Via Limes / EAST SIDE REPORT
“In una disputa, il compromesso è il risultato di concessioni da entrambe le parti con lo scopo di trovare un terreno comune su cui concordare. Il compromesso porta ad appianare le differenze e viene raggiunto attraverso la mutua rettifica delle reciproche richieste, concedendo un po’ a ciascuna delle parti” (definizione tratta da Wikipedia).
Ucraina e Unione Europea sono alla ricerca di un compromesso per risolvere il caso di Yulia Tymoshenko e arrivare alla firma dell’Accordo di associazione che permetterà a Kiev di fare un passo in avanti sulla strada dell’integrazione europea.
Le posizioni di partenza sono le seguenti. Da un lato, in carcere, c’è l’ex premier, condannata a 7 anni per abuso d’ufficio. Il processo che ha portato alla sua condanna è stato giudicato dall’opposizione e dall’Unione Europea non all’altezza degli standard occidentali – in sostanza una farsa – e l’esempio più classico della giustizia selettiva adottata da presidente e governo per liberarsi della più pericolosa avversaria politica, anche in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2015. L’Ue ne ha chiesto la liberazione, affermando che se la Tymoshenko non verrà scarcerata, non ci sarà nessun accordo.
Dall’altro c’è Victor Yanukovich, il capo di Stato che ha rispedito al mittente ogni accusa, sostenendo che in Ucraina la giustizia deve fare il suo corso senza guardare in faccia nessuno. La Tymoshenko non è una santa, a dispetto dell’immagine che si è costruita all’estero, e deve scontare la sua pena. Sulla testa dell’ex premier pendono altri 2 processi, uno per evasione fiscale, l’altro per il presunto coinvolgimento nell’omicidio di un deputato nel 1996. Yanukovich ha detto che l’avvicinamento all’Europa resta una priorità, ma a Kiev non sembrano convinti che legare il destino di un paese a quello di un’unica persona, come prescritto da Bruxelles, sia la strategia migliore.
Se un compromesso si rende allora necessario, le 2 posizioni non possono rimanere rigidamente tali, ma devono necessariamente avvicinarsi, ammorbidendosi. Cioè, se veramente Kiev e Bruxelles intendono firmare l’Accordo del 28 novembre a Vilnius, Yanukovich dovrà rinunciare a tenere Tymoshenko dietro le sbarre (con le altre probabili condanne in arrivo, ce ne sarebbe per oltre un decennio) e l’Unione alla pretesa di una scarcerazione incondizionata.
Qualche giorno fa un deputato polacco presso il Parlamento europeo, Marek Siwec, ha fatto trapelare l’ipotesi che la soluzione potrebbe consistere nel trasferimento a Berlino dell’ex eroina della rivoluzione arancione, per sottoporla alle cure mediche di cui necessita, con l’interdizione di 3 anni dalla politica attiva. La diplomazia europea è al lavoro per convincere la Tymoshenko ad accettare una proposta che farebbe contenti un po’ tutti.
In questo modo, l’Ue firmerebbe l’Accordo con Yanukovich, che potrebbe da par suo rimanere alla Bankova (sede della presidenza dell’Ucraina) in tutta tranquillità sino al 2020, e la Tymoshenko uscire dalle patrie galere con buon anticipo e la possibilità di rifarsi sul lungo periodo.
Ma se nessuno ammorbidirà la propria posizione, rimanendo arroccato e rifiutando ogni compromesso, è probabile che a Vilnius non sarà siglato nessun accordo e Yulia Tymoshenko resterà nell’ospedale di Kharkiv per qualche anno ancora.