‘Troiaino‘ e’ il vezzeggiativo di troiaio, che e’ un’espressione dialettale fiorentina per indicare cose sbagliate o non particolarmente piacevoli a vedersi. Si tratta di una maniera per incorniciare qualcosa di sbagliato e scorretto, indeciso, scomposto, ma senza essere qualcosa di estremanente dannoso. Il troiaio e’ quello che si fa quando ci cascano le uova per terra, o quando ci sporchiamo con qualcosa. Un troiaio e’ anche un ragazzo od una ragazza non particolarmente piacenti, perlomeno due livelli sotto rispetto ad ‘un tipo’.
Invece, il troiaino e’ quella cosa piccola, ancora meno dannosa che fai, o, spesso, e’ associata al cucinare e mangiare qualcosa ai limiti della digeribilita’. “Ho cucinato come mi hai detto, ma mi e’ venuto fuori un troiaino, ma che ricetta mi hai dato?” Puo’ essere usato anche come sinonimo di gingillino, cosa di poco valore, insignificante.
La cosa importante e’ che tutte e due le espressioni sono accusatorie, di denuncia rispetto ad altri, a terzi. E l’espressione troiaino si applica per commentare e chiosare i risultati di persone a noi vicine o di cui ci interessiamo, anche nei campi della politica, della cultura. Ci saranno allora film che saranno troiai, libri che saranno dei troiaini e politici che hanno fatto poco poco e quel che han fatto era un megatroiaio. Nessuno sfugge, a questo ridimensionamento del reale, in un contesto, imposto dalla velocita’ delle nostre azioni. Ironia romantica e sarcasmo all’opera, con una sottostante implicazione: tutto quello che vediamo attorno, dalle relazioni industriali, a quelle personali, dal modo con cui si cucina il ragu’ fino alla suddivisione stechiometrica del potere nel paese e’ intoccabile, inattaccabile, non e’ modificabile o accade solo attraverso certi canali, certe consuetudini e certi passaggi che tutti devono seguire. In un contesto di una macchina del sistema italico che si muove solo secondo certe regole, ogni tentativo di riforma e di cambiamento che non passi da uno stravolgimento a dire il vero non visto in Italia per svariati decenni, e’ destinato a naufragare. O sara’ un altro troiaino, un insieme di tentativi, anche ammirabili, anche onesti e condivisi con la maggioranza delle persone ma non allineati con i ritmi della mutazione lenta di questo megalodonte che e’ il paese. Non piu’ Balena bianca, in Italia, il sistema politico/economico e’ assimilabile ad un essere primordiale, preistorico, che vive e si nutre di memorie, giustapposte al futuro, di ricorrenze, di corsi e ricorsi, ma dove la novita’ non viene digerita, e spaventa, oh se spaventa.
I soliti editorialisti e opinion makers diranno che siamo di fronte ad un periodo di nuove occasioni perse, di rincorse al potere, di soliti giochetti con nuovi attori, come se la mimesi del potere fosse un copione da recitare e su cui improvvisare, ma dove alla fine l’ordine costituito viene restaurato e recostituito, nella sua forma primigenia. Diranno che ogni tentativo sara’ un troiaino, che saremo di fronte ad una nuova rivoluzione incompleta, incompresa, ergo, non voluta, dove una nuova classe dirigente del paese non e’ altro che un pallido tentativo di imitare quella precedente e, come nelle riproduzioni seriali, con sempre meno contenuto ed esperienza. Ed e’ questo il rischio maggiore in Italia: la consapevolezza del limite che un manipolo di giovani senza particolari competenze se non la loro passione e la loro idea di cambiamento, non possano fare la differenza e tramutino, in una forma di Re Creso al negativo, ogni cosa che toccano in “troiaino“. Questo accadra’ se queste persone saranno lasciate sole, isolate sempre di piu’ rispetto ai corifei del potere, rispetto agli opinionisti dell’edizione domenicale del giornale hipster di turno. L’isolamento dorato che poi rischia di diventare vittimismo. Allora, il trucco e’ proprio qui, e’ spostare il dialogo, la discussione, dalla scelleratezza con cui certi cambiamenti sono accaduti, una scelleratezza profetica o no, non saprei, ai contenuti, a cosa possiamo fare, individualmente o collettivamente, per dare una mano. Si cresce e si matura, come diceva un mio vecchio professore di filosofia, facendo passi in territori sconosciuti, sbilanciandosi in ogni istante, sperando che non ci sia un abisso in cui cadere, ma le mani capaci e pronte di altre persone.
Allora, pur con tutte le mie riserve, le mie critiche, per niente velate o nascoste, ma evidenti, chiare, definite, nonostante tutti i miei dubbi, i miei distinguo, la mia prosopopea del ‘fosse stato per me’, rimane dentro un senso di opportunita’ e di occasione che una o due, forse tre generazioni, devono cogliere. Perche’ cio’ che ha fermato il paese nel suo sviluppo per tantissimi anni e’ stata la paura del successo degli altri, della riuscita, dell’affermazione di una visione della politica e della societa’ che fosse piu’ netta, fatta di colori vivaci, antitetici, ma ben definiti. Fuori dal grigiume e dalla cementificazione dei piedi e delle teste di chi ha provato in passato a cambiare. Il paese e’ stato immobilizzato dalla paura delle scelte e dei rischi, delle opzioni senza ritorno, del fallimento provandoci e non dello spegnersi non credendoci piu’. Allora, il nuovo governo deve forse aprirsi di piu’ rispetto a quella parte della societa’, quella sezione della classe dirigente emergente per meriti e non per affiliazioni, che e’ disposta a collaborare, a dare una mano, a chilometri e volumi zero. Deve scattare la grande promessa delle Leopolde, di far sentire tutti partecipi e responsabili del cambiamento. Non esistono colpe del singolo, di un uomo solo al comando, ma sono colpe ed errori che molti come me vorrebbero contribuire a fare.
In Italia, il sogno simil americano rimane appannaggio di chi parte e cerca fortuna altrove. Non esiste una via interna, endemica, all’affermazione, al compimento. Il mondo a ponte fra politica ed economia e’ un cantiere sempre aperto di discussioni, introspezioni e dibattiti alla fine e’ utile solo alla sua stessa natura, a procrastinarne l’esistenza. Invece, oggi, la struttura del paese potrebbe cambiare davvero. E non accade senza uno strappo, una forma di compressione e di dilatazione dell’esistente.
I prossimi mesi saranno vitali per evitare che anche questo ultimo tentativo di cambiamento, del primo governo Renzi non sia un ulteriore troiaino, ma un passo avanti verso un paese moderno, soprattutto nella deontologia dello sviluppo e della crescita, quella forma di rispetto di chi ci prova, con una sospensione del giudizio per un periodo tale che permetta la valutazione dei risultati. Un troiaino a posteriori, una volta tanto. Un gran bel troiaino collettivo.
SOUNDTRACK
Saschienne – Alle Mut
www.youtube.com/watch?v=PtmsoAbqT8w
Pocket – Hear in Noiseville