Tremonti si scaglia contro il teorema fondamentale della finanza. A quando l’attacco al primo teorema della termodinamica? E poi toccherà al sistema metrico decimale? Un’inchiesta del Fatto Quotidiano alla ricerca di misteri Unipol-Fonsai (che magari anche esistono) porta invece alla luce tre problemi di fondo della nostra politica. C’è il problema del doppio lavoro dei parlamentari. Il sospetto che i doppi lavori possano nascondere conflitti di interesse forse più nocivi di quello che tutti conosciamo. Il fatto che nella politica regna il più grande disprezzo della cultura e del sapere scientifico, anche tra i rappresentanti che si ritengono più “tecnici”, soprattutto quando fanno i tecnici nei campi degli altri.
Ripercorriamo la cronaca dell’inchiesta sul Fatto Quotidiano. Il 20 settembre il quotidiano riporta intercettazioni che riguardano Tremonti, in merito all’intervento nella vicenda Unipol-Fonsai, e nel caso MPS. A proposito del primo caso si parla anche di CONSOB, perché CONSOB faceva la valutazione del portafoglio di titoli strutturati e si accenna alla nota spaccatura interna alla CONSOB. Poi, a proposito del caso di MPS si parla di contattare questo o quello per entrare nell’affare. Quell’articolo mi colpì, e la domanda che mi posi non fu cosa c’è dietro Unipol-Fonsai o i misteri di Rocca Salimbeni. Mi colpì Tremonti, e il suo passare la giornata al telefono con quelli del suo studio. La prima domanda che mi venne in mente fu: ma un parlamentare che si occupa dei fatti propri dovrà chiedere un nulla osta all’istituzione, come devo chiederlo io all’università se assumo un incarico esterno? Questo non lo so. Escludo però che in parlamento si possa scegliere, come si sceglie in università, tra il regime “a tempo pieno” e quello “a tempo definito”, che ti lascia libero di fare quello che vuoi senza dire nulla a nessuno.
C’è quindi un problema di doppio lavoro, e di trasparenza del doppio lavoro. Questo ovviamente solleva una domanda: quanti di questi lavori porteranno il parlamentare in conflitto di interessi? Il sospetto è che la questione del conflitto di interessi, più che il problema di abbattere un grande albero (che chiameremo B. come Baobab), sia quello di estirpare un campo di gramigna. E in democrazia la gramigna vince sempre, e soffoca la democrazia stessa. Che non sia questo il motivo per cui in questo paese non si è mai riusciti a fare uno straccio di legge sul conflitto di interessi?
Ma veniamo al seguito della storia. Tremonti si è reso conto della figura di merda, e ha rettificato cercando di far capire che non si stava facendo gli affari suoi. Così ieri, 11 ottobre, esce un altro articolo sul Fatto Quotidiano, che riporta un suo virgolettato, in cui dice: “il mio intervento su CONSOB era generale e non riguardava solo Unipol”. Tremonti, quindi, ha capito la figuraccia, e ha cercato di rimediare. Purtroppo, ha scelto la medicina omeopatica: curare una figura di merda con un’altra figura di merda. Al gioco di “lascia e raddoppia”, ha deciso di raddoppiare. E ha detto tra sé e sé: sai che c’è? Io dico che ce l’avevo con la probabilità. Magari prima ha pensato di raccontare: “volevo parlare di Immanuel Kant”, ma poi ha letto di quella notizia di due ragazzi russi che si sono presi a revolverate per una questione di dialettica trascendentale, e ha pensato che fosse più sicuro lasciare stare i filosofi e prendersela con i matematici finanziari. E così ha pensato a una crociata contro la probabilità. E’ un po’ come Dan Aykroyd che dice: “siamo in missione per conto di Dio”, e speriamo che i fan dei Blues Brothers non si offendano.
Ed ecco il rimedio omeopatico. Dire al giornalista: “Non ero un intervento a beneficio di Unipol. C’era un funzionario della CONSOB che voleva introdurre il metodo probabilistico per la contabilizzazione dei derivati. Un metodo che non è usato all’estero e non condivido…” E uno dice: ma guarda, noi ci accapigliamo sulla questione della comunicazione della probabilità per segnalare il rischio, e siamo tutti d’accordo sul fatto che la probabilità viene utilizzata per fare la valutazione, e invece Tremonti va oltre. Non gli va bene neppure “il metodo probabilistico per la contabilizzazione dei derivati”! E lui come li valuta? Per chi è interessato al caso Unipol-Fonsai, mi risulta (da bolognese che parla toscano) che i derivati in questione siano stati valutati anche da una società di consulenza bolognese, portando a risultati molto simili. E anche la società bolognese ha usato “il metodo probabilistico”, e sapete perché? Perché non ne esistono altri.
Facciamo un caso concreto: dovete valutare un’opzione sull’azione ENEL. Devo scusarmi, ma devo chiedervi ancora di utilizzare Excel. Un’opzione call, come nell’esempio riportato, conferisce alla data di scadenza (che si chiama esercizio), la differenza tra il valore dell’azione ENEL e un prezzo, chiamato prezzo di esercizio (strike), se questa differenza è positiva, e zero altrimenti. Nel nostro esempio la data di esercizio è venerdì 15 novembre ed il prezzo di esercizio è 3,2 euro, lo stesso del prezzo dell’azione alla data della valutazione: in gergo, è un’opzione “at the money”. Quanto vale questo diritto di opzione? Qual è il suo valore “equo” (fair value)? Perché sia equo, ci chiediamo come possiamo costruire, oggi 12 ottobre, una posizione che alla scadenza, il 15 novembre, abbia lo stesso valore dell’opzione. Ancora in gergo, ci chiediamo qual è il portafoglio di replica. Una volta trovato questo portafoglio, è equo che il nostro derivato abbia il suo stesso valore. Sarebbe stupido pagare di più. Sarebbe stupido per la controparte riscuotere di meno. In termini tecnici, la vostra controparte o voi potreste fare un “arbitraggio”, che significa fare soldi senza correre alcun rischio. Ora, qual è il portafoglio di replica della nostra opzione call at-the-money su ENEL? Seguite il foglio Excel e lo scoprirete.
Nel foglio Excel, riportiamo il prezzo di mercato corrente di ENEL e il prezzo di esercizio, entrambi uguali a 3,2 euro. Il tempo alla scadenza è circa un mese, il tasso è 0,50%, e il fattore di sconto (il valore oggi di un euro tra un mese) è 0,9995345. Assumiamo ancora il modello binomiale, il più semplice: alla scadenza, il 15 novembre, ENEL può salire a 3,4 euro (ENEL(H)), o scendere a 3 euro (ENEL(L)). In questi due casi, l’opzione pagherebbe 0,2 (venti centesimi) se ENEL è salita e zero se è scesa. Ora ecco la ricetta per il portafoglio di replica. Quante azioni ENEL ci dovranno essere nel portafoglio di replica? La formula è semplice: il rapporto tra la differenza del valore del derivato nei due scenari e la differenza di valore del sottostante (ENEL) nei due scenari: (0,2 – 0)/(3,4 – 3,0) = 0,5. Ecco la risposta: mezza azione ENEL, oppure: ogni due opzioni, un’azione ENEL. E di quanto debito abbiamo bisogno? Semplice. Selezioniamo uno dei due scenari, e ci calcoliamo il valore del debito che ci dà esattamente il valore dell’opzione. Ad esempio, 0,5X3,0 – 1,5 = 0. Il portafoglio di replica contiene quindi debito per 1 euro e 50 centesimi per ogni opzione. Quale sarà il valore “equo” dell’opzione? Beh, se l’opzione equivale a avere mezza azione ENEL e un euro e mezzo di debito, l’opzione dovrà avere lo stesso valore: 0,5 X 3,2 – 0,9995345 X 1,5 = 0,1006983. Come dobbiamo contabilizzare questa opzione? Forse Tremonti pensa a qualche cosa di diverso? Nelle università di tutto il mondo questo è l’esercizio che viene proposto in un corso di finanza quantitativa per principianti.
Qualunque valore contabile Tremonti abbia in mente, quello che chiamiamo mark-to-market o fair value di questa opzione si calcola come abbiamo mostrato sopra. Ma Tremonti ce l’ha con “il metodo probabilistico”. Cosa c’entra quindi la probabilità? Chi mi ha seguito su questo blog sa già calcolare il prezzo con “il metodo probabilistico” (ricordate “Scenari di probabilità a Kazzenger?”). Per chi si è perso la puntata, abbiamo riportato il prezzo anche in questo foglio Excel. Vi calcolate la probabilità risk-neutral che ENEL salga a 3,4 euro. La formula è: (prezzo ENEL/sconto – ENEL(L))/(ENEL(H) – ENEL(L)), e quindi, (3,2/0,9995345 – 3)/(3,4 – 3) = 0,503726. E ora che avete la famigerata probabilità risk neutral, potete calcolare il prezzo dell’opzione semplicemente. Calcolate la media del valore dell’opzione nei due scenari, ponderata con la probabilità, e moltiplicate questo valore atteso per il fattore di sconto. In soldoni: 0,9995345 X (0,503726 X 0,2 + (1 – 0,503726) X 0) = 0,1006983. Cribbio, ma è lo stesso valore di prima. Che sia un caso? No, è un teorema, è quello che chiamiamo il teorema fondamentale della finanza. Dice che se c’è un fair value, c’è una probabilità che può essere utilizzata per calcolare il prezzo. E se questa probabilità non esiste, il valore non è equo.
Ecco la storia. Quali sono le conclusioni? Ci sono due scenari. Quello benigno. Tremonti l’ha buttata in caciara senza sapere quello che diceva, e restano quei problemi di doppio lavoro e conflitti di interessi cui siamo ormai abituati. Nello scenario benigno il problema sarebbe locale. Temiamo invece lo scenario maligno, e cioè che questa posizione trovi riscontro negli organismi di definizione dei principi contabili internazionali (cosa che, per esperienze personali, non posso escludere). Questo scenario sarebbe globale, e sarebbe terribile e ridicolo allo stesso tempo (un po’ come il finale di “Per favore non mordermi sul collo” di Roman Polanski) e diffonderebbe nel mondo il grande morbo dei titoli tossici e delle valutazioni di bilancio fatte a capocchia.
Per favore non mordermi sul collo (Roman Polanski, 1967). Locandina
Scena finale: Sarah (Sharon Tate) sta per mordere Roman Polanski e diffondere il vampirismo nel mondo.