Leggere è rockPerchè il contributo ai giornali è giusto

Ciclicamente torna in auge la proposta, di cui nell'ultimo periodo si sta facendo portavoce il Movimento Cinque Stelle, di abolizione del contributo pubblico all'editoria e ai giornali. Sfruttando ...

Ciclicamente torna in auge la proposta, di cui nell’ultimo periodo si sta facendo portavoce il Movimento Cinque Stelle, di abolizione del contributo pubblico all’editoria e ai giornali. Sfruttando l’onda populista e di protesta e, occorre dirlo, in molti casi l’ignoranza delle persone, si rischia portare avanti campagne dalle conseguenze nefaste. Se è vero che in passato in molti casi si è approfittato dei contributi pubblici per pubblicare giornali-truffa e prodotti editoriali scadenti, va detto che oggi la situazione è profondamente cambiata. Sul sito del dipartimento dell’editoria del governo si legge che le risorse stanziate nel 2012 erano pari a 95 milioni di euro e che diminuiranno di quasi 12 milioni di euro nel 2013. Una cifra molto bassa se paragonata ai sussidi statali in altri settori (ippica, agricoltura…). Se è vero che un impresa, di qualsiasi genere sia, dovrebbe poter svolgere la propria attività senza aiuti statali, va detto che l’editoria è un settore sui generis dove dietro bassi ricavi (1 euro il costo del giornale, come un caffè) si celano costi elevatissimi che aumentano anno dopo anno mentre i ricavi (leggasi vendite e pubblicità) dimuiscono in modo drammatico.
Di tutti i mali italiani il contributo all’editoria è il minore: contribuisce a diffondere il pluralismo dell’informazione soprattutto in ambito locale e da lavoro a migliai di persone in un settore messo in ginocchio dalla crisi. Anche in questo settore, come in tanti ambiti statali, la parole chiave è ottimizzare. Ottimizzare le risorse e ridistribuirle in modo equo a chi davvero ne abbia necessità e rispetti i criteri qualitativi necessari.

Francesco Giubilei
@francescogiub

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