Parlare con i limoniItaliani gente triste (secondo Twitter e Facebook)

Italiani gente triste. Almeno secondo uno studio che, analizzando post e tweet diffusi sui social network nel corso del 2012, ha calcolato che almeno il 60% delle nostre condivisioni aveva un conte...

Italiani gente triste. Almeno secondo uno studio che, analizzando post e tweet diffusi sui social network nel corso del 2012, ha calcolato che almeno il 60% delle nostre condivisioni aveva un contenuto pessimista.

Gli studi universitari confermano una tendenza ben evidente a chiunque navighi giornalmente: la tristezza regna sovrana, i social sono spesso uno sfogo per esprimere il nostro disagio esistenziale.

Non viviamo certamente tempi facili o spensierati. La crisi economico-morale morde e attraversiamo una convulsa fase di trasformazione che probabilmente si concluderà con la fine del primato di noi occidentali sul resto del pianeta. La perdita di punti di riferimento, il crollo delle certezze inevitabilmente generano inquietudine e paura del futuro. Il declino del calcio, della televisione, della politica ha distrutto quelli che potevano essere i canali di sfogo e distrazione. Anche le amicizie e gli amori sono meno intensi, meno forti. Tutto si è virtualizzato, anche i sentimenti, ed è frequente avere 800-900 amici su Facebook e poi non trovare nessuno con cui uscire un sabato sera.

Ma la tristezza italiana non dipende solo dalla congiuntura storica. Autocompartisi, diagnosticarsi depressioni e vite sfigate, piangersi addosso, rinchiudersi nella malicononica, inveire contro un mondo che non ci capisce e ci fa sentire soli e dimenticati, in fondo, sono sensazioni che –sotto sotto– amiamo provare. Alimentano il nostro ego, ci forniscono scuse per assolvere ogni nostra colpa, sono un modo molto efficace per attrarre l’attenzione su di noi, per farci sentire al centro dell’universo, per essere egoisti e non guardare oltre il nostro naso. La malinconia non è una fuga, è un rifugio. Ma soprattutto lamentarsi e compatirsi è la strada più facile e meno faticosa.

Al liceo lessi la storia di un saggio dell’antica Grecia (non ricordo il nome, credo fosse Solone) che per consolare un amico, lo portò su una collina da cui si vedeva tutta Atene: “Guarda quanti tetti” –gli disse– “pensa quanti dolori, quante sventure si dibattono in questo momento sotto ogni tetto. E rassegnati, in tanti sopportano un male che dividono con te.”

Tutti soffrono. A volte è una sofferenza figlia di un male immenso. Spesso il dispiacere è figlio dei nostri capricci, del nostro egocentrismo, del nostro voler essere al centro dell’attenzione. Ma quale sia l’origine della tristezza, essa va rispettata perché anche da una piccola tristezza può nascere una valanga in grado di distruggere una vita.

Questo disagio interiore temo sia una componente fissa della vita. Siamo destinati a portarci fino alla tomba, dolori e dispiacieri. E piangersi addosso, nella vita reale o su Facebook, non servirà a niente. Svuoterà un po’ l’anima, ci farà sfogare ma poi? Il nostro grigiore esistenziale resterà lì, immobile, pronto a divorarci di nuovo, pronto a fornirci nuove scuse per restare immobili.

I se” –scriveva Massimo Gramellini nel bel libro “Fai bei sogni” – “sono il grido dei falliti. Nella vita si diventa grandi nonostante.” E’ una frase durissima ma veritiera. Bisogna essere più duri delle sventure, più testardi della sfortuna, per trasformare la tristezza in forza, in benzina per ripartire. Non è facile ma è l’unico modo per ridare colore all’esistenza.

E allora, certi che l’infelicità appartiene a tutti noi, approfittiamo del potere che ci ha dato Internet e invece che unire le nostre tristezze alla Tristezza Generale, consoliamoci a vicenda.

Spargiamo ovunque speranza, grinta, energia, voglia di ricominciare. O meglio ancora, cerchiamo di far ridere e sorridere. Giacomo Leopardi, poeta cui con faciloneria appiccichiamo la patente di “depresso” (etichetta alla quale il buon Giacomo si ribellava furibondo già a suo tempo) diceva: “Ridete franco e forte, sopra qualunque cosa, anche innocentissima […] In fine il semplice rider alto vi dà una decisa superiorità sopra tutti gli astanti o circostanti, senza eccezione. […] Terribile ed awful è la potenza del riso: chi ha il coraggio di ridere, è padrone del mondo.

E stamattina, mentre mi struggevo e cercavo frasi tristi da condividere su Facebook, mi sono imbatutto in un commento: “Il senso dell’umorismo vi salverà la vita.” Non so se basterà, però oggi mi ha salvato da un’Epifania sotto il segno del malumore.

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