Mentre in Italia si è acceso il dibattito sulle parole, e sul programma di governo, di Enrico Letta, che ha posto come obiettivo (ambizioso) una revisione della politica fiscale sulla casa, con l’annuncio, nel frattempo della sospensione della rata di giugno dell’IMU, com’è la situazione del mercato immobiliare, non solo italiano, ma anche europeo, dopo il primo trimestre 2013?
Ad illustrare la situazione all’insegna di una ancora forte tendenza ribassista nella maggior parte dei mercati immobiliari europei, è un paper di Standard & Poor’s dal titolo “Recession Keeps House Prices In The Dumps In Most European Markets”, che prevede un calo dei valori per tutto il 2013, e per buona parte del 2014, con un rallentamento, e una stabilizzazione degli abbassamenti alla fine del prossimo anno. In Europa, è ancora una volta la Spagna il Paese maggiormente colpito, con cali previsti intorno all’8% quest’anno, e del 5% nel 2014 a causa delle condizioni economiche precarie dell’economia iberica, e con gli alti stock di invenduto che trascinano al ribasso i prezzi. Anche in Francia, la correzione dei prezzi si presenta importante, intorno al 5% per il 2013, così come risulta essere difficoltosa la situazione del mercato immobiliare di Paesi Bassi, Portogallo, e dell’Italia, dove la caduta dei redditi delle famiglie, combinata alla stretta dei mutui, comprimerà per tutto il 2013 i prezzi delle abitazioni.
Per contro, la Germania, e anche il Regno Unito, con i primi segnali di ripresa dell’anno passato, mostrano un rafforzamento del settore. Se non ai livelli del 2011, e del 2012, il mercato immobiliare residenziale tedesco si conferma ancora una volta il più performante del Vecchio Continente, con un aumento del 3% previsto per i prossimi due anni. Anche nel Regno Unito le prospettive appaiono discrete con un aumento dell’1,5 per cento.
Venendo al nostro Paese, dopo le intenzioni espresse ieri da Letta di revisione dell’intera fiscalità sul “sistema casa”, e in attesa dei primi atti concreti, gli scenari sono comunque improntati alla discesa dei valori. S&P prevede una calo del 3% per quest’anno, e nessun recupero prima del 2015. D’altronde i dati parlano da soli: l’Agenzia del Territorio ha rilevato come le compravendite di case siano andate a picco tornando ai livelli del 1985 con 444mila immobili venduti complessivamente, con un calo, nell’ultimo trimestre 2012, rispetto ai dati dell’anno precedente di ben il 25,8%. E se nel 2012 il calo, medio, dei prezzi è stato del 4%, il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 2% in termini nominali, così come le condizioni di stretta creditizia hanno depresso la domanda. Ecco spiegato quindi perché le previsioni future sono tutt’altro che positive: attenzione non un crollo sulla scia spagnola, anche perché le curve storiche non mostrano questo, ma un calo costante per i prossimi due anni.
In tutto questo la questione IMU, a mio avviso, non inciderà con il calo previsto dei prezzi. Se da un lato certamente fa notizia la sospensione dell’imposta per giugno, che Il Sole 24 Ore quantifica in 4 miliardi di mancato gettito, dall’altro non è ancora chiara la copertura economica per queste mancate entrate. Difatti il “fattore IMU”, non solo a mio avviso, è già stato scontato dal mercato. C’è di più, prima dell’introduzione dell’IMU, nel 2011 gli italiani avevano pagato lo 0,54 per cento del PIL in imposte sugli immobili, contro una media europea dell’1 per cento.
Ecco perché le priorità ritengo siano altre. Pur operando nel settore immobiliare prima dell’IMU vorrei fossero abolite, o ridotte, Irap, Irpef, Ires, tutte le imposte sul reddito da lavoro (che in Italia sono di 11-13 punti superiore alla media Ocse) e da impresa (dove il “total tax rate” è pari al 68,3 per cento contro una media del 42,7 per cento). Il mio ragionamento è forse troppo semplice ma: meglio non pagare un’imposta sulla casa di proprietà, vivendo però da disoccupati perché il costo per un dipendente è ormai insostenibile dalle imprese, oppure vedere aumentare il proprio reddito disponibile vivendo in affitto?