Vanilla LatteStarbucks in Italia (o quasi)

Prima di stappare le bottiglie di champagne, al fine di evitare scene di giubilo, caroselli con le auto, o altre reazioni euforiche da parte dell'orda crescente di italici fans, sgomberiamo subito ...

Prima di stappare le bottiglie di champagne, al fine di evitare scene di giubilo, caroselli con le auto, o altre reazioni euforiche da parte dell’orda crescente di italici fans, sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco o eventuale fraintendimento: no, Starbucks non ha ancora messo piede in Italia. E no, a tutt’oggi non sembra essere neppure ufficialmente intenzionata a farlo. Con enorme rammarico da parte di centinaia, migliaia, milioni di italiani che da tempo si chiedono se e quando arriverà l’atteso giorno, la grande catena internazionale di caffetterie fondata nel 1971, resa popolarissima grazie alle intuizioni geniali di Howard Schultz, presente in 62 paesi con oltre 20 mila punti, non sta per varcare i nostri confini nazionali. O meglio, non quelli attuali.

La responsabilità di tutto ciò, in questo particolare caso, è da attribuirsi a Vittorio Emanuele II. Perché forse non tutti sanno che Starbucks, recentemente, ha aperto i battenti anche in un territorio che, fino a qualche tempo fa, batteva bandiera italiana. O meglio, del Regno di Sardegna. Si dà il caso, infatti, che da circa un anno il logo del franchise a stelle e strisce, ormai emblema della american-way-of-life quanto la Coca-Cola, McDonald’s o Apple, faccia bella mostra di sé a St. Laurent du Var, alias San Lorenzo del Varo, ridente località nei pressi di Nice Ville, alias Nizza, nel dipartimento delle Alpi Marittime della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Ovvero quei territori noti come “Contea di Nizza” che, unitamente alla Savoia, furono ceduti alla Francia di Napoleone III dal Piemonte di Vittorio Emanuele II e di Camillo Benso Conte di Cavour, “in cambio del suo appoggio alla politica di unificazione italiana condotta dalla monarchia sabauda”, nell’ambito del Trattato di Torino del 1860. Un valido motivo per simpatizzare con i movimenti dell’irredentismo italiano a Nizza e con i Vespri nizzardi di Giuseppe Garibaldi (che, se avesse saputo del Frappuccino, avrebbe agito con ancor più convinzione). Noi abbiamo ottenuto l’Unità d’Italia. I francesi hanno ottenuto Nizza e Savoia. E Starbucks.

Aldilà dei riferimenti storici, che fanno spolverare un po’ del programma di Storia affrontato (si spera) alle scuole medie e al liceo, il dato più rilevante è che lo store inaugurato nel 2012 in Costa Azzurra, continuamente preso d’assalto da clienti – turisti e residenti – rappresenta, ad oggi, lo Starbucks più vicino all’Italia. Con i soli 40 chilometri che la separano dai confini nazionali e dalla “Porta d’Italia” di Ventimiglia, in Liguria, la caffetteria di Cap 3000 a St. Laurent du Var è facilmente raggiungibile in automobile, attraverso l’autostrada, in poco più di mezz’ora di viaggio, oltre che con pressoché ogni altro mezzo di trasporto, dalla rotaia all’aereo, data la vicinanza con l’aeroporto di Nice Côte d’Azur. Insomma, per chi era solito effettuare pellegrinaggi assai più laboriosi per assaporare un Caramel Macchiato, un netto salto di qualità, una notevole riduzione dei tempi di percorrenza e un conseguente risparmio, se si pensa che, precedentemente, gli esempi più vicini all’Italia erano la Svizzera (Berna, Friburgo, Lucerna le più a portata di mano), Austria (Salisburgo) o persino Germania. E non è tutto. Perché la catena originaria di Seattle, Washington, ancora assente dalle nostre parti, altrove raddoppia, e ha già annunciato la prossima apertura, nelle settimane a venire, di un nuovo presidio nel Centre Commercial Nice Étoile. Ovvero, pieno centro di Nizza Marittima. Pardon, Nice Ville. Trenta chilometri dal confine italiano. Una bazzecola, per gustarsi un tall sugar free Vanilla Latte o un venti decaf Mocha.

Negli ultimi anni, a fronte del successo planetario della catena, sono sempre di più i nostri connazionali che si pongono l’interrogativo “perché Starbucks non arriva in Italia?”, senza trovare risposta, o ipotizzando motivazioni quali la dittatura dell’espresso e del cappuccino (già, come la “gasosa” prima che arrivasse la Sprite, o la pizza prima che arrivi “Pizza Hut”), il nostro centenario culto del caffé (già, ma quando sei all’estero, per puro caso, negli Starbucks trovi sempre italiani), e gli insormontabili ostacoli burocratici (e non) del sistema-Italia. Il quesito se lo è posto anche la CNN, e lo ha rivolto lo scorso marzo al CEO Howard Schultz in persona, il quale ha risposto che la sua azienda arriverà, prima o poi, ma attualmente “dati i problemi politici ed economici dell’Italia, non credo sia la priorità per i nostri azionisti”. La vicinanza, o non-lontananza, di Starbucks alla frontiera occidentale non serve, da sola, a colmare il sempre presente rammarico per l’assenza del franchising sul territorio italiano. In attesa del d-day che vedrà lo sbarco della celebre sirena su sfondo verde sulle nostre coste, i blitz a Nizza possono rappresentare una soluzione temporanea, per chi è in astinenza da caffè e dalla particolare atmosfera che circonda il marchio di Seattle. Una buona dose di Frappuccino e Macchiato, o magari l’acquisto della macchina da caffè Verismo, per poi rimettersi in viaggio. Una volta di ritorno in Italia, attraversato il confine – oltre al benvenuto fornito da riduzione delle corsie stradali, prezzi più alti della benzina, e lavori in corso sull’autostrada – il primo paese che si incontra è una frazione di Ventimiglia. Ironia della sorte, si chiama “Latte”. Ma del “Vanilla”, neppure l’ombra.

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