La scorsa settimana si è tenuto a Davos, il consueto World Economic Forum, che in Italia, vuoi per l’avvicinarsi delle elezioni politiche, vuoi per l’esplodere dello scandalo legato al Monte dei Paschi di Siena, ha avuto poca risonanza. Come ogni anno, sono stati tanti gli ospiti di rilevanza internazionale che hanno affrontano i temi più disparati: dai problemi economici del vecchio continente all’emergente Africa; dai difetti interni dell’America agli UK e l’Euro. E si è parlato pure del settore immobiliare globale.
Come sta l’immobiliare secondo le personalità e i manager riuniti al WEF? Ho cercato qui di raccogliere, e sintetizzare, attraverso l’analisi dei media internazionali del settore, tutta una serie di dati, stime e riflessioni. Il primo luogo, il settore immobiliare, a livello mondiale, si è confermato un’asset class verso cui si sono concentrati i grandi investitori istituzionali, e un gran numero di fondi sovrani: il Canadian Pension Plan Investment Board (CPPIB) ha incrementato i propri investimenti nel real estate dal 4,3% del marzo 2007 al 10,6% del settembre 2012; il National Pension Service of Korea (NPS), dal 2,5% del 2007, ha in programma di raggiungere il 10% di asset allocation entro il 2016; nel marzo 2010 lo Statens pensjonsfond norvegese ha deciso di investire nel mattone il 5% del proprio portafoglio, prevedendo un’allocazione pari a 33 miliardi di dollari entro il 2020.
Tutti investimenti programmati ed effettuati durante questi ultimi anni di crisi: investimenti però decisi e attuati con un’attenta disamina non solo della situazione macroeconomica dei vari Paesi, la forza e la solidità di quella piuttosto di quell’altra valuta, ma realizzati con una “visione” del mondo e della sua evoluzione ben precisa: come ho ripetuto diverse volte su Linkiesta, il mattone è una scatola vuota se non è considerato un mezzo per vivere, fare e sviluppare, e grazie a ciò produrre reddito, sviluppo e ricchezza.
Se è vero che l’obiettivo ultimo è la diversificazione degli investimenti, e quindi del rischio, è anche vero che è su queste basi che viene effettuata la prima scrematura tra i vari Paesi, ovvero analizzando il differenziale tra un investimento in bond governativi, e i rendimenti in uffici in prime location. Il risultato, riportato nel grafico sottostante elaborato da Jones Lang LaSalle è abbastanza eloquente.
Gli investimenti, si stanno sempre più spostando verso l’Asia, dove gli impieghi sono aumentati del 77% rispetto al 2007, e dove la crescita economica di cui sentiamo parlare tutti i giorni si può ben concretizzare in un dato: ci sono più di 45mila ultra-high- net-worth individuals (UHNWI) con un capitale complessivo stimato in 6,7 trilioni di dollari (fonte: World Ultra Wealth Report 2012-2013, Wealth-X): se nel 2011 rappresentavano il 27% degli ultramilionari mondiali, questa quota dovrebbe salire al 49% nel 2031.
Stiamo quindi parlando di un nuovo panorama immobiliare globale che sta cambiando, che è già mutato, e che si rinnoverà. Se ci sono città “tradizionali” che comunque rimarranno forti ed attrattive a livello mondiale, parlo di New York, Londra, Parigi, ci sono interi Stati, o meglio continenti che stanno uscendo dai radar d’investimento principali, o dove addirittura si parla di disinvestimento vero e proprio nei prossimi anni.
Attenzione, però, l’investimento, in campo immobiliare sta cambiando: non si tratta più del classico building ad uso uffici, quello, come citato precedentemente, è solo uno degli elementi di primissima analisi. Oggi l’investimento immobiliare si sta muovendo verso altre asset class: case per studenti, strutture e facilities portuali, infrastrutture, complessi residenziali multi-family, vigneti e foreste.
Il lettore più attento si sarà accorto di un elemento: l’Italia non esiste a livello internazionale come attrattività d’investimento. Non sto ora a ribadire i motivi, a mio avviso, espressi in articoli precedenti; è bello però constatare che mentre il mondo – a ragione o a torto – sta seguendo una precisa direzione di sviluppo, crescita e investimenti, in Italia l’argomento principale di discussione, a livello politico, in ambito immobiliare, diventato ora mainstream è l’IMU. Ognuno può trarre le proprie conclusioni.