L’onesto JagoGiovani, teatro e formazione a Roma

"Lo zoo di vetro" all'Accademia "Silvio d'Amico" Sorprese romane di primavera. Al teatrino dell’Accademia “Silvio d’Amico”, in via Vittoria – a due passi da Piazza del Popolo – scopriamo una...


“Lo zoo di vetro” all’Accademia “Silvio d’Amico”

Sorprese romane di primavera.

Al teatrino dell’Accademia “Silvio d’Amico”, in via Vittoria – a due passi da Piazza del Popolo – scopriamo una giovane talentuosa neo-regista. Stiamo parlando di Francesca Caprioli, che per il suo saggio di terzo anno sceglie di attraversare Lo zoo di vetro, di Tennessee Williams, svelando già un talento immaginifico e tagliente. Muove bene le sue pedine, la Caprioli, e con pochi elementi scenici imbandisce il dramma rendendolo credibile e attuale. Guidata dalla maestria di un “docente” come Arturo Cirillo – che tra l’altro si è recentemente cimentato proprio sull’opera del drammaturgo americano – la Caprioli dà al lavoro tensione e visionarietà. Bravi gli interpreti, che voglio citare: Gabriele Anagni (Tom), Laurence Mazzoni (Jim), Eleonora Pace (ottima nel ruolo di Laura) e Paola Senatore (Amanda). Qualche ingenuità, naturalmente, e qualche “gridato” di troppo non inficiano un lavoro che fa sicuramente ben sperare: ed è rinfrancate notare quanto e come la storica Accademia di Roma abbia ricominciato a sfornare talenti, interpreti capaci di leggere il contemporaneo, di attraversare codici e stili, di portare visioni giovani anche nel classico.

Altra sorpresa – che sorpresa non è, semmai una ennesima conferma di un pluriennale percorso – è Suite Rodari, la nuova vorticosa creazione del Laboratorio Integrato “Piero Gabrielli”, lo “spazio” creativo per giovani disabili e non, guidato con immutato entusiasmo, passione, competenza da Roberto Gandini, e curato da un impeccabile staff tecnico-scientifico.

In un teatro Argentina affollatissimo di spettatori anche giovanissimi (sono andato con mio figlio di 7 anni e tanti erano i bimbi felici di riempire la sala del Teatro di Roma, primo sostenitore del Laboratorio), le storie di Gianni Rodari hanno incantato ancora una volta. Con una drammaturgia, firmata da Attilio Marangon, che ha privilegiato le vicende “romane” – anzi “monteverdine” – il racconto di Suite Rodari si dipana tra le stramberie fantastiche del filobus 75, del semaforo blu, della rivolta delle macchine, di Miss Universo dagli occhi color verdevenere. Ecco ancora il funerale della volpe, il sole nero e il vestito nuovo dell’Imperatore, a tracciare un collage vitalissimo, divertente, a tratti emozionante e commovente per il candore partecipe dei giovani interpreti.

Sulle musiche gioiose e accattivanti create – ed eseguite dal vivo – dal bravo Roberto Gori; nelle funzionali scene di Paolo Ferrari e con gli eleganti costumi di Loredana Spadoni, questa Suite Rodari ha il sapore di una festa: di un intelligente divertimento, che mette assieme giovani di diverse età, con storie e vite diverse – spesso non facili. Sono certo che da lassù, il buon Rodari abbia sorriso.

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