Il prossimo 1° luglio la Croazia entrerà a far parte, come 28° Stato, dell’Unione Europea. E allora come sta l’ex Paese della Jugoslavia sotto il punto di vista del mercato immobiliare? E l’ingresso che impatto potrà avere sull’economia del Paese balcanico?
Se fino a pochi anni fa l’ingresso nell’Unione Europa era visto più come un obiettivo economico, come panacea di tutti i mali, oggi non è più così: è dal 2009 che l’economia della Croazia è in uno stato che alterna recessione e stagnazione, con il PIL previsto in calo dello 0,3% per quest’anno. Sul fronte del mercato del lavoro, nel 2008 la disoccupazione era pari al 13,4%, mentre quest’anno dovrebbe raggiungere il 20%, e a ciò si somma il crollo degli investimenti diretti provenienti dall’estero: se nel 2008 si attestavano a 4,2 miliardi di euro, nel 2012 sono piombati a 624 milioni di euro. Ma il governo guidato da Zoran Milanović, presidente del Partito Socialdemocratico di Croazia, partito che alle elezioni europee di aprile e alle elezioni amministrative dello scorso 19 maggio è stato punito dagli elettori croati, continua con le riforme: è in cantiere una nuova tassa sulle proprietà immobiliari, mentre è iniziata una nuova fase di privatizzazioni delle aziende statali, con l’impegno poi del governo a tagliare 15mila posti di lavoro nel settore pubblico.
E in tutta questa difficile situazione ne risente anche il settore immobiliare che punta sul segmento industriale e logistico, e soprattutto sul turismo, da sempre vera e principale risorsa economica del Paese.
La prima analisi per capire quali potrebbero essere le prospettive future per la Croazia, può essere effettuata confrontando l’andamento delle transazioni, pre- e post ingresso degli ultimi Stati entrati a far parte dell’Unione Europea. La Bulgaria, entrata nel 2007, nel 2008 ha visto raddoppiare il numero di transazioni rispetto al 2006; così come la Romania, nello stesso periodo ha visto un aumento, rimasto però bloccato al 10%. Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, che avevano fatto il loro ingresso nel 2004, tra il 2003 e il 2005, hanno visto una vera e propria esplosione degli investimenti immobiliari saliti rispettivamente del 57%, del 236% e dell’84%.
Ma questi dati hanno una doppia lettura: da un lato, l’ingresso della Croazia nel mercato comune determinerà un maggior interesse, da parte degli investitori internazionali istituzionali verso il Paese, ma a beneficiarne non saranno tutti i settori. Il mercato degli uffici, e quello del commercio, hanno una dimensione troppo piccola, legata esclusivamente alla capitale Zagabria. Diverso è il discorso per il settore industriale e logistico: grazie all’ottima posizione geografica sono visti in aumento le richieste di spazi destinati a magazzino, anche grazie ai benefici derivanti dallo sviluppo della TEN-T, le reti di trasporto trans-europee, che vedono Zagabria sull’asse Baltico-Adriatico.
Sarà il turismo, e quindi il mercato delle seconde case, così come il mercato dei resort e degli alberghi, il vero traino, o meglio la cartina di tornasole sui benefici o meno dell’ingresso della Croazia nel mercato unico europeo. Da sempre meta dei turisti austriaci, tedeschi, britannici, francesi, e nell’ultimo decennio anche italiani, il turismo rappresenta circa il 20 per cento dell’economia del Paese. Il vero gioiello è rappresentato, comunque, dalla Dalmazia, con i suoi 5.800 chilometri di costa e le oltre mille isole, dove il mercato delle seconde case ha visto un calo, nell’ultimo anno, del 20% del numero di compravendite, a fronte di un aumento dei valori del 13 per cento nella penisola istriana, e dell’8,6% nella zona di Dubrovnik, con un aumento (medio) dei prezzi del 10,8 per cento lo scorso anno.
Ma il dato, ancora una volta, non deve trarre in inganno: il Vice Governatore della Hrvatska narodna banka, la Banca centrale croata, Damir Odak, ad inizio maggio ha riportato il dato che il totale delle vendite di case, nel 2012 si era attestato a 7,5 miliardi di kune (1 miliardo di euro), rispetto ai 25 miliardi di kune (3,3 miliardi di euro) del 2008. Non ha aiutato quindi l’entrata in vigore il 1° febbraio del 2009 dell’Accordo di stabilizzazione e associazione in base alla quale i cittadini dell’Unione Europea sono equiparati a quelli croati per ciò che concerne l’acquisto di immobili: attualmente sono solo 40.000 i proprietari stranieri di seconde case in Croazia, secondo le stime della Privredna Banka Zagreb d.d. (seconda banca del Paese, facente parte del gruppo Intesa Sanpaolo).
L’ingresso nell’Unione Europea è qualcosa su cui la Croazia ha lavorato per lungo tempo, e di cui beneficerà nel lungo periodo – dato che per la prossima decade sono previsti 11 miliardi di euro di fondi strutturali – anche se la difficile situazione economica del Paese, lascia intravedere spiragli, già nel breve-medio termine per il comparto industriale. L’importante, per noi, in Italia, è non tergiversare sul fronte turistico: ne saremo capaci?