Il settore delle costruzioni vive una fortissima fase di crisi, con i dati diffusi dall’associazione dei costrutti edili, l’Ance, davvero impietosi: dall’inizio della crisi, nel 2008, il settore ha perso 690mila posti di lavoro, sono 11.200 le imprese edili fallite, il 28-30% delle aziende non sono in condizioni di reggere un altro anno per mancanza di liquidità. C’è possibilità di risalire?
Mentre in Italia l’argomento caldo, in ambito immobiliare e non solo, è l’abolizione dell’IMU prima casa, su cui si stanno concentrando l’attenzione di stampa e tv, in altri Paesi europei dove il settore immobiliare ed edilizio in particolare è in forte difficoltà, si sta già guardando oltre, al prossimo decennio. All’inizio di luglio è stato rilasciato il rapporto Global Construction 2025, che analizza e mette in evidenza andamento, punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce di quarantasei tra i più grandi mercati delle costruzioni a livello mondiale da qui al 2025.
I dati principali prevedono che il settore delle costruzioni, a livello globale, crescerà del 70% nei prossimi 12 anni, in media del 4,3% all’anno, da 8.700 miliardi di dollari nel 2012 a 15 miliardi entro il 2025. Preso come quota sul totale del PIL mondiale, il settore edilizio lo scorso anno scorso ha rappresentato il 12,2%, e le previsioni del report sottolineano una crescita al 13,5% nel 2025. Ma sarà una crescita disomogenea, dato che a farla da padrone saranno i mercati emergenti, od ormai ex, come la Cina, che nel 2025 rappresenterà un quarto della produzione globale delle costruzioni.
Vediamo ora di fare una breve accenno ai principali dati, e tendenze per le principali regioni del globo.
Nord America
Con un po’ di sorpresa le prospettive per gli Stati Uniti sono molto positive, con una crescita di oltre il 75% nel periodo tra il 2012 e il 2025: secondo il rapporto, a trainare la domanda sarà il settore residenziale, dato che il Paese necessita lo sviluppo di 20 milioni di case entro il 2025 – o meglio di 1,5 milioni l’anno – spinto da un aumento della popolazione. Anche per il vicino Canada, le prospettive sono positive, vuoi per gli ovvi stretti legami commerciali con gli Stati Uniti, a cui si aggiungono l’alto tasso di crescita della popolazione, ma soprattutto lo sfruttamento del petrolio e del shale gas, che spingeranno la domanda e la costruzione di nuove abitazioni, sulla scia di quanto sta già avvenendo in alcune zone degli USA, come riportato nei giorni scorsi qui su Linkiesta.
Europa occidentale
Il Vecchio continente è la prima sorpresa negativa del rapporto del Global Construction 2025: il mercato delle costruzioni nel 2025 sarà del 5% inferiore rispetto al 2007. Ciò sarà (ed è) dovuto a una combinazione tra il declino dei salari reali e la disoccupazione che avranno un impatto negativo sull’edilizia, così come alti livelli di debito pubblico che colpiscono diversi Paesi, il che farà scendere la quota di risorse e di finanziamenti disponibili per gli investimenti infrastrutturali. Le previsioni del report evidenziano inoltre che la crescita della produzione avrà difficoltà a raggiungere il 2% annuo da qui al 2025. Caso a parte (ma occhio alla bolla immobiliare in agguato, ndr) è il mercato del Regno Unito, spinto di fondi sovrani arabi e cinesi a investire nelle infrastrutture britanniche: secondo le previsioni del report il settore edilizio crescerà al 2,1% annuo, in media, fino al 2025, il doppio del tasso di crescita della media europea occidentale.
Europa orientale
Se la popolazione degli ex membri del Patto di Varsavia è prevista in calo dello 0,2% l’anno nei prossimi dodici anni, ci sarà viceversa una forte crescita economica che dovrebbe portare ad un aumento della domanda di nuove costruzioni. Tuttavia, vi sono notevoli differenze tra i vari Paesi, con la Russia sugli scudi con una crescita annua media superiore al 5% che consentirà a Mosca di salire dal nono posto tra i maggiori mercati nel 2012, al sesto posto nel 2025. Sempre sospesa tra Europa ed Asia, anche per la Turchia le prospettive sono positive: una rapida urbanizzazione, e la necessità di modernizzare infrastrutture e il patrimonio edilizio esistente (soprattutto in Anatolia) faranno da traino nei prossimi anni.
America Latina
Contrariamente ai miraggi attuali (o meglio venduti come tali), anche l’aumento dello sviluppo edilizio in tutta l’America Latina dovrebbe attestarsi al di sotto della media mondiale del periodo, ciò perché la maggior parte dei Paesi sono già fortemente urbanizzati. Ad esempio, per il più grande mercato delle costruzioni del continente, il Brasile, è previsto una crescita media annua del 2% tra il 2012 e il 2025, nonostante il fatto che il Paese ospiterà la Coppa del Mondo del 2014 e dei Giochi Olimpici del 2016.
Da tenere d’occhio, invece sono Cile e Colombia forte delle industrie minerarie che sosterranno la crescita nel lungo periodo, e l’economia del Messico che beneficerà dei bassi costi della manodopera e dei suoi forti legami con gli Stati Uniti. Il rapporto prevede una crescita media annua del 4% in Cile e Colombia, e quasi il 5% in Messico.
Africa sub-sahariana
Con la popolazione mondiale che dovrebbe aumentare di un 1,2 miliardi entro il 2025, oltre il 40% in più rispetto ad oggi, i Paesi dell’Africa sub-sahariana presenteranno i tassi di crescita più alti in assoluto: la popolazione delle città, e delle aree urbane, è prevista in crescita del 70% e ciò compoterà la necessità di nuove infrastrutture, alloggi, trasporti e spazi pubblici. Capofila sarà la Nigeria, che raggiungerà tassi di nuove costruzioni dell’8% anno, vista la necessità di 1,5 milioni di nuove case l’anno, rendendo il Paese il quinto mercato immobiliare più grande al mondo.
Qatar
Il Paese del Golfo sarà il vincitore (di Pirro, ndr) dei prossimi anni, con una crescita media annua del 10%: tuttavia gran parte di questa crescita sarà dovuta ai prossimi Mondiali del 2022, e alle necessarie infrastrutture, mentre già nel 2020 questa spinta propulsiva dovrebbe venire meno.
India
Nuova Delhi crescerà del 7,4% all’anno mediamente, fino al 2025, con tassi di sviluppo superiori al vicino gigante cinese, e anche in questo caso lo sviluppo sarà dovuto all’enorme crescita della popolazione, e della crescita del numero di famiglie della classe media, diventando entro il 2022 il terzo mercato mondiale.
Indonesia, Vietnam, Filippine
Con Corea del Sud e Taiwan ormai in gran parte sviluppate, sono le nuove economie industriali rappresentate da Indonesia, con una crescita del settore edilizio del 6% annuo, Vietnam e Filippine, con crescite superiori al 5% annuo, a trainare e a dare nuovo vigore alle tigri asiatiche.
Cina
La Cina ha superato gli Stati Uniti nel 2010 come il più grande mercato delle costruzioni a livello mondiale e oggi rappresenta il 18% delle costruzioni globale, ma la crescita nonostante continui timori, pare inarrestabile: nel 2025 la Cina rappresenterà il 25% del mercato globale, anche se con ritmi inferiori, in calo al 6% annuo tra il 2020 e il 2025, rispetto all’8,5% attuale.
Giappone
Le prospettive per il Paese del Sol Levante appaiono contrastanti: positive nel breve periodo, e all’insegna di una crescita debole nel lungo termine. Ancora oggi il Giappone è impegnato nei lavori di ricostruzione post terremoto e tsunami del 2011, opere favorite dalle politiche governative per affrontare la deflazione e scrollarsi di dosso due decenni di stagnazione economica. Questo, unito alla abeconomics dovrebbe determinare un aumento del 2% del PIL per i prossimi due anni, ma nel medio termine la diminuzione della popolazione dovrebbe compensare questi fattori, e la crescita edilizia dovrebbe rallentare all’1% annuo.
Australia
Secondo il Global Construction 2025 il boom edilizio in Australia è finito. Gli investimenti nel settore minerario del Paese stanno rallentando, e ciò avrà un forte impatto sulla produzione edilizia, con tassi di crescita annui in calo da una media del 4,4% all’anno nel 2005-2012 all’1,3% entro il 2025.
In conclusione il primo impatto dopo la lettura di questa sintetica panoramica potrebbe essere: siamo spacciati.È bene precisare, che il rapporto contiene previsioni, e che immaginarsi il futuro è difficilissimo. È chiaro, però, a mio avviso, che i dati poche volte sbagliano, se correttamente interpretati, e quelli riportati devono essere presi come tali: tendenze in atto, e in evoluzione. Ma se le tendenze sono quelle descritte, per il settore immobiliare, e delle costruzioni, in Italia potrebbe esserci una duplice chiave di lettura.
L’IMU è argomento di confronto politico, ma qui voglio solo ricordare che stiamo parlando dell’abolizione di un’imposta che (ri)porterà nelle tasche di ciascuna famiglia una media di 206 euro. Ha senso concentrarsi su questo tema?
Dall’altro lato parliamo di dati: se oggi nel solo Messico c’è un deficit abitativo di circa 8,9 milioni di case, e se estendiamo il tutto all’America Latina e ai Caraibi, sono quasi 60 milioni le persone che vivono in case classificate come inagibili. Ora questi dati possono essere interpretati come un’opportunità per le aziende pronte a sviluppare soluzioni economiche abitative di massa. Ciò significa internazionalizzarsi, ma consapevolmente. Se oggi, per le grandi commesse infrastrutturali internazionali siamo praticamente inesistenti, entrare in determinati mercati, come quello sudamericano o indiano, significa tutto tranne la malattia che affligge troppi imprenditori: l’improvvisazione e l’impreparazione. Continuiamo però a chiedere agevolazioni e vantaggi fiscali, e a non programmare il futuro. Vogliamo crescere?
Meglio di no, continuiamo a rimanere concentrati sull’IMU.