’O pernacchioDe Magistris promette: abbatteremo le Vele di Scampia

Se siete stati a Scampia almeno una volta, le avrete viste di sicuro: alte, bianche, file e file di balconi, finestrelle incastrate e mura ingiallite, fatiscenti. Le Vele di Scampia non sono solo l...

Se siete stati a Scampia almeno una volta, le avrete viste di sicuro: alte, bianche, file e file di balconi, finestrelle incastrate e mura ingiallite, fatiscenti. Le Vele di Scampia non sono solo l’ennesimo mostro di acciaio e cemento; sono il simbolo di un quartiere, uno dei più poveri del napoletano, che a lungo è stato lasciato da solo. Le Vele – che non sono altro che condominii – erano stati costruite con lo scopo di dare una casa a chi non se la poteva permettere: palazzine popolari che però alla fine o sono rimaste disabitate o sono state riconvertite da camorristi e spacciatori in roccaforti della droga. Al piano terra ci sono portoncine di ferro spesse, che fanno da separè tra la strada – la clientela – e gli interni, dove la polizia non entra se non in forze.

Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, ha promesso: «abbatteremo le Vele». Per dimostrare che gli abitanti di Scampia non sono soli, che si può ripartire ovunque, anche laddove le speranze sembrano essere finite da tempo. Abbattere le Vele per costruire un «polo scientifico», universitario, all’insegna della cultura e della formazione. Il Comune – ha tenuto a precisare sempre De Magistris – sosterrà quanti verrano sgomberati, distinguendo tra chi ha ottenuto un alloggio per assegnazione, chi ha occupato per necessità e chi, invece, è nelle Vele per tutt altri interessi, legati al mondo della camorra. Una lotta senza precedenti, fatta di picconi e ruspe. Ma è veramente questo quello che serve a Scampia? Combattere il cemento con altro cemento? Provare a rivitalizzare un quartiere a partire dalla cultura? Ha pienamente ragione chi dice che il primo problema delle persone che abitano a Scampia è l’ignoranza. Altrimenti non sceglierebbero la via più facile della criminalità organizzata.

È pure vero però che senza un lavoro, senza l’offerta di opportunità, difficilmente puoi tenere lontano dalla strada chi non ha altro modo per sopravvivere che affiliarsi ai clan. La costruzione di un Polo scientifico, nel vivo del Regno della Camorra, è una cosa sacrosanta: un’idea che, presto o tardi, sarebbe arrivata comunque. Ma se c’è una cosa di cui le persone di Scampia hanno veramente bisogno è lo Stato: di quello, dei suoi uomini, e di una prospettiva diversa del futuro, che non si basi solo sulle belle parole e le promesse. Il rischio è di deludere, e di deludere veramente tanto; di cogliere una cocente sconfitta piuttosto che una vittoria.

Twitter: @jan_novantuno

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