Uno strano virus colpisce la rete. Ma che i nerd si tranquillizzino: niente che possa trafiggere TOR, parlo di un virus psicologico.
Non è una novità, il sintomo paranoico – a maggior ragione dopo il Datagate – minaccia un’intera categoria: quella degli specialisti di digitale, dai giornalisti ai tecnici. Per cui ormai rientra nella fenomenologia contemporanea.
Ma chi se lo sarebbe aspettato da un Ministero?
Per chi aveva seguito il Net Mundial di Sao Paolo la settimana scorsa, c’è stata un enigma da parte del governo Italiano tutt’ora irrisolto, ovvero: perché aver ufficializzato la partecipazione italiana a vertice cominciato?
Questioni di burocrazia? Prudenza politica? Mancanza di fondi o d’interessi? Non si sa. Di fatto il ministero competente non pubblica un rapporto a fine summit e quei pochi giornalisti, inizialmente indignati dall’assenza italiana, per finire non indagano.
Caso archiviato? Non esattamente, grazie ai social e alla partecipazione civile.
Qualcuno si è stupito che la conferma della partecipazione italiana al Net Mundial sia arrivata “solo” su Twitter che non tutti riconoscono come piattaforma ufficiale.
Però meglio di niente: mi è bastato sollecitare il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) con un tweet per costringerlo a fare almeno su Twitter una conferma.
Inoltre girava on line anche un’Ansa – telegrafica – che specificava chi era sul posto a rappresentare il governo italiano. Una persona sola: l’esperta di sicurezza informatica Maura Gambassi (ISCOM), non un ministro come per le delegazioni ufficiali delle altre nazioni.
Al Net Mundial, gli altri rappresentanti italiani erano di Telecom o di Etno, non del governo. Gli altri paesi erano invece rappresentati dai due settori, privato e pubblico, equamente.
Inoltre, stranamente, la dichiarazione ufficiale italiana sul futuro di internet viene fatta dalla succitata incaricata al secondo e ultimo giorno e in veste quasi informale. Perché l’intervento italiano non è rientrato nella tornata dei discorsi ufficiali, perché non era in agenda il giorno dell’inaugurazione?
Forse, mi chiedo, c’è stato un ritardo, un ripensamento, un recupero last minute del ministero.
C’entra la diplomazia con gli Usa?
È plausibile che l’Italia abbia in un primo tempo agito di soppiatto, facendo autocensura, possibile che non abbia voluto rischiare di contrariare l’amministrazione Obama interpretando il vertice anti-NSA di Dilma Rousseff come dissidente e quindi inattendibile. Evviva l’autonomia.
Comunque, sempre su Twitter, è stato facile anche identificare l’account anonimo dell’inviata dell’ISCOM, quanto erano pochi quelli a twittare su Net Mundial dall’Italia. Alla mia domanda se era Maura Gambassi mi conferma di sì in un messaggio privato in cui chiede di non diffondere l’informazione. E non l’ho fatto, anche perché il nome del suo account è davvero imbarazzante (per entrambe).
Se non fosse che oggi Maura Gambassi mi chiede, sempre in un messaggio privato, di cancellare il tweet in cui durante il Net Mundial avevo indovinato la sua identità.
E qui sorge un problema etico classico, anzi sorge proprio il dilemma del datajournalism dibattuto a lungo con Greenwald, Snowden e Assange: come proteggere i dati senza modificare l’informazione? Come divulgare, comprovare fatti, senza toccare alla privacy? Non sia mai scoppiasse un MISEgate per colpa di un’intuizione.
Comunque non cancello un tweet su richiesta senza una spiegazione, rispondo. Al che, subito dopo, l’account personale della Gambassi è stato cancellato.
La notizia qui è che una funzionaria di ministero è terrorizzata dalle ripercussioni professionali di normali interazioni sui social. Con il nome che aveva scelto su Twitter fa bene a preoccuparsi, perché a dir poco non si prestava ad una seppur piccola posizione pubblica. Ma è sua responsabilità.
Invito perciò Maura Gambassi ad aprire un altro account che si confà direttamente all’immagine di tutta l’Italia. Perché potrebbe, così, senza preavviso, dover rappresentare il governo. Se di nuovo il ministero sottovaluterà gli eventi.