Dopo i tedeschi, la Dia: non c’è pace per Pompei. Quello che fino a qualche tempo fa era solamente un dubbio, un’insinuazione dei più cattivi, rischia di diventare una certezza: tra colonne antiche e domus dipinte di porpora, la presenza della camorra e dei suoi clan è più di una voce, una maledizione biascicata tra i denti; è l’ennesima faccia di una medaglia prismatica, di cui non si riesce a vedere la fine. La notizia è di ieri e ha suscitato, com’è giusto che fosse, un certo allarmismo: la Dia è a Pompei per accertamenti, si temono infiltrazioni della criminalità organizzata in alcuni dei cantieri allestiti. Sono state controllate due società e venti persone; i lavori, che erano stati avviati su tre Domus, erano stati finanziati dall’Unione Europea con 105 milioni di euro. Il blitz è scattato per la Casa delle Pareti Rsse, di Sirico e del Marinaio. L’autorizzazione, previo decreto, è del prefetto di Napoli Francesco Musolino.
La Dia è intervenuta per scongiurare quello che, purtroppo, pare inevitabile: la Camorra a Pompei, negli scavi, come un cancro, una piovra, che infetta tutto quello che tocca e che non sembra avere mai fine, per quanto si possa intervenire, provare, arginare. Una storia che si ripete, una storia vociferata e sussurrata. Al momento sono ancora in corso gli accertamenti, ma questa è un’ombra che si allunga prepotente e che oscura ancora di più il sole di Napoli. Prima i tedeschi, ora la Dia: probabilmente non hanno torto quelli che auspicano una gestione esterna, magari internazionale (o straniera), di uno dei siti archeologici più importanti al mondo, uno dei meglio conservati, sicuramente.
Cemento e appalti sembravano un binomio assoluto, inossidabile, collegato alle mafie; ora s’aggiungono anche i reperti e la storia. Una bomba che è esplosa in ritardo e che fa tremare le coscienze.
Twitter: @jan_novantuno