Libertà è partecipazioneMeglio la Troika della Santanchè

Quindi pare che ci siamo. La crisi di governo è alle porte, anzi sembra essere già a buon punto e se si dovesse continuare così, nel giro di un mese - ad essere ottimisti - il governo Letta, voluto...

Quindi pare che ci siamo. La crisi di governo è alle porte, anzi sembra essere già a buon punto e se si dovesse continuare così, nel giro di un mese – ad essere ottimisti – il governo Letta, voluto fortemente da Napolitano dovrebbe essere a casa. Ieri Letta ha finalmente alzato i toni (“O si rilancia l’azione del governo o si va a casa”), ma sembra troppo tardi: il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto piantare i paletti molto tempo fa, per evitare di essere, così come è oggi, ostaggio delle scelte del Pdl/Forza Italia.

Certo, questo governo fino ad ora non ha fatto scelte memorabili, ma è sempre meglio avere un governo che lavora anche con le istituzioni estere, piuttosto che vivere nell’instabilità politica totale. Il compito di questo governo non era quello di risanare l’immagine dell’Italia vista dai Paesi stranieri, ci eravamo già riusciti molto bene con il governo Monti. Il governo Letta doveva fare tutto quello che non è riuscito a fare: abbattere la pressione fiscale, ridurre la spesa pubblica, aprire il cantiere delle privatizzazioni e dare inizio ad un processo di liberalizzazioni.
E le premesse sono state tradite: la falsa abolizione dell’IMU e l’introduzione della Service Tax; cercare di evitare l’aumento dell’Iva, rincarando le accise sui carburanti. Insomma nessuna riforma, nessuna voglia di cambiare. Piuttosto si è preferito stringere ancor di più il cappio attorno al collo del contribuente italiano.

Le responsabilità di questo disastro sono chiare: la classe politica è assolutamente inadeguata (tranne qualche eccezione), l’irresponsabilità regna sovrana: la partita berlusconiani vs antiberlusconiani è ripresa una volta ancora, nonostante gli ultimi vent’anni di continuo referendum Berlusconi sì, Berlusconi no. La maggior parte di chi siede in Parlamento e al governo, preferisce guardare alle prossime elezioni anzi che alle prossime generazioni. Poi c’è chi guarda alle vicende giudiziarie del proprio capo (si parla del Pdl, naturalmente): condannato in via definitiva, che ha in ostaggio un Paese intero per le sue vicende personali. Dall’altra parte un Pd che non riesce a dire addio all’antiberlusconismo che ha caratterizzato le politiche del centrosinistra degli ultimi vent’anni.

E quindi come non si può concordare con Mario Seminerio e il suo appello pubblicato ieri su Phastidio.net (qui). Questo Paese non ha bisogno di giovanilismo fine a se stesso: vi è la necessità di una classe dirgente seria, con la testa sulle spalle, che cominci ad affrontare i problemi alla radice. Qualche giorno fa, in un editoriale sul Corriere della Sera (qui), Alesina e Giavazzi scrivevano che le riforme urgenti devono toccare temi come lavoro, burocrazia, concorrenza e riduzione della pressione fiscale. Ecco, un governo ed una classe politica seri affronterebbero questi temi frontalmente, senza pregiudizi ideologici; ma si sa: noi preferiamo disquisir di Imu e vicende berlusconiane.

Forse ci meritiamo l’invasione degli elicotteri del FMI: sempre meglio che essere governati dalla Santanchè.

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