GloβL’arte va in loop con Achille Bonito Oliva

Interessanti le prime due puntate di Fuori Quadro che rileggono la storia dell’arte in chiave postmoderna: per Achille Bonito Oliva ricollegare il passato con il presente è un po’ una deformazione...

Interessanti le prime due puntate di Fuori Quadro che rileggono la storia dell’arte in chiave postmoderna: per Achille Bonito Oliva ricollegare il passato con il presente è un po’ una deformazione professionale. E in questo caso è un bene.

Perché la funzione teorica è stata sostituita con una promozione disconnessa degli artisti e dei generi, l’arte contemporanea oggi appare poliedrica e s’illude di essere senza schemi.

Achille Bonito Oliva (ABO), invece, unisce le tendenze contemporanee ai grandi movimenti passati, ma per ABO è come se l’arte fosse ciclica.

Nella prima puntata, l’arte totale proclamata dalle Avanguardie storiche (Bauhaus e Futurismo) permette di collegare il Barocco con la Biennale enciclopedica di Gioni, e nella seconda puntata, la scoperta dell’inconscio di Freud è alla base dei disordini del Dadaismo e dei suoi derivati contemporanei – e ABO si spinge fino alla cultura popolare.

In ogni puntata, dunque, abbiamo:

1) una tendenza collegata alla sua radice storica,

2) la testimonianza di un protagonista o di un rappresentante attuale,

3) l’interpretazione popolare della stessa tendenza.

È lo schema sociologico di Hauser.

ABO però non chiude mai le sue puntate con una soluzione, non pone l’arte come una ricerca rivolta al futuro, che mira ad un’evoluzione. In ogni puntata infatti, il tema affrontato è lasciato in sospeso come se non dovesse mai essere risolto.

Nella prima puntata si affronta il problema della totalità non solo come sintesi ma come onnipotenza, come ambizione di sapere tutto, di controllare tutto, ma non viene considerata l’arte che risolverà l’eccesso, la sovrabbondanza, l’esuberanza.

Uguale nella seconda puntata: si affronta l’agitazione sociale, l’esaurimento nervoso degli artisti moderni, senza aprire ad un’arte tranquillizzata, dominata. Come se l’arte dovesse essere di volta in volta soltanto l’illustrazione della società in cui nasce, invece che il suo ideale.

Ma per ora, Fuori Quadro è stato valutato solo nella forma, non nei contenuti. Il pubblico si divide tra fan e detrattori di ABO mentre qualcuno osserva l’audience. Non è mancato il paragone con Passepartout e qualche nostalgico commento, ma Daverio non è stato rottamato: ABO ne rappresenta la continuità.

Tuttavia le puntate di Daverio anche se registrate erano un appuntamento settimanale con l’attualità culturale, quelle di ABO risentono della differita per via del suo eclettismo – il marchio della teoria transavanguardistica. Basterebbe, per compensare, incentivare il dibattito sui social. O Fuori Quadro rischia di essere anche fuori tempo.

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