Da quando mi sono trasferita a Londra, mi vanto di come le donne inglesi siano riuscite a a conciliare famiglia e lavoro, e di come questo processo culturale sia cresciuto dagli anni ’50 ad oggi. Ad ogni discussione, ne faccio il mio cavallo di battaglia. E non solo. E’ stato il tema del mio discorso tenuto per Matteo Renzi alla Leopolda 2012, nonche’ la meta’ delle interviste che ho rilasciato, non ultima quella per Il Fatto Quotidiano. Mi piace far parte di un mondo contemporaneo, dove lo status della donna non e’ diverso da quello della donna-mamma: entrambe lavorano. La prima concilia lavoro con amanti e divertimento (beata lei), la seconda con marito e figli (che palle).
Ed e’ cosí che nel lontano Dicembre 2011, l’Uomo Dei Numeri, Little Miss Sunshine ed io, siamo partiti alla volta dell’America degli anni ’90: l’Inghilterra. Un paese che sopravvive grazie alla sua capitale che sfoggia servizi a destra e manca. Perche’ questo e’ il pattern degli inglesi e della loro arte, ne hanno fatto un mestiere. Quindi, dicevo, leggo oggi su R2 di Repubblica da uno studio della LSE, che l’occupazione femminile, a Londra, aveva raggiunto il picco più alto d’Europa, sfoggiando un bellissimo 71% , contro il 52% del 1965. La parita’ di genere esiste.
Ed io, con Little Miss Sunshine e l’Uomo dei Numeri, vado dritta dritta a prendermela. E’ tutta mia. La mattina sveglia alle 7.30, lavoro, poi a turno (eh, parita’) vestiamo Viola e la portiamo a scuola. Tempo le 9.30 che sono in ufficio. Il mio non e’ un lavoro da donne, quindi la percentuale maschile super quella femminile di parecchio. Ma insomma, lavoro e ho uno stipendio buono. Poi torno a casa verso le 7 e mi occupo di Viola. Sempre a turno, apparecchiamo, cuciniamo la cena, sparecchiamo. Si diceva, parita’. L’asilo per Little Miss Sunshine e’ gratuito, dietro casa e da subito disponibile. Il primo non era certamente l’asilo a 5 stelle, ma un asilo piuttosto punk: del resto punk e’ il mondo e dunque punk sará parte della crescita di mia figlia. Quindi, finalmente, sono una donna, mamma, amica, fidanzata, lavoratrice, amante, sorella, figlia, tutto quello che la natura ha dato al genere femminile.
Ma oggi la notizia su R2 di Repubblica mi arriva come un fulmine a ciel sereno: la percentuale dell’impiego femminile inglese e’ scesa al 68% e si ritiene possa abbassarsi ulteriormente. Pare che le venticinquenni di oggi preferiscano i figli al lavoro. E questo dato (per me allarmante) non proviene dalla crisi economica come si potrebbe pensare, piuttosto da un cambiamento culturale. Schock, qualcuno mi chiami un medico. Il 27% delle ventenni di oggi, e’ convinta che una madre che lavora faccia crescere peggio i figli. Ma ne è convinta perché ha provato, oppure sono solo fantasie? Il dato proviene dalla Gran Bretagna e dagli USA dove l’occupazione femminile era alta e la forbice degli stipendi tra uomo e donna non era poi cosí squilibrata.
Se penso all’Italia, vedo 800mila mamme che negli ultimi 2 anni sono state costrette ad abbandonare il lavoro. Siamo al 74esimo posto per paritá di genere, al 48esimo per istruzione femminile e sempre al 48esimo per presenza femminile in Parlamento. Sono il 50% le donne occupate senza figli (15 punti in meno della Gran Bretagna, in questo l’Italia è al terz’ultimo posto davanti alla Turchia) e solo il 31% le donne occupate con tre o più figli. E questo perché, o meglio, anche perché meno del 30% dei bambini italiani ha accesso ai servizi per l’infanzia e il 33% delle mamme è costretto a lavorare part time.
Saró anche stata fortunata ad aver trovato un asilo pubblico gratis dopo una settimana dal nostro arrivo, e ad aver trovato uno (in realtà quattro) lavoro, e contribuire cosí all’onda rosa inglese. Sono convinta che non sia solo una questione di fortuna, ma anche di una cultura profondamente diversa, quella inglese, più aperta al genere femminile ed ai suoi molteplici aspetti nonché aspettative.