Dunque, mentre l’elettorato partecipativo incorona Renzi e mentre Renzi svolge (ha concluso pochi minuti fa) la sua lectio civile in puro stile bobkennediano e sul filo passano tanti messaggi di ravveduti, confermati, memori, speranzosi, con propositi di riaccendere i motori e di seppellire davvero la seconda Repubblica, le tv locali della Lombardia indugiano un po’ sul grinta-e-smorfia del neo-segretario della Lega, anche lui trionfante con stacco di cinquanta punti allo sfidante.
Per Renzi è battuta la vecchia guardia degli eredi del “migliore”, per Salvini è battuta la vecchia guardia del celodurismo.
Dovremmo chiamare al teleschermo i nostri figli e dire loro : ragazzi per voi è fatta, da domani datevi da fare per trovarvi il moschetto e fare la vostra parte, noi vi seguiremo trepidanti e, se richiesti, non faremo mancare qualche citazione argomentativa.
Già, perché i due Matteo hanno vinto alla grande e graziato le generazioni sconfitte. Che parteciperanno alle corse, ma senza patente.
Per chi ha risentito in Renzi un efficace compendio di “buon senso” – ha perfettamente ragione ad usare lui stesso questa espressione, accompagnandola con il richiamo all’ultima spiaggia – si riapre la percezione di una brezza sull’Italia.
Ma per chi ha sentito in Salvini un efficace compendio di vandea e forconismo – dove l’euro è criminale, l’Europa il nemico, Belzebù (ovunque sia) l’alleato – si riapre la percezione dell’inverno plumbeo sulla Lombardia.
Lombardia in cui Maroni è il centravanti in campo della squadra ora guidata da Salvini al governo in alleanza con il barnum dei circoli Forzasilvio da oggi lanciati per consegnare definitivamente al peronismo il destino di quella che doveva essere un moderna destra liberale e di governo.
La Lombardia si candida da oggi ad essere una anomalia in Italia e in Europa. In forma tale che, dipendendo dalla Lombardia una buona parte della potenzialità di risalita del PIL nazionale, il cambiamento del Matteo nazionale da domani mattina deve mettere in agenda al primo posto non l’annunciato regolamento di conti nel suo partito ma, prima, la rapida e saettante campagna padana per restituire alla Lombardia il diritto di giocare la sua partita nazionale ed europea.
Oggi – in una sala d’attesa di frecciarossa, commentando questi possibili dati – il mio amico Michele Mezza (che insegue la palingenesi del vecchio sogno olivettiano, per cui depone antichebandiere a favore del rilancio della “nazionale” che Renzi propone) mi dice argutamente che, in questa situazione, il prossimo Salone del Mobile si profila come il più importante congresso politico del 2014.
Sì, i fronti della tenuta dell’innovazione dovranno pronunciarsi sull’anomalia lombarda.
Ma questa volta – a differenza della campagna elettorale delle ultime regionali – anche il sistema di impresa, diffusamente ripiegato sulla paura nella Lombardia diffusa, dovrà sciogliere le sue ambiguità e dichiarare se partecipa o no a questo strano “congresso politico” promosso dalla società civile, dal civismo delle professioni, dai giovani che vogliono non solo l’apprezzamento per il merito ma anche il sostegno di questo merito nella battaglia globale che ci riguarda.