto ciò, tuttavia, mi trovo alle prese con altre dieci comunicazioni. Uè, qua la scuola viene presa sul serio, caspita. Ma se è così all’asilo, come sarà alle “lementari” come dice Little Miss Sunshine? E alle medie?? Liceooo??? Quindi mi dirigo verso l’ufficio “relazioni con i genitori” ed inizio a consegnare vari fogli firmati, tra cui l’autorizzazione, e relativo pagamento, al corso di ginnastica di Viola. Ginnastica….cioé hula hop. Chiamiamo le cose col loro nome. Vaiola come sport ha scelto hula hop. Sì, quello che ancheggi per ore e ore. La sua amichetta sa farlo con tutte le parti del corpo: piedi, gambe, braccia, mani, dita, collo e chi più ne ha più ne metta. Viola non sa’ manco che vuol dire ancheggiare, piuttosto sbraccia a destra e manca come una bagnante poco marina che sta per affogare, di quelle che quando sei lì lì per salvarle, affoga anche te. Quindi consegno foglietto firmato ma a quanto pare il corso salta. Non trovano maestre di hula hop. E te credo! Vabeh, ci penserò al momento giusto. Poi altri fogli sulla recita di Natale, recita che ovviamente perderò perché sarò a Roma per lavoro. Non ci provate tanto non mi sento in colpa. Sarà solo vestita da angioletto, dirà a memoria la sua poesia (le hanno dato 4 pagine da imparare a memoria?) per la prima volta in inglese e come minimo cadrà rotolando dal palco sul più bello perché ahimé è fantozziana quanto me. Che ve lo dico a fa’. Esco di corsa che non ne voglio più sapere, basta, non m’importa manco della preside. A quanto pare invece a lei di me sì dopo la mia sfuriata in ufficio “Ma si possono ricevere simili lettere a casa? Questi sono attacchi personali” ecc… ecc…”. Mi vede, mi punta, mi blocca. “Mi voleva vedere, VERO?” esordisce. Che faccio, mi tiro indietro? Giammai! Che palle però eh, ma stessi un po’ zitta ogni tanto. E poi ho la mia call col capo tra venti minuti. “Certo che volevo vederla, ho ricevuto una lettera e non sono affatto soddisfatta” (qua in UK il “complaint” cioé lamentarsi, è quasi una procedura e viene presa serissimamente: ti lamenti = ottieni, quasi fosse una formula matematica. Mi chiedo come fanno ad essere così corretti gli inglesi e a non lamentarsi tutto il tempo. Io l’ho fatto un po’ di volte, fai proprio quella scocciata e che so’, m’hanno cambiato un vestito, non mi hanno fatto pagare un taxi fino all’aeroporto…ecco). Quindi la Preside mi chiede di seguirla fino in cima alla torre di Cenerentola. Sali sali sali, e arriviamo in una stanzetta tipo sgabuzzino. Mi siedo e tiro fuori la lettera che dice che Viola è stata assente diversi giorni e che la percentuale di frequenza è sotto il 90%, per la precisione al 65%. Inoltre che ha preso tre cartellini rossi (che è, una partita di calcio? ammonita? espulsa?) per essere arrivata tardi a scuola. Come se fosse colpa sua poraccia. La vogliono umiliare. Ma c’ha 4 anniiiiiiiiiiiiiii, come ve lo devo dire. Se arriva tardi è perché sua madre si sveglia alle 8.30 per arrivare alle 8.55 e non c’ha un cavolo di voglia di essere puntuale, che la disciplina può esser rimandata di qualche anno e che nessuno mai nella vita è arrivato in tempo. E soprattutto, sti cazzi. Allora l’eccellentissima presidentissima mi guarda con occhi come a dire “te lo sto’ a dì Allegra e famme parlà” e quindi la faccio parlare. E dice l’ovvio, ma quello che le mie orecchie (e la mia coscienza) volevano sentirsi dire. E cioé “non è niente di personale, lo facciamo con tutti, le lettere le mandiamo in automatico quando la presenza è sotto il 90%, bla bla bla…”. Siccome non sono contenta, e siccome loro spingono parecchio, eccomi qua a spingere anche io e avanti con ” Viola è molto fragile, si ammala spesso, dovrete abituarvi, è assente almeno 4 volte in un anno, è sempre stata così, quando si ammala lo fa per mesi interi…” e quasi mi scendono le lacrimucce. Tié, l’odio verso l’istituzione del preside esce tutta, la gerarchia inutile. Pfuh. Ma ecco che la perfida torna all’attacco. No, non ci posso credere, non è possibile che io abbia sentito quello che ho appena sentito, ditemi che adesso esce qualcuno che mi urla ” Sorridiiiiiiii, Candid Cameraaaaaaaaaaa” perché qua si rasenta l’assurdo. “Capisco. Vorrà dire che Viola nei momenti di malattia quando PROPRIO NON POTRA’ VENIRE A SCUOLA A CAUSA DELLA FEBBRE ALTA (che vuol dire che se respira come un carlino ma non ha la febbre, la perfida preside la vorrebbe a scuola), dovrà studiare da casa e le manderemo quindi degli esercizi da fare”. Aspetta un attimo, rewind, lucidità: sono a scuola di mia figlia a Londra, esattamente mia figlia ha 4 anni, va all’asilo, anzi, in primina, e se è assente le mandano i compiti da fare a casa??? Ma voi siete tutti matti amici miei, ma iniziate a ballare sui tavoli, a ballare il limbo con gli amici, scherzate e ridete alla vita e per amor del cielo, siate più leggeri perché qua il piombo in confronto è una piuma. Mi rifiuto categoricamente di ricevere compiti a casa per mia figlia assente dalla scuola causa malattia! Forse, e dico forse, potrebbe succedere qualcosa di simile al liceo, ma non sono neanche troppo sicura. Guarda non vedo l’ora succeda per potergli rimandare indietro i libri con una bella fetta di mortadella dentro. All’italiana. Oppure con foto di Viola moribonda che tenta di scrivere o leggere magari mentre vomita. Un bel fotomontaggio per la mia bella preside. Perfida, come nella migliore delle tradizioni. Va bene che sbandiero i servizi inglesi a mezzo mondo, ma questo è troppo persino per una come me.
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La mia ora del bagnetto dopo una giornata di stress