L’Ossservatore cariocaBrasile, la protesta dei professori finisce a bastonate

Mentre il settimanale inglese «Economist» annuncia con almeno un anno di ritardo i pericoli della bolla economica brasiliana (però sono molto bravi a fare le copertine, bisogna ammetterlo), le decl...

Mentre il settimanale inglese «Economist» annuncia con almeno un anno di ritardo i pericoli della bolla economica brasiliana (però sono molto bravi a fare le copertine, bisogna ammetterlo), le declinazioni reali della ormai spaventosa sperequazione tra la possibile e potenziale ricchezza del Paese e le condizioni di vita della gran parte dei suoi cittadini si mostrano, come lo scorso giugno, in tutta la loro drammaticità.

A giugno le proteste di piazza avevano visto protagonisti, soprattutto, gli studenti, e la polizia di Rio (e San Paolo) li aveva randellati come accadeva solo durante la dittatura (1964-85).

Adesso è venuto il turno dei professori della scuola pubblica, che nei giorni scorsi hanno occupato la sede del governo locale a Rio opponendosi al nuovo piano di ritocco dei salari e pianificazione della carriera e degli incarichi (approvato ieri). Alcune categorie di professori sono in sciopero dallo scorso 8 agosto.

Risultato: randellate nei denti pure a loro. Il bilancio di ieri a Rio è di 17 feriti e almeno 20 arresti. La polizia informa che molti di loro sono provocatori che si sono infilati nelle manifestazioni e non sono professori. Ma nei giorni scorsi i professori che manifestavano davanti alla camera municipale si sono trovati al centro di una battaglia di lacrimogeni, manganelli e pistole puntate contro manifestanti inermi.

Dopo studenti e professori, se si va avanti di questo passo i prossimi a prendersi le bastonate saranno i bidelli e non è escluso che in futuro toccherà ai libri, quasi sicuramente con un rogo di piazza. Tanto, libri sì libri no il livello dell’educazione pubblica in Brasile è alle spalle di paesi dove il Pil è molto inferiore a quello brasiliano.

Come nel settore della salute, i grandi sforzi del governo centrale e soprattutto di quelli locali sono in ostaggio dei gruppi privati, delle scuole private e paritarie, mentre il settore pubblico è, in molti casi, abbandonato a se stesso. Strutture fatiscenti ubicate in zone di assoluto degrado, livello di preparazione bassissimo del corpo docente, salari ai minimi.

Come già lo scorso giugno, quando anche il governo centrale, la presidenta Dilma Rousseff ha dovuto rispondere con azioni concrete contro l’aumento del biglietto dei mezzi pubblici, anche adesso la causa delle proteste è il confronto sempre più stridente tra costo della vita e potere reale d’acquisto dei brasiliani lavoratori di classe media che, come sempre, e non solo in Brasile, delle parole vuote di “crescita”, “boom” eccetera non beneficiano, ma anzi subiscono solo gli effetti deleteri: impoverimento del livello di vita e svendita dei servizi pubblici.

(foto di Reynaldo Vasconcelos – Futura Press – fonte: Terra)

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