Secondo la teoria di Harsanyi, premio Nobel per l’economia nel 1994, dentro ognuno di noi ci sono due decisori, due persone diverse. Una prende le decisioni individuali e private, l’altra partecipa alle decisioni pubbliche. Harsanyi dedicò la sua ricerca allo studio della persona che prende decisioni per la collettività, che chiamava “decisioni morali”. Invece, non sappiamo niente del rapporto tra le due persone, ed è questo il tema di ricerca che ci viene proposto con forza dal berlusconismo, ma non solo. In fondo, lo strano caso del Dr Berlusconi non è altro che un’istanza estrema di questa eterna lotta tra scelte private e pubbliche, tra Dr Jeckyll e Mr Hyde, o anche tra Mr Hyde e Mr Hyde.
Le scelte individuali sono oggetto di studio da circa un secolo, in quella che chiamiamo teoria delle decisioni, ma anche in questo campo restano ancora secoli di problemi da chiarire. Riguardano i fini delle nostre scelte: l’utilità, il profitto, il nostro benessere, quello della nostra famiglia, la felicità. Riguardano il nostro comportamento di fronte all’incertezza: la nostra voglia di essere di volta in volta speculatori o controllori del rischio. Riguardano il nostro comportamento di fronte alla conoscenza o meno delle probabilità. E poi c’è l’effetto della presenza degli altri, conflittuale o cooperativa. E c’è l’impatto delle nostre scelte sugli altri, che è spesso conflittuale. Sarebbe banale citare la sovrafatturazione di Berlusconi, ma per svelenire gli animi voglio essere autobiografico, e ricordare quando, con i capelli lunghi, jeans e una Renault 4, andavo a portare il lavoro per mia madre, cercando strade non praticate dalla finanza (quella delle fiamme gialle). Io e mia madre applicavamo l’evasione di “sopravvivenza” di cui oggi parla Fassina: eravamo trenta anni avanti! Peccato che con l’azienda di mia madre non abbia funzionato…
Le scelte pubbliche sono più difficili da studiare. C’è di mezzo soprattutto il problema di come mettere insieme gusti e pareri di persone diverse. C’è il principio di Pareto, per cui una scelta è giusta se avvantaggia qualcuno senza svantaggiare nessuno. C’è la funzione di utilità collettiva proposta da Harsanyi. Secondo Harsanyi, per prendere una scelta per conto della comunità ognuno dovrebbe ripetere la scelta ipotizzando di essere uno dei decisori della comunità, e prendendo la scelta che dà maggiore utilità alla comunità nel suo complesso. Berlusconi ci ha mostrato i limiti di questo metodo. Ogni buon dio che si rispetti costruisce gli altri a sua immagine e somiglianza (ricordate il Berlusconi operaio, ecc…?) e la scelta che risulta ottimale per la comunità è quella di dio. Ecco quindi la convinzione, sincera, di Silvio, che la lezione del suo caso indichi la scelta della riforma della giustizia, piuttosto che quella di norme contro l’elusione fiscale. Ed ecco la famosa congettura di Silvio, che ogni tanto viene riproposta in televisione: mentre faccio gli interessi miei faccio quelli del paese, quindi dov’è il conflitto di interessi?
Berlusconi non è però l’unico esempio di applicazione distorta del principio di Harsanyi. Ci sono esempi di tipo opposto. Spesso, occupandomi di derivati degli enti pubblici, mi è capitato di sentire il concetto: con i soldi miei posso prendere tutti i rischi che voglio, ma con i soldi pubblici non posso prendere nessun rischio. Anche questa posizione, che indica un comportamento altruistico e protettivo verso la comunità, è chiaramente incoerente. Infatti, se la società fosse fatta di persone uguali a te, la scelta che tu proponi sarebbe per ognuno di loro insoddisfacente. In altri termini, consideri la tua comunità come una congrega di individui inferiori: tu mangi le lasagne, ma alla comunità dai il semolino perché così la preservi dal colesterolo. E il dubbio che il tuo vero fine sia tenerti la lasagna è più che legittimo….
In conclusione, il berlusconismo lascia alla scienza un quesito che ancora non è stato affrontato. Con un paio di colleghi matematici abbiamo cominciato a lavorarci due anni fa e da due anni non riusciamo a fare un passo. Che relazione c’è tra il decisore pubblico e il decisore privato che è dentro ognuno di noi? Quali metodi e principi di decisione hanno in comune un buon imprenditore e un buon sindaco, e quali sono diversi? Un quesito che potrebbe essere interessante anche per quel recente incrocio di discipline che è noto come “neuroeconomia”, che sta affiancando e competendo con la teoria delle decisioni nel campo delle scelte private. E’ stato scoperto, infatti, che scelte che facciamo conoscendo la probabilità di successo delle nostre attività sono gestite da parti del cervello diverse da quelle che facciamo ignorando le probabilità. Chissà che non ci siano anche parti diverse del cervello dedicate alle scelte private e pubbliche. E chissà che non dipenda tutto dai neuroni…Con scetticismo, ma il privilegio del dubbio che è dovuto nella scienza, aspettiamo risposte anche da qui.
@Ucherubini