…le identità esigono per sé stesse il ‘riconoscimento’. Il loro ‘essere’ coincide in buona misura con l’‘essere riconosciute’ e, prima ancora, con la richiesta, spesso gridata e minacciosa, del diritto al riconoscimento. Proprio per questo, si usa spesso l’espressione di identità ‘negoziata’: tra la richiesta del riconoscimento da parte di un ‘noi’ e l’effettivo riconoscimento sociale da parte di ‘altri’ si apre, in effetti, la fase della negoziazione, che in definitiva è destinata a non chiudersi mai. (Francesco Remotti, Identità, in Treccani.it)
Stiamo assistendo in questi giorni a un disconoscimento dell’identità che il Movimento 5 Stelle presumeva di avere. Il nuovo soggetto politico si presentava come portatore di una soluzione ai problemi posti dalla crisi italiana. In un primo tempo è stato percepito da diversi osservatori esterni come un fenomeno positivo del quale occorreva tener conto. C’è stato in effetti una sorta di innamoramento diffuso. Sono passate poche settimane e, sulla base di quanto è accaduto nelle trattative per la formazione di un nuovo governo, ora tendono a moltiplicarsi invece da parte degli estimatori rimasti delusi le reazioni negative.
Eccone un campionario
…”A parte, rinchiuso in un isolamento più che splendido insolente, il Movimento 5 Stelle, convinto che tale isolamento fosse pegno di chissà quali successi futuri e non già, come invece è di giorno in giorno più probabile, il preannuncio di un memorabile flop politico”. (Ernesto Galli della Loggia, Tregua Angosciosa, Corriere della Sera, 31 marzo 2013.
Solo diventando protagonisti, cioè proponendo subito una soluzione alla crisi, Grillo renderebbe stringente la sua proposta (sacrosanta) che intanto il Parlamento lavori, e realizzi le misure (altrettanto sacrosante) che ancora ieri ha riproposto nel suo blog: “l’ineleggibilità di Berlusconi, l’approvazione di una legge sul conflitto di interessi della cui assenza si gloriò Violante alla Camera, l’abolizione della legge Gasparri, la rinegoziazione delle frequenze nazionali generosamente concesse a Berlusconi da D’Alema nel 1999” (e anche sulla legge elettorale, il M5S inchiodi gli altri con la proposta del doppio turno, come per i sindaci). Altrimenti anche questo apparirà a un numero crescente di cittadini come un escamotage con cui il M5S si limita a guardare, anziché agire, in una deprimente passività (che la propensione al turpiloquio non riscatta, anzi sottolinea) e autoreferenzialità che è l’opposto di quello “tsunami” costruttivo che quasi nove milioni di italiani gli hanno affidato come mandato.
Mantengano le promesse, siano protagonisti, propongano un nome. La loro credibilità nel paese farà un balzo in avanti. Oppure… (Paolo Flores d’Arcais, Grillo, non deludere lo tsunami, Il Fatto quotidiano, 29 marzo 2013)
Ieri infatti al Colle [i capigruppo del M5S] non hanno fatto nomi, ma solo allusioni, anche perché Napolitano non vuole sentir parlare di nomi extra-parti. Poi hanno chiesto ciò che non potevano avere: l’incarico. Ha prevalso l’inesperienza, o la supponenza, o la paura di essere incastrati in giochi più grandi e inafferrabili. Paura infondata, visto che i partiti sono alla canna del gas e non sono più in grado di incastrare nessuno, se non se stessi. E in ogni caso la mossa era a rischio zero e a vantaggio mille (per loro e per il Paese). É vero, come sospettavano i complottisti (che spesso ci azzeccano) che Napolitano e parte del Pd sono già d’accordo col Pdl per l’inciucio: ma, a maggior ragione, la proposta di un governo Settis o Zagrebelsky li avrebbe messi tutti con le spalle al muro. E li avrebbe costretti alla ritirata, non foss’altro che per non assumersi la responsabilità di aver bocciato il miglior governo degli ultimi 15 anni (almeno sulla carta). Ora invece l’unica alternativa alle urne, che tutti invocano ma tutti temono, sarà un inciucissimo con B., più o meno mascherato. Che magari era nella testa di Napolitano e dei partiti fin dal primo giorno. Ma che ora ricadrà sulla testa dei 5 Stelle. E naturalmente degli italiani. Bel risultato, complimenti a tutti. (Marco Travaglio, L’autoscacco a 5 stelle, Il Fatto quotidiano, 30 marzo 2013)