È stato anticipato online l’ormai consueto report del settimanale britannico The Economist, che uscirà domani, sull’andamento del mercato immobiliare a livello globale, settore che, tranne poche eccezioni, vive ancora di forti tensioni, con prospettive più che incoraggianti per gli Stati Uniti, a cui fanno da contraltare i toni preoccupati e preoccupanti delle economie on the periphery of the euro area.
Il primo dato che il settimanale economico propone è quello sul mercato statunitense che dopo anni di cali, dai picchi del 2007, ha fatto segnare un dato positivo del 4,3% rispetto ad un anno fa, quando, viceversa il calo si era attestato al 3,6%. Questo dato è favorito dalla politica della Federal Reserve dei bassi tassi sui mutui erogati dagli istituti statunitensi, ai minimi storici, politica che la banca centrale americana ha intenzione di mantenere inalterata almeno per i prossimi due anni.
Venendo alla situazione, comunque variegata, dell’Europa, si è accentuato lo stato di sofferenza del mercato spagnolo, il peggiore tra quelli monitorati con un calo del 9,3% nel 2012, dopo un calo del 5,5% nel 2011: la situazione spagnola è quella che più preoccupa e che riflette ormai il noto aspetto dell’eccesso di offerta di abitazioni costruite durante il boom edilizio, e il tasso di disoccupazione che è salito al 26,6% nel mese di novembre, il più alto in Europa. Se ci sono poi situazioni come quella dei Paesi Bassi – di cui vi avevo parlato nei mesi precedenti – in deciso peggioramento, tra le “nuove entrate” dei Paesi a preoccupare è la Francia, dove il calo delle compravendite si è fatto sentire, passando dalle 829.000 nel 2005, alle 805.000 del 2011 e alle 655.000 (dato ancora non ufficiale) del 2012. E se il calo delle valutazioni è stato modesto, i ribassi attesi (secondo The Economist) sono nell’ordine del 35%.
Come al solito l’anomalia tra le grandi economie europee è la Germania, dove i prezzi sono aumentati del 2,7% sugli stessi livelli del 2011, e dove le prospettive di crescita sono importanti, con margini di incrementi nell’ordine del 17% (riferito alle medie storiche), vuoi in primis per la situazione di finanziabilità degli acquisti, vuoi per la situazione stessa dell’economia tedesca con uno dei più bassi tassi di disoccupazione (5,4%) in Europa.
Venendo alla situazione che più ci interessa da vicino, ovvero quella del nostro Paese, è continuato il calo dei valori (-11,3% dal 2007). Ma quello che più fa riflettere è il possibile calo ancora concretizzabile, che The Economist pone al 12%, e, ricordo l’agenzia di ratings Fitch nel suo “Global Housing and Mortgage Lending 2013 Outlook Mixed” rilasciato proprio questa settimana pone non troppo distante, al 13%. Fa riflettere perché secondo le analisi italiche il calo dovrebbe essere compreso tra il 3-4%. Ma di questo divario e discrepanza, oggi non è tema di discussione, materia su cui comunque mi ripropongo per le prossime settimane.
Il vero argomento di discussione in realtà è un altro: se le principali banche centrali mondiali hanno e stanno sostenendo, attraverso le banche (non limitiamoci a considerare solo la situazione italiana), la situazione economica, e quindi in quota parte anche il settore immobiliare, concedendo risorse a tassi risibili, o con meccanismi, come la Bank of England attraverso il Funding for Lending Scheme, difficilmente replicabili dalla BCE, e la situazione è quella appena descritta, di fragilità, cosa potrebbe succedere quando questo sostegno verrà meno? Perché, di fatto, non potrà essere eterno.
Purtroppo in certi Paesi, la campagna elettorale, in ambito immobiliare, si fa con slogan sul togliere o meno l’IMU, o se introdurre “mini-patrimoniali” o “contributi di solidarietà”. I problemi, del settore, sono tanti e diversi, ma non se ne parla.