Con la chiusura ai matrimoni gay, Monti abbandona ufficialmente, e forse definitivamente, il suo ruolo di tecnico (se mai lo ha avuto e per chi glielo ha riconosciuto). Con questo si schiera da una parte netta rispetto a una faglia che attraversa l’Europa in questi giorni. Con questo finisce la novità di Monti (per chi vi ha riconosciuto una novità). E finalmente, per i tecnici, si rivela che questa “economia sociale di mercato” è una panzana. E’ più un’ “economia confessionale di mercato”. E’ il ritorno della vecchia azione cattolica e della democrazia cristiana. Che i rottamatori si facciano avanti, se sono tali.
Mentre sono in una breve vacanza in Sudafrica, dove l’apartheid è memoria storica, ma del quale è rimasto qualche odore nell’aria, leggo un interessante incrocio polemico tra blogger sulla questione del matrimonio gay. Da un lato Michela Marzano nel suo blog su Repubblica commenta su una manifestazione parigina contro il matrimonio gay e ammonisce al ritorno della politica confessionale. Dall’altro Antonio Sanfrancesco qui su Linkiesta replica che si tratta di un fronte laico, che addirittura annovera tra le proprie file omosessuali che vorrebbero preservare la loro diversità. Infine, leggo dichiarazioni di Mario Monti a favore della famiglia come unione di uomo e donna. Chiusura netta al matrimonio gay. La domanda è: come giustifica il Monti tecnico questa chiusura? E, al di là di Monti, visto che il problema è europeo, c’è ancora spazio, in una politica che è sempre più scienza delle scelte collettive, per posizioni di questo tipo? Si tratta di un limite della scienza delle scelte collettive o si tratta solo di un passo indietro?
La risposta è Pareto. Se dovete prendere una decisione per una comunità, si dice che una scelta è Pareto-efficiente se avvantaggia qualcuno senza svantaggiare nessuno. Al di là della prosopopea del termine, il concetto è quello che potete sentire enunciare in ogni bar. Qualcuno vuole sfruttare un’opportunità e questo non dà fastidio a nessun altro: perché proibirla? Questo è lo strumento che un tecnico usa per giudicare dell’opportunità del matrimonio gay e delle adozioni. A me, che ho scelto di non utilizzare l’istituto di matrimonio, neppure eterosessuale, che me ne viene del fatto che venga proibito quello omosessuale? Poiché per quanto mi sforzi non riesco a trovare un nesso tra l’utilità di una coppia di omosessuali che si sposa e la mia, come tecnico non trovo alcun motivo per schierarmi contro il matrimonio gay. Per questo l’affermazione di Monti: “per me la famiglia è fatta di un uomo e una donna ed è giusto che i figli crescano con madre e padre” segna la fine del Monti tecnico. Anche per me la famiglia è fatta da un uomo e una donna, ma le mie scelte non sono influenzate in alcun modo dal fatto che per qualcun altro possa essere l’unione di due uomini, o due donne. Per questo, come tecnico, non posso essere contro il matrimonio omosessuale. Anzi, potrei addirittura asserire che limitare la libertà altrui può avere costi sociali anche rilevanti.
Che il problema possa stare nella tecnica? Questo è senz’altro vero, anche se è ironico che la tecnica mostri i suoi limiti proprio quando appare meno fredda e dura. I modelli con cui rappresentiamo le scelte (a meno di lavori di ricerca di frontiera), infatti, sono basati su una descrizione molto semplificata dell’individuo. Non ci sono i sentimenti come l’invidia o lo spirito di competizione, non c’è il riferimento al comportamento degli altri. Ed è probabilmente qui che andrebbe trovata la molla dell’ostilità ai matrimoni gay. C’è un’altra disciplina dell’economia, ancora più strana e oscura della teoria delle decisioni per i profani, che è rilevante per scelte come queste. Si tratta della teoria degli equilibri evolutivi che studia perché nella comunità si affermano certe convenzioni, piuttosto che altre. L’esempio di scuola, che fa un po’ ridere, è perché alcuni paesi hanno scelto la guida a destra e altri quella a sinistra. Una spiegazione non c’è. Si tratta di convenzioni che si stabiliscono lentamente nel tempo e che poi vengono codificate e cristallizzate nelle istituzioni, e che cambiano con lentezza esasperante. Un esempio un po’ più vicino al tema? Il divorzio, che per una persona della mia generazione è una scelta che è legittimo lasciare a tutti, che per parte della generazione precedente fu uno scandalo, e che per i nostri figli sarà un dato di fatto, quasi un atto della stessa dignità e responsabilità del matrimonio.
La mia gita in Sudafrica mi suggerisce un altro esempio: il caso del District Six a Città del Capo. La distruzione di un quartiere e l’espulsione di 60 000 persone semplicemente perché non era “giusto” che stessero lì, troppo vicino al centro. Sotto il principio tecnico, il problema è lo stesso. Sotto il principio etico, la stessa cosa. Tu non vuoi che qualcuno che ritieni diverso da te abiti una casa vicino alla tua. Ma quello era apartheid, una cosa che si spiega solo con un cattivo equilibrio evolutivo, e quello che a quella generazione era parso un miglioramento della città oggi è una ferita che viene mostrata ai turisti con parole di contrizione.
Quale lezione dovrebbe trarre quindi il Monti statista dal Monti tecnico? Dovrebbe osservare che in alcuni casi, e il caso del divorzio è uno di questi, la decisione dell’istituzione, che sul momento può sembrare non condivisa e non consona con il “senso del pudore” (utilizzare il termine “morale” mi sembra eccessivo), può modificare la convivenza delle generazioni future e quello che loro riterranno “giusto”. Anche le adozioni da parte di coppie gay, che anche a me (come penso a chiunque altro) paiono quanto meno una cosa strana, non hanno controindicazioni e nel futuro potranno essere semplicemente adozioni.
In conclusione, la posizione di Monti che “questo matrimonio non s’ha da fare” fa intravedere un preoccupante lato di Monti come Don Abbondio, più che come statista che “guarda alla prossima generazione”. Lo statista si sarebbe schierato a favore dell’adozione dei figli di coppie omosessuali anche che oggi non lo trova giusto, soltanto perché non ha motivi per trovarlo sbagliato. Questo, che a quelli della mia generazione pare forzatamente strano, alla prossima generazione sarebbe sembrato giusto e a quella successiva ovvio, come è stato per il divorzio. E questo è un messaggio prezioso per Renzi ed i rottamatori. Sono cattolici, sono giovani, e avranno nelle loro mani il PD del futuro. Se vogliono ereditare un partito egemone, e non lo vogliono ritrasformare nella democrazia cristiana, scendano in campo adesso e si schierino su questo tema, e dimostrino che “cattolico paretiano” non è un ossimoro.