ABC. A-Always, B-Be, C-ClosingSpagna: meglio abbattere le case, che venderle

È passato circa un anno quando scrissi del caso irlandese, con l’inizio dell’abbattimento dei primi immobili da parte della NAMA, e ora anche in Spagna ci stanno pensando. La Sareb, la bad bank cr...

È passato circa un anno quando scrissi del caso irlandese, con l’inizio dell’abbattimento dei primi immobili da parte della NAMA, e ora anche in Spagna ci stanno pensando.

La Sareb, la bad bank creata in Spagna nel dicembre 2012 con lo scopo di smaltire gli asset immobiliari “tossici” delle banche spagnole, ha deciso di bloccare i lavori di 160 progetti immobiliari – sui 650 che controlla e gestisce, e che sono solo parzialmente completati – perché ritenuti troppo costosi da portare a termine, ed essere immessi sul mercato. Meglio abbattere i palazzi, i condomini e le case costruite a metà che completarle e venderle.

Questa l’ultima puntata, e a quanto pare il conto finale, di un decennio di boom immobiliare in Spagna, dove oggi i prezzi sono calati mediamente di circa un 30% dall’inizio della crisi, nel 2008, crisi che ha colpito tutta l’economia del Paese iberico, spingendo la disoccupazione al 26 per cento, e costringendo il governo spagnolo ad elargire importanti aiuti di stato per aiutare le banche fortemente esposte sul mercato immobiliare crollato.

La situazione, a fine 2012, era diventata talmente insostenibile, che il governo spagnolo decise di creare la Sareb, la Sociedad de Gestión de Activos de la Reestructuración Bancaria, che a marzo 2013, come riportato dal Ministro dell’Economia Luis de Guindos nel corso di una seduta di una commissione parlamentare, dopo aver assorbito le attività da istituti fortemente in difficoltà come Bankia, CatalunyaCaixa, NovaCaixaGalica e Banco de Valencia, oggi gestisce 107 miliardi di crediti immobiliari (76 miliardi sono relativi ad alloggi vuoti, 6,3 a immobili in affitto e 14,9 per suoli edificabili), che trasferito in progetti immobiliari significa circa 200.000 proprietà immobiliari (tra terreni e immobili), tra cui 107.000 immobili residenziali di cui 76.000 vuoti e/o da completare.

E la situazione per il mercato immobiliare spagnolo non sembra vedere alcun spiraglio: oggi secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica e il Collegio dei registri immobiliari, sono 2,27 milioni le case attualmente sul mercato, case che difficilmente troveranno un compratore. Con le compravendite crollate a quota 259.000 (nel 2012), dalle 736.000 del 2007, le ultime stime parlano di ulteriori cali per i prossimi cinque anni, portando la discesa complessiva dei valori ben oltre il 50 per cento dai massimi del 2007/2008. Meno pessimista l’ex CEO di Banco Santander, Alfredo Saenz, secondo cui il mercato è vicino al suo punto più basso, o l’agenzia di rating Fitch secondo cui invece il mercato non raggiungerà i minimi almeno fino alla fine del prossimo anno.

È una situazione che potrebbe verificarsi anche in Italia? Prendiamo il caso di Milano, dove il mercato è pieno di immobili abbandonati e il mercato immobiliare è in forte crisi, eppure il cemento non si ferma: nuovi maxi quartieri sono appena nati e altri sono ancora in costruzione; ma sono progetti che sono stati concepiti e ideati anni fa quando sono state concesse e sviluppate metrature senza avere un’indicazione precisa di quale fosse il bisogno della domanda. Un esempio: oggi, vuoi anche per la crisi economica, c’è molta richiesta di acquisto per immobili di edilizia convenzionata e a canoni d’affitto agevolati, ma di cantieri con queste caratteristiche in passato non ne sono partiti.

Questa situazione si intreccia con la fase di stallo che coinvolge sia il sistema bancario che ha finanziato i progetti, sia le imprese edili che si trovano con un portafoglio di immobili con un valore in realtà “virtuale” proprio perché non sono vendibili, e che sono quindi a forte rischio fallimento. E dato che molti di questi immobili sono stati dati dalle imprese in garanzia alla banche per ottenere finanziamenti, ora la patata bollente è nelle mani degli istituti di credito, che si trovano anch’esse, di conseguenza, con bilanci ipotetici.

E allora, secondo voi, a fine 2013 potremmo assistere alla nascita di una bad bank italiana?

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