Ho letto con piacere, la lettera di qualche giorno fa indirizzata al Ragioniere Centrale dello Stato ed avente come mittente l’Associazione Civicum; la missiva in questione, invitava la pubblica amministrazione italiana a mettere online come spendesse i propri soldi. Iniziativa di tutto rispetto, visto che un’ampia parte della popolazione chiede sempre più maggiore trasparenza nei conti pubblici, affinchè si possa capire effettivamente quali sono gli enti virtuosi e dove invece questi fondi, a causa di sprechi e burocrazie varie, finiscono con il perdere la retta via, ovvero il benessere sociale, fine ultimo dell’attività amministrativa.
A tal fine è stata creata anche una petizione su change.org, con l’obiettivo di sensibilizzare maggiormente i cittadini e gli amministratori nel perseguire gli ideali di uno Stato più efficiente, realizzabile attraverso una grande campagna di trasparenza. Riporto qui, per dovere di cronaca, uno stralcio della lettera.
Ci auguriamo che la Ragioneria Generale inizi a svolgere un ruolo di informatore dei cittadini sui conti dello Stato e, in collaborazione con la Corte dei Conti, di tutta la Pubblica Amministrazione, rendendoli comprensibili e consultabili facilmente in rete. Ci auguriamo che questo possa avvenire non solo per quelli passati, ma anche per le previsioni dell’anno in corso e quelli prossimi.
Ciò che mi domando, volendo andare oltre la mirabile e condivisibile proposta, è, perché una cosa del genere non viene definita col proprio nome, ovvero Open Data? E’ da tempo che questo movimento, o meglio questa dottrina, si propone quale metodo per modernizzare la PA, per aprire finalmente tutte gli archivi al pubblico, e riuscire a mettere in relazione le varie informazioni per la creazione di nuovi servizi innovativi.
Perchè neanche una menzione è stata fatta alla proposta OpenSiopeNow, che in sostanza, si propone gli stessi fini delineati da questa petizione? Mi sfugge inoltre, se l’associazione Civicum abbia partecipato o meno a diverse campagne di sensibilizzazione in materia, tipo l’Era della trasparenza o i flashmob organizzati da Open polis.
Sia ben chiaro che queste non vogliono essere critiche, anche perchè, ripeto, condivido gli scopi dell’associazione stessa ed in particolare di questa iniziativa. Ma in settori come questi, dove il coinvolgimento e la partecipazione sono si in crescita ma non ancora sufficientemente sviiluppati per fungere da “sentinelle” contro la burocrazia e la corruzione, fare rete è l’unica via percorribile.
Non si vuole – e non serve- mettere il cappello su determinati traguardi. Queste sono, e saranno, conquiste che serviranno a tutta la collettività, che limiteranno i danni della malamministrazione e, nondimeno, avranno un notevole ritorno economico (ma anche culturale) per la società. Andare avanti da soli potrebbe essere controproducente. Serve fare squadra, e sostenersi l’uno con l’altro.