Non lo tengo più. L’umorismo di Marco Sarti sulla forza comunicativa del governo mi costringe a vomitare un pezzo che sono riuscito a risparmiare a me e voi per giorni, da quando Franceschini è venuto fuori con il “decreto del fare”. E’ una traccia che scatena un’ilarità incontenibile, sia per il contrasto con chi non ha mai fatto, e con il panorama di milioni di persone che sono costretti a non fare, sia per la strana luce che getta sulla caratteristica generazionale del governo, e anche del dualismo Letta-Renzi. E’ uno spaccato di una spaccatura generazionale. Dopo il subbuteo e il pesciolino Nemo, la storia del “decreto del fare” conferisce la caratteristica definitiva del governo Letta. Abbiamo un vero governo di “nerd”.
Decreto del fare. Che messaggi involontari vi vengono in mente? Il primo ci risveglia la litania delle feste da ragazzini: “dire,fare, baciare, lettera o testamento”. Ti sorge subito il dubbio. Ma se questo è il decreto del fare, quello precedente, sul rimborso dei 40 miliardi alle imprese era solo del dire? E se non si trovano i soldi, non ci aspetta un’altra “lettera” della BCE che ci conduce al “testamento” di questo governo? Peccato che resti fuori il “baciare”, a meno che non siano eventuali rapporti documentati Berlusconi-Ruby a condurre il governo al “testamento”: ma lì, altro che baci.
Decreto del fare. Che messaggi subliminali vi vengono in mente? Non vi viene mente il Mago Merlino, la fata Morgana e la “magia del fare”? E il messaggio che passa non è forse quello di una magia? Un intervento così credibile come il mago Merlino e re Artù? La tavola dei ministri come la tavola rotonda? E il peggio è che al messaggio subliminale corrispondono messaggi espliciti. Sullo stesso tema dei maghi e della prestidigitazione, Zanonato e Saccomanni hanno mandato in maniera chiara lo stesso messaggio. Tagliare l’IMU, bloccare l’IVA, incidere il cuneo fiscale? E chi siamo noi, Mandrake?
Un po’ più subdolamente si può trovare un contrasto tra il “fare” e le commissioni, e questo ci porta diritto al rapporto Letta-Renzi. Quasi un secolo fa, un primo ministro francese, Clemenceau, enunciò un aforisma abbastanza famoso da riemergere in una mia vecchia lezione di francese all’università. “Si vous voulez faire une chose, faite-la. Si non, nommez une commission”. Se volete fare una cosa fatela, se no nominate una commissione! Ma secondo voi questo Clemenceau non ha copiato da Renzi? E non hanno ragione entrambi? A parte gli scherzi, parlare di “fare” quando per le riforme nomini commissioni, significa tracciare un solco netto tra il “fare” e il “dire”, e dire che le riforme non si faranno. E l’argomento di Renzi-Clemenceau viene confermato e magnificato dalla perla comunicativa del “decreto del fare”.
Infine, una perla da “nerd”. Chi di voi ha visto Excalibur, sa bene come recita l’incantesimo della “magia del fare”. Se non lo ricordate (io non sono “nerd” e non solo non lo ricordavo, non lo sapevo proprio) cercatelo sulla rete, e recitate davanti allo specchio, voi che non potete farlo come i nerd veri davanti al paese: “Anal nathrakh, urth vas bethud, dokhjel djenve”. Non sto a sottilizzare sulla traduzione, ma la forza del messaggio sta tutta nella prima parola, il cui significato è chiaro. Che non sia lo stesso messaggio subliminale del decreto? Forse sì.“Anal” infatti vuol dire…”respiro”.
PS. In realtà sulla rete ho trovato che “Anal nathrakh “ significherebbe “respiro del drago”, non so a quale delle due parole si riferisca respiro. Ma noi siamo fiduciosi…