Perché ricordare le vite delle vittime innocenti delle mafie quando si sono spente? Perché, invece, non proviamo a commemorarle il giorno di nascita? Oppure, in date e momenti significativi della loro esistenza?
Facendo memoria nel giorno dell’omicidio si fa anche memoria dei mandanti e degli esecutori dell’omicidio stesso rinforzando l’appeal e il potere di quei mafiosi che hanno deciso come, dove e quando quella persona dovesse respirare per l’ultima volta.
Fare memoria il giorno della morte vuol dire anche collezionare anniversari tristi, promesse e buoni auspici pressocché deboli.
E’ facile commemorare oggi Giancarlo Siani. Con una frase, una foto, un servizio televisivo, una canzone, un film, una targa. E’ facile oggi parlare di legalità, della ‘Mehari’, di buone azioni, dei ‘giornalisti giornalisti’ e dei ‘giornalisti impiegati’. E domani? Domani è un altro giorno. Ci sarà qualcun’altro da commemorare e intanto le mafie se la ridono.
Poveri loro che, anno dopo anno, vedono il loro sacrificio polverizzarsi. Povero Giancarlo. Oggi ne sarà pure disgustato di tutta questa ipocrisia, di queste belle parole, vuote, stuprate, di tutte queste passerelle di persone autorevoli e meno che, forse, non sanno manco di cosa si stia parlando. Del coraggio. Quello di Giancarlo e di tanti altri uomini e donne che con fierezza silenziosa si sentono puliti.
Oggi invece viene ricordata la camorra, i vari Gionta e Nuvoletta. Con questo andazzo, con questo ‘packaging’ di commemorazioni, con questo ‘bon ton’ e questo inchino verso i mafiosi, non si andrà da nessuna parte.
Forse, dove andare lo sapremo soltanto da loro.