Sul Sole 24 Ore del 5 settembre Andrea Beltratti e Giuseppe Corvino attaccano gli scenari probabilistici. Lo fanno nel tono di Don Abbondio: che peccato che non si possa calcolare la probabilità precisa, in tal caso saremmo stati dalla vostra parte. Con questi due colleghi autorevoli la Bocconi entra nella battaglia interna della CONSOB a sostegno dei lealisti, quelli che pensano che se non sei in grado di comunicare ai risparmiatori la probabilità precisa di perdita, meglio non dire nulla. Se no il risparmiatore scappa…E’ lo stesso argomento di Vegas, supportato stavolta da un paragone bislacco e da numeri buttati a caso (o a arte) per sostenere la tesi.
Che la Bocconi vivesse un rapporto di simbiosi con il sistema bancario non è una notizia, ma che entri a difendere la CONSOB in una battaglia persa, innescata dallo sfizio di un Don Rodrigo, è cosa che fa riflettere: “baby high time we went”. Che segnali il Quaderno di Finanza 74, di cui abbiamo parlato su questo blog e di cui metà dell’accademia di finanza quantitativa ride, con molta dell’industria, e l’altra metà è scandalizzata, ci dice che la crisi è arrivata anche in Bocconi. La mia estensione alla Bocconi della posizione sostenuta dagli autori non è né casuale né forzata. E’ legata alla mia esperienza privata di membro del comitato scientifico di un convegno CONSOB-Bocconi che si è svolto negli ultimi due anni e in cui si è parlato di tutto meno che di scenari probabilistici. Se voi foste stato il rappresentante di un ente scientifico chiamato Bocconi in questa iniziativa non lo avreste preteso? Quindi, è la Bocconi che parla. E, se vogliamo essere ancora più trasparenti, uno dei due estensori, Andrea Beltratti, assomma al ruolo di docente in Bocconi quello di presidente di Pattichiari, il braccio dell’Associazione Bancaria Italiana che si occupa del rapporto con la clientela. Quindi è anche il sistema bancario, con un suo rappresentante autorevole, che parla. Vediamo con quali argomenti.
I miei lettori non si aspettino bestialità come quella che rilega il famigerato Quaderno di Finanza 74 della CONSOB e che hanno potuto apprezzare seguendomi su un foglio Excel. Ma voi tenete comunque un foglio Excel aperto, perché oggi potrete imparare come mettere insieme dei numeri per sostenere un idea, nascondendone al popolo bue altri che, se rivelati, faranno apparite l’argomento assolutamente pretestuoso. I due numeri sono, o sembrano, buttati là a caso, come per dire che l’esempio è fatto per rendere la cosa semplice e comprensibile anche ai lettori del Sole 24 Ore. “Per esempio, se un titolo ha un rendimento atteso del 10% al una volatilità del 20%, si può convenzionalmente ipotizzare che lo scenario peggiore sia rappresentato da una perdita del 30% e quello migliore da un guadagno del 50%. Entrambi dovrebbero essere superati nel 2,5% dei casi”. E dopo si arriva all’argomento Vegas: se invece di assumere un rendimento del 10%, si assume il rendimento privo di rischio, e lo si mette a zero, lo scenario peggiore diventa una perdita del 40% e anche nel caso migliore il guadagno si riduce del 10%. E l’investitore scappa! Ai colleghi dell’accademia, e in particolare a quelli che, anche in Bocconi, si occupano di probabilità, segnalo l’utilizzo allucinante del termine “convenzionalmente”. Nessuna banca fa i prezzi, e misura i rischi “convenzionalmente”, ma estraendo la probabilità dai dati di mercato. E il senso della metodologia degli scenari probabilistici era proprio quello di comunicare in maniera sintetica e semplice i risultati di questi modelli “non convenzionali”, usati da chi propone gli investimenti, ai destinatari delle offerte.
Ma sveliamo il gioco delle tre carte dell’argomento bocconiano. Chi mi segue su questo blog sa come funziona la relazione tra probabilità oggettiva e probabilità aggiustata per il rischio. Nel primo caso, sposti la media: aggiusti il rendimento atteso aggiungendo il premio per il rischio. Nel secondo caso, assumi una probabilità maggiore per gli eventi peggiori, e lasci il rendimento atteso uguale a quello privo di rischio. Le due probabilità sono legate da un numero misterioso, almeno nell’argomento dei bocconiani. Ma dov’è il numero misterioso? I miei lettori lo sanno, e lo sanno anche gli studenti dei colleghi della Bocconi. Il rendimento atteso, sotto la misura oggettiva, è calcolato come: rendimento privo di rischio più il prezzo di mercato del rischio moltiplicato per la volatilità. Ecco il numero occultato nell’argomento dei bocconiani: 10% = 0 + MPR X 20%. Il numero misterioso è MPR (market price of risk). Avrete anche notato che il tasso privo di rischio è stato messo uguale a zero, sempre per semplificare, e ancora con l’effetto collaterale di rafforzare l’argomento, ovviamente. Comunque sia, il prezzo di mercato del rischio che lega le due probabilità è quindi 50%. La domanda è: è un numero realistico? O è un numero spropositato? Potete intuire la risposta.
Per capire la dimensione di questo numero, potete andare su scholar.google.com e cercare due articoli di un collega spagnolo, di nome Pablo Fernandez. Uno dei due articoli è intitolato: “Market risk premium used in 56 countries in 2011: a survey with 6014 answers”. Pablo ha scritto a migliaia di accademici di 56 paesi, incluso il sottoscritto, che non ha risposto al sondaggio, e quasi sicuramente anche ai due colleghi della Bocconi, chiedendo: qual è, secondo voi, il prezzo di mercato del rischio? Ho riportato i risultati medi nel grafico qui sotto. Chi è interessato ai numeri può leggerli nell’articolo. Eccone alcuni. Per gli accademici americani il numero è 5,5%, come per gli italiani e gli olandesi. Ma anche per quelli dello Zambia e dello Zimbabwe è al 6,5%. In 55 paesi su 56 il valore del numero misterioso è inferiore al 10%, e anche nel paese che fa eccezione, l’Iran, il numero è meno della metà di quello proposto da Beltratti e Corvino. Lo stesso Pablo Fernandez ha poi pubblicato recentemente un altro lavoro in cui ha ricercato il valore del numero misterioso in 150 libri di testo, alcuni dei quali verranno magari utilizzati anche in Bocconi, e trova che il numero misterioso è compreso nell’intervallo tra il 3% ed il 10%.
Il numero misterioso nascosto nell’esempio è quindi enorme, e i due numeri di rendimento atteso del 10% e volatilità del 20% non stanno insieme. Ora, la domanda è se questo distorca l’argomento dei bocconiani. Siate pure generosi con i colleghi e assumete che il numero misterioso sia il 10%. Ricordate: rendimento atteso = 0 + 10% X volatilità. Delle due l’una: o il rendimento atteso è 10% la volatilità è del 100% o la volatilità è del 20% e il rendimento atteso è del 2%. Nel primo caso, “convenzionalmente” si ottiene che nel 2,5% dei casi la perdita è del 200%. “Convenzionalmente”, si ottiene quindi una stupidaggine. Nel secondo caso, si ottiene che la perdita sarebbe del 38% sotto la misura oggettiva invece del 40% sotto quella aggiustata per il rischio. La domanda per tutti voi è: si tratta di una differenza così enorme? Ed è una differenza così grande da consigliare di occultarla ai risparmiatori? E c’è qualcuno tra voi che, come risparmiatore, preferirebbe non sapere nulla, invece di un’informazione del tipo: nel 2,5% dei casi la perdita può essere tra il 38% ed il 40%?
Se riportiamo quindi l’esempio di Beltratti e Corvino alla realtà scopriamo che il loro argomento contro gli scenari probabilistici è pretestuoso e precostituito. Propongono, per usare il loro paragone, un confronto tra un’auto che viaggia alla velocità di un’astronave (il mercato azionario) e una bicicletta che sta ferma (il titolo privo di rischio). E, alla fine del loro paragone, pare che al risparmiatore non resti altro che andare a piedi. Ma la metafora non calza. Il paragone che invece mi viene in mente, e che si deve fare se si parla di trasparenza, e non solo si rischio, è quello di un percorso che si può fare in jeep nel deserto del Kalahari. E’ un percorso nella sabbia in cui, “convenzionalmente” il sentiero è piatto, ma di tanto in tanto ci sono dune di sabbia profonda alte e ripide, che non sai se sei in grado di salire, e se ci sei salito non sai cosa c’è dall’altra parte (magari una curva stretta in forte pendenza, o un masso). E non è tutto: se impantani in cima alla duna e scendi dalla macchina, ti può capitare di trovarci i leoni: per questo il sentiero si chiama Leeuwdrill che significa “paura del leone”. E, fuori di metafora, i leoni sono intermediari che potrebbero proporre agli investitori numeri come quelli che i colleghi della Bocconi hanno usato nel loro esempio. E, in questo caso, i numeri fuorvianti sarebbero diretti a convincere un risparmiatore a cacciare dei soldi, invece che a dubitare di una metodologia. Più che a sceglier il mezzo di trasporto, quindi, gli scenari probabilistici sono diretti a evitare ai risparmiatori brutti incontri, come quelli che di tanto in tanto si possono fare anche su Il Sole 24 Ore.