È senza dubbio una lettura interessantissima, per addetti ai lavori e non, la trascrizione integrale dell’audizione del procuratore capo della Repubblica di Firenze, Giuseppe Quattrocchi e dei sostituti procuratori Tommaso Coletta ed Ettore Squillace Greco.
Interessante perché analizzano con l’occhio di chi conosce e indaga l’espandersi della criminalità organizzata di stampo mafioso straniera, in particolare quella russa e cinese, nella regione Toscana.
Una bella analisi, cui vi rimando con i due documenti integrali:
– Seduta n. 116 – Stenografico n. 114 – Mercoledì 24 Ottobre 2012
Audizione del dottor Giuseppe Quattrocchi, Procuratore di Firenze
– Seduta n. 117 – Stenografico n. 115 – Mercoledì 7 Novembre 2012
Audizione del dottor Luigi Varratta, prefetto di Firenze
Personalmente a colpirmi, nella lettura degli atti, sono stati due fattori riguardanti le indagini dell’antimafia, proprio riguardo al contrasto delle mafie straniere. Uno dei problemi che si presenta nelle indagini, in particolare quando sono coinvolte forze criminali straniere, è quello della lingua.
Succede con i dialetti del sud Italia, figurarsi con il cinese o l’albanese. Un problema, quello linguistico, che si presenta al momento di sbobinare le intercettazioni telefoniche. Ebbene, dice Varratta «Le conversazioni captate in corso di intercettazioni sono in lingua cinese. Ora, finché parlano in mandarino abbiamo un numero sufficiente di interpreti ma, poiché le bande giovanili cinesi che agiscono con metodo mafioso provengono soprattutto dal Fujian, non abbiamo interpreti di lingua fujianese. Di conseguenza, il 50-60% del materiale probatorio che abbiamo captato nel corso delle intercettazioni rimane nei dischetti e nessuno ce lo traduce. Si è tentato, forse a livello di Procura nazionale antimafia, di creare un albo di interpreti, però il progetto non va avanti; non riesce a raggiungere risultati, sicché la difficoltà permane».
I dialetti del Fujian e dello Zhejiang, regione da cui provengono la maggior parte degli uomini sotto inchiesta, sono di difficile traduzione anche per chi conosce il cinese mandarino, in quanto, appunto, dialetti.
Una impresa non facile, dice il sostituto Squillace Greco «bisogna trovare un interprete per ogni dialetto: è come dover cercare un interprete che parla svedese, uno che parla inglese, uno che parla romeno, perché nelle varie province e nei vari territori che compongono lo Zhejiang ed il Fujian vengono parlate lingue diversissime».
A rincarare la dose sulle difficoltà ci pensa davanti alla commissione parlamentare il prefetto Luigi Varratta, il quale dice apertamente che «circa la metà delle intercettazioni effettuate rimane senza traduzione».
E questo è un lato delle difficoltà che le procure e gli investigatori si trovano a dover affrontare nel contrasto al fenomeno delle mafie straniere. Se vogliamo è però anche l’aspetto meno “tragico” e forse anche meno “comico”, sempre rigorosamente tra virgolette, rispetto a quello che andiamo a leggere ora.
La cameriera a ore del sostituto procuratore Tommaso Coletta prende più denaro di uno dei traduttori ingaggiati dalla procura, che sia cinese, russo, arabo o albanese. È proprio lo stesso Coletta a dirlo, dopo che, avendo fatto i conti, si appura che un trduttore per quattro ore di lavoro prende € 23,00 per il disturbo.
Poco denaro per retribuire, per esempio, un traduttore cinese, il quale rischia di scontare poi la vendetta dei connazionali, come aggiunge di nuovo Squillace Greco: «abbiamo, ad esempio, un’enorme difficoltà a celebrare i processi, perché (i traduttori, ndr) hanno paura», oltre ad aggiungere il rischio di un facile e probabilissimo condizionamento da parte dei boss connazionali.
La mafia italiana è una cosa seria, quella straniera anche, il contrasto dovrebbe esserlo un po’ di più, e l’augurio è sempre quello che a Palazzo qualcuno prenda in mano queste audizioni e faccia una proposta. Che poi sarebbe il mestiere del politico…