Il prossimo giugno sarà presentato il piano industriale della prima banca d’affari italiana e tra le prime europee.
Nel corso di questi ultimi 6 anni, vale a dire dalla morte di Vincenzo Maranghi, la banca ha messo in atto un vero cambiamento di pelle fino a diventare una banca commerciale incompiuta.
La presenza dal 2001 nel private banking con Banca Esperia, l’espansione del credito al consumo di Compass, la nascita di Che Banca! , l’espansione all’estero con l’apertura di filiali, in particolar modo a Londra, Francoforte, Parigi e New York, ha portato il gruppo a trovarsi, a seguito della crisi economico-finanziaria e sociale, con un numero di dipendenti oltre le 3000 unità.
Che fare?
Può darsi che qualcuno nelle stanze di piazzetta Cuccia ci abbia già pensato e nel qualcaso anticiperei solo una possibile soluzione ma approfittando del fatto che siamo ancora a fine marzo, qualora non fosse stata maturata, c’è tutto il tempo per pensarci sù e fare le dovute riflessioni.
Ammettiamo che le tre unità di business dedicate al private banking (Esperia), credito al consumo (Compass), e funding (Che Banca!), ma potremmo aggiungere anche il Leasing con SelmaBipiemme, venissero messe sotto uno stesso cappello non tanto di controllo ma proprio di gestione, una sorta di Banca Commerciale Italiana in versione riveduta rispetto ai tempi ma pur sempre in una logica di banca commerciale nella quale operano 4 divisioni, anzichè, come è lo stato dell’arte, con 4 società separate, 4 consigli d’amministrazione con 4 presidenti, 4 amministratori delegati, ecc. ecc.
Così facendo si otterrebbero da subito, una contrazione dei costi fissi e si ottimizzerebbero i processi interni di controllo e amministrazione e di altri servizi che a quel punto verrebbero concentrati, quali solo per esempio, la gestione del personale, il marketing e comunicazione, l’information technology, la finanza o parte di essa, lo sviluppo delle filiali e altro ancora in un’unica struttura centrale.
Come a dire, terminato il percorso di acquisizioni e di espansione nelle diverse attività che mancavano a Mediobanca per completarsi come una qualsiasi altra banca universale e commerciale, si procede con una concentrazione e razionalizzazione degli stessi, magari chiudendo anche qualche filiale estera e sul territorio nazionale del tutto o quasi improduttiva, ottendendone degli evidenti benefici sul bilancio consentendo al tempo stesso di potenziare la presenza territoriale di Che Banca! attrezzandola come una vera banca retail, magari ritirando da qualche concorrente qualche sportello oggi in esubero e qualche competenza in più rispetto alle hostess oggi presenti agli sportelli.
Resterebbe il grande problema dell’attività di banca d’affari rispetto a tutte le altre attività, e le partecipazioni strategiche e non (RCS, Telecom, Generali, Pirelli) ma arrivati a questo punto forse il cosidetto investment e marchant banking, visto il perdurare della crisi ne diventerebbe un business marginale e un pezzo alla volta andrebbe coerentemente smontato.
Così facendo il cambiamento di pelle sarebbe completato e consetirebbe a Mediobanca di diventare una vera e propria banca retail o meglio riprendersi il ruolo che era stato un tempo della Comit.
Se così non fosse, tutto il lavoro profuso in questi anni dal mangement, il quale, lo ricordiamo, è in carica ormai da circa 10 anni, non sarebbe servito a un granchè, anzi avrebbe solo “polverizzato” l’enorme liquidità accumulata in quarant’anni, lasciata ai giovani, da Cuccia e Maranghi, nella speranza che la preservassero… tanto sarebbe valso a quel punto preservarla anzichè infilarsi in un’avventura dalla quale sembra difficile uscirne vincitori.