Pisciammo nei serbatoi delle nostre auto e le macchine si misero in moto, e fu un miracolo che non esplosero visto quello che ci eravamo bevuti. Ci riunimmo al buio, eravamo pochi, la notte era fredda e l’unica fonte di calore era il nostro personale riscaldamento biologico a chilometri zero. E cominciammo a sentire un flusso di minchiate, minchiate che venivano non si sa da dove: da fuori, da dentro o dalla rete. Erano minchiate guerriere.
La saggezza della rete è alla fine arrivata in parlamento. Il fascismo che aveva senso dello stato, i chip che ti vengono messi sotto la pelle per controllarti in remoto. Minchiate guerriere. Minchiate che non necessariamente provengono dalla rete, ma che la rete raccoglie, organizza e consolida. Pensate che la terra sia piatta? In rete trovate conferma e conforto. Temete per la fine dell’euro? Su YouTube trovate chi vi tranquillizza. Un week end, una ricetta semplice, e voi direte, come la bambina di una vecchia pubblicità: “già fatto???”. La rete è il bengodi, è il paese dei balocchi. Tutto è facile, tutto è possibile.
Può venire intelligenza dalla rete? Può venire scienza e verità? Possono venire scelte pubbliche efficienti e democrazia? O vengono prevalentemente minchiate guerriere? In una parola: può governare la rete? Perché la rete sia un dittatore illuminato, e l’intelligenza collettiva un buon padre di famiglia è necessario che sia in grado di discriminare tra le scelte e selezionare quelle migliori. In altri termini, la rete dovrebbe essere un ottimizzatore globale. Ma quale meccanismo dovrebbe indirizzare questa mente collettiva verso le soluzioni migliori?
Per aiutarci a capire il problema possiamo raccogliere qualche vecchia nozione di intelligenza artificiale che avevo imparato quando mi occupavo di algoritmi genetici e roba simile, sperando di non aggiungere una minchiata in più nella rete. La ricerca delle soluzioni migliori richiede la combinazione (cross-over) del materiale genetico delle diverse scelte e la sopravvivenza delle scelte più forti. Ma la scalata verso il massimo richiede che qualche cromosoma venga alterato in maniera casuale, arricchendo il patrimonio genetico a disposizione. Questo meccanismo, chiamato mutazione, è delicatissimo: se la frequenza dell’arrivo di mutazioni non è controllato, il sistema invece di dirigersi verso il massimo oscilla in maniera casuale senza una meta. E’ rumore puro. E le minchiate imperano.
Pensate, amici, la scienza, direbbe Crozza-Zichichi. Nella scienza il controllo della mutazione è affidato ai “referaggi” che devono essere affrontati per far circolare un’idea, e tanto più l’idea è “mutante”, tanto maggiore la resistenza dei “referee”. E ognuno di noi, tra quelli che fanno questo lavoro, svolge il duplice ruolo di giustiziere e giustiziato. I libri sono diversi, sono democratici. Le case editrici serie hanno dei “referee”, a protezione di un livello minimo di reputazione, ma ti pubblicano se piaci al “referee” supremo: il pubblico. In un libro le idee scorrono libere e possono osare quello che sulle riviste non si può, senza rischiare di essere giustiziati. E poi c’è la rete, che è pubblico puro, dove non c’è nessun controllo e la mutazione regna sovrana.
Un esempio di idea che si è affermata attraverso libri e rete piuttosto che riviste scientifiche, e che ci riporta al Movimento 5 Stelle? E’ la “decrescita”. Se qualcuno conosce il riferimento di una pubblicazione scientifica sull’argomento, si faccia avanti. O anche la “decrescita” fa parte delle minchiate guerriere?
In conclusione, c’è una somiglianza inquietante tra l’affermazione di Grillo oggi e quella di Berlusconi venti anni fa. In entrambi i casi, il focus è sulla comunicazione, piuttosto che sui contenuti. Venti anni fa ricordo colleghi in banca che erano affascinati dall’arrivo in politica delle tecniche di marketing e segmentazione della clientela usate nell’industria. Assisto oggi all’entusiasmo di altri per l’arrivo della rete. Nei due casi manca un filtro che conduca alle scelte migliori per tutti. E anche l’esito pare essere comune: minchiate guerriere.