È passato da qualche giorno il compleanno di William Shakespeare. La data di nascita non è certa, ma lo si festeggia il 23 aprile. E noi, che di teatro viviamo, dovremmo celebrarlo molto meglio, e molto di più, del Natale.
Farci gli auguri, organizzare cene, stappare bottiglie, commuoverci, andare tutti alla sacra rappresentazione di un suo qualche testo. Potremmo vestirci come lui, anziché come il ciccione con i colori della coca-cola. Potremmo insegnare ai nostri figli dei sonetti, da recitare a memoria alla fine del pranzo (magari quelli più castigati).
Oppure, che so: allestire un presepe, ad esempio, a forma di Globe theatre in miniatura. Con Oberon e Titania a far da Giuseppe e Maria, certo con un Amleto-Bambinello e magari con l’asinello di Botton e il cavallo di Riccardo III (non mi vengono in mente buoi!) a riscaldare il trono-mangiatoia. E ancora con le statuine di Enrico V, di Lear e di Prospero a fare i re magi e portare in dono – anziché l’oro, l’incenso e l’inutile mirra – magari carta, penna e calamaio, guidati non dalla stella cometa ma da un Ariel svolazzante e foriero più di umana intelligenza che di fede.
Metterei anche le statuette di Romeo e Giulietta, in un qualche ordine di palchi del presepe shakesperiano, al posto dei pastorelli di turno; e poco lontani anche Antonio e Cleopatra che certo figurano meglio di centurioni e soldati; e in un angolo Falstaff e le allegre comari. Vicino al laghetto fatto con lo specchio, potremmo mettere una bella statuina di Ofelia; al posto del muschio la foresta di Birnam (ma poi se si muove?). Infine, sicuramente, ci vorrebbero Otello e Jago, ben riprodotti, appartati a discutere e spiare una Desdemona, che passeggia innocente, fraschetta com’è.
E sotto il presepe una miriade di regali: libri, ovviamente di poesia; abbonamenti ai teatri italiani; e tanta, tanta musica.
Perché si sa, Shakespeare amava la musica. I suoi testi erano infarciti di canzoni. Nei nostri allestimenti magari vengono tagliate, oppure cantante in fretta, quasi con imbarazzo, nella falsa certezza che il pubblico si annoi.
William era un perfetto librettista: se ne accorse bene il nostro Giuseppe Verdi, che è stato un gigante nello “sdoganare” – e portare al successo – i testi certo non facili del Bardo.
Allora, per il compleanno 450 di sir William Shakespeare, sicuro che nessuno mi avrebbe fatto regali, me lo sono fatto da solo, un regalo (la qual cosa capita a volte anche nei natali ufficiali). Mi sono preso un cd, di una giovane artista italiana, che lo ha però appena inciso in Belgio: sto parlando di Costanza Alegiani e del suo Fair is Foul and Foul is Fair (info su: www.improvvisatoreinvolontario.com oppure https://play.spotify.com/album/5yq5psXCNEyVJ0kvyQX4dy).
Affascinante, sin dal titolo che rimanda alle malefiche streghe del Macbeth, il viaggio in musica dentro l’universo shakespeariano. Alegiani firma una raffinata partitura che mette assieme improvvisazione jazz e arie tradizionali, cita e reinventa il Verdi dell’Otello e il possente Macbeth: bellissima la rilettura del Patria Oppressa. Con un organico di flauto (Jan Daelman), piano (Thijs Troch), Sax (Ben de Greef all’alto e Thomas Jillings al tenore), contrabbasso (Daniele Cappucci) e batteria (Armando Luongo), il concept album di Costanza Alegiani è un omaggio sentito e vero al verso musicale di Shakespeare, un misterioso affondo nelle brume dei sentimenti umani, un giocare con la tradizione e con il passato innervandolo di una essenzialità e di un respiro tutto contemporaneo.
Attingendo ai testi di Shakespeare, di Francesco Maria Piave e di Arrigo Boito – che di Verdi furono mirabili librettisti – Costanza Alegiani affronta coraggiosamente il cammino impervio di una poesia altissima e la declina in sonorità capaci di evocare raffinate ballads jazz o aspri songs alla Kurt Weill. È un cd da ascoltare con attenzione, scivolando da una traccia all’altra come da una scena all’altra delle opere shakespeariane: in ogni accenno si apre un mondo, ogni partitura evoca scenari possibili, altri, lontani. Costanza Alegiani si fa Ofelia o Desdemona o strega, donando a questi personaggi straordinari una voce delicata e possente, elegantemente vellutata.
Non è un disco facile, questo Fair is Foul and Fourl is Fair. Ma, come ogni teatrante sa bene, nemmeno Shakespeare è facile.
Ah, l’anno prossimo, il 23 aprile, ricordatevi di farvi almeno gli auguri.