L’Italia dei comuni, delle piccole denominazioni e della qualità si ritrova al quarantasettesimo Vinitaly. Da domani (anzi stasera se si conta il prologo di Opera Wine) 4200 produttori saranno alla Fiera di Verona per discutere, vendere, proporre. E confrontarsi su un futuro che parla sempre più cinese e inglese (senza dimenticare il tedesco) e sempre meno dialetti locali. A dimostrarlo l’accento posto dallo stesso Vinitaly sulle rappresentanze cinesi e su una delegazione ufficiale del Ministero del Commercio dell’ex Celeste Impero pronta a sbarcare nei padiglioni veronesi in missione ufficiale. L’obiettivo è spiegare le regole d’importazione e sviluppare un mercato potenzialmente infinito in cui l’Italia, al di là dei proclami trionfalistici, è solo al quinto posto con una quota di mercato del 6,2%. E gli italiani, pur ben rodati in altri Paesi, hanno ancora molta strada da fare in Oriente: “Per fare un contratto ho dovuto promettere che quattro volte l’anno sarò a Pechino per accompagnare i loro rappresentanti” mi raccontava in settimana un produttore piemontese fresco di alleanza con un distributore cinese. Sacrifici ben ricompensati a leggere quanto contenuto in un recente rapporto sul mondo del vino targato Ufficio studi Mediobanca che segnala un aumento del fatturato per le più importanti aziende (identificate da un fatturato superiore ai 25 milioni di euro) pari al 7%. Cifre che fanno impressione se paragonate alla crisi dei consumi che imperversa nel nostro Paese e che tocca anche il vino. Non solo al ristorante, non solo per i singoli produttori, ma, dato ancor più indicativo, anche per la GDO. Per la prima volta da dieci anni a questa parte diminuisce la vendita del vino in bottiglia: – 3,6%. Tengono però le vendite di vino di fascia alta (superiore ai 6 euro la bottiglia) che fanno segnare un + 3,3%. Segno che crescono gli appassionati di vino disposti a spendere di più e che questi spesso si affidano a scaffali di supermercati sempre più forniti. Al contrario soffre il consumo domestico, messo sotto pressione anche da un rincaro generalizzato dei prezzi (quest’anno + 5,5%). Il dato più chiaro è dell’OIV, l’Organizzazione internazionale della vite e del vino, secondo cui in Italia nel 2012 il consumo pro capite si è attestato a 37,2 litri, con una diminuzione del 14% negli ultimi 5 anni. Sul banco degli imputati: crisi, nuove norme sull’alcol, cambiamento degli usi e della dieta. Un mix di tutte queste cause che disegnano un consumo nostrano completamente diverso. Con cui, sempre di più, produttori e commercianti dovranno confrontarsi, studiando nuovi metodi di distribuzione e di offerta. E queste cifre, come possibilità di sviluppo più che come limiti, finiranno anche nel dibattito di martedì 9 aprile (alle ore 17), quando fianco a fianco sederanno il sindaco di Firenze Matteo Renzi e quello di Verona Flavio Tosi, pungolati dalle domande di Mr Eataly Oscar Farinetti e del re di Barbaresco Angelo Gaja. Un incontro per pensare un nuovo modo di esportare l’eccellenza, disegnando alleanze. Solo per il mondo del vino?
6 Aprile 2013