Il picchio parlanteE se tornassimo a mangiare di cultura?

Vedendo alcuni frammenti dell'ultima puntata di Servizio Pubblico più, ho assistito con enorme tristezza agli scempi che puntualmente l'Italia perpetra ai danni del proprio patrimonio storico artis...

Vedendo alcuni frammenti dell’ultima puntata di Servizio Pubblico più, ho assistito con enorme tristezza agli scempi che puntualmente l’Italia perpetra ai danni del proprio patrimonio storico artistico. Enormi siti culturali, con secoli di storia da raccontare, “chiusi al pubblico”. Un patrimonio di inestimabile valore che non riesce a mostrarsi per ciò che è, ma capace solo di lasciarci il retrogusto amaro e nostalgico per le enormi occasioni mancate.

Eppure a livello comunitario, la cultura e le attività ad essa connesse, costituiscono il 3,3% del Pil europeo, e il 3% dell’occupazione. Una fetta tutt’altro da sottovalutare, ma anzi da prendere maggiormente in considerazione specie per un Paese come il nostro che, può vantare un quantitativo di beni culturali invidiabile dal mondo intero, e con delle potenzialità enorme, anche in termini di sviluppo e occupazionali, tutt’oggi inespresse.

Mancanza di capacità, di visione e di diversi finanziamenti spesi in malo modo. Ma anche e soprattutto perchè, concentriamo i nostri sforzi e le nostre risorse verso altre mete, e non consideriamo le sfere attinenti la cultura in maniera prioritaria. I nostri migliori musei soffrono, e non poco, nel confronto con il Moma e l’Eataly di New York. E tanti altri piccoli monumenti, non vengono neanche presi in considerazione a livello di statistiche e comparazioni.

Ovviamente, insieme al settore culturale anche il turismo soffre di questo ritardo, ed ogni possibilità di sviluppo viene quasi a spegnersi sul nascere. Anche qui, enormi esempi di sprechi che impediscono lo sviluppo di località che poco o nulla hanno da invidiare con le mete che vanno per la maggiore. Ma, a giocare un ruolo tutt’altro che secondario, è anche una poca consapevolezza dell’opinione pubblica, ovvero uno scarso interessamento della società, che spesso, preferisce parlare (solo) di Imu, Vaticano ed F35.

Perchè ci concentriamo sulle nuove costruzioni, sui grandi progetti, destinando ad essi fiumi di denaro e giorni, mesi interi di dibattiti e proposte, senza dedicare almeno la metà del tempo e delle risorse economiche per una grandissima opera di recupero di questo patrimonio? Restaurando e valorizzando un buon quantitativo di beni culturali, in ogni Regione, ci consentirà di dare delle boccate d’ossigeno non indifferenti. Recuperemo così anche le nostre identità storiche; senza conoscere il nostro passato difficilmente potremmo parlare di futuro.

Senza una strategia nazionale difficilmente si riuscirà ad invertire la rotta. Ma d’altronde, fino a quando i reality/talk show saranno i principali programmi di intrattenimento, ogni percorso di rinascita avrà enormi difficoltà di successo. Ed a noi, volendo parafrasare il noto film di Benigni e Troisi, non ci resterà che piangere.

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