Se questa è scienzaLe predizioni genetiche e il gene della depressione

“Ecco il gene che causa la depressione. In futuro sarà un test a dirci se saremo depressi o meno” Sfogliando un giornale è facile imbattersi in titoli sensazionalistici di questo tipo ed esistono n...

“Ecco il gene che causa la depressione. In futuro sarà un test a dirci se saremo depressi o meno”

Sfogliando un giornale è facile imbattersi in titoli sensazionalistici di questo tipo ed esistono numerosi film, come Gattaca, che descrivono società futuribili in cui è possibile prevedere malattie future e aspettative di vita da un semplice screening genetico.

Ma cosa ci può dire realmente la genetica? E, soprattutto, cosa ancora non ci può dire?

Questo è stato l’argomento di discussione di una conferenza tenutasi al Festival della Scienza di Genova dal Dott. Serretti, che ha parlato del ruolo vero o immaginario della genetica nell’analisi e predizione in particolare delle malattie mentali come il disturbo bipolare, l’Alzheimer e tante altre.

La genetica è probabilistica, non deterministica”, questo il concetto principale della conferenza.

E’ già possibile, infatti, ad oggi predire la probabilità di avere una malattia in futuro in base alle analisi mediche e la genetica ci permette di rendere più precisa questa predizione. Un rischio generico del 30 % di diventare obesi in futuro in base alle analisi mediche convenzionali può arrivare anche al 60% in base alle conoscenze genetiche: vi sono, infatti, dei geni “hotspots” (in genere mai uno solo) che se mutati possono predisporre il soggetto maggiormente alla malattia.

Predisposizione genetica che ha un’importanza rilevante anche nella manifestazione di malattie mentali. Importante, ma non assoluta. Perché si tratta sempre di una predizione.

Ad esempio, avere una mutazione in un gene coinvolto nel trasporto della serotonina permette di dirci che avremo un rischio più elevato di altri di avere disturbi bipolari, ma non ci dice che lo saremo di sicuro. Questo perché, oltre alla genetica, vi sono tanti altri fattori che determinano nel loro complesso il manifestarsi o meno della malattia, come l’autostima, l’educazione, il temperamento, i meccanismi psicologici, l’intelligenza, l’adattamento e il supporto sociale, gli stress ecc.

Qualunque semplificazione, specie per malattie così complesse e delicate, è sbagliata.

Ancora più sbagliato è dare un peso alla genetica in ambiti diversi da quelli della ricerca o della cura del paziente. I rischi etici e sociali legati ai problemi che queste conoscenze, se riportate male, potrebbero causare in ambito lavorativo e assicurativo sono sotto gli occhi di tutti.

Ancor più se predizioni genetiche venissero, come già accaduto in passato, utilizzate nei tribunali per giustificare o dimostrare meno atteggiamenti e comportamenti da giudicare.

La genetica può, dunque, aiutarci a metterci in guardia verso alcune malattie per cui siamo più predisposti di altri, può convincerci a modificare il nostro stile di vita attenuando così questi rischi ed è un punto di partenza importante per lo studio e la progettazione di terapie ad hoc per il trattamento delle malattie più disparate.

Non può (e non deve) dirci se diventeremo Nobel per la chimica, il nuovo Jimi Hendrix o se passeremo le nostre giornate chiusi in una stanza a sbattere la testa contro il muro.

@FedeBaglioni88

Federico Baglioni

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