È ufficiale: il progetto Celant per Expo è stato presentato oggi alla Triennale di Milano.
Piccole modifiche spazio-temporali ma ancora niente spoiler. Intanto il tema del progetto è passato al plurale, diventa Arts & Foods, forse per sottolinearne la molteplicità visto che la mostra declinerà in tutte le salse la storia del cibo, dall’arte al design alla produzione industriale. E certamente anche per ribadire la volontà di una visione non solo italiana ma globale della cultura del cibo.
Niente Padiglione Art & Food a Rho dunque com’era inizialmente previsto, la mostra a cura di Celant sarà ospitata nella sede della Triennale e sarà l’unico padiglione Expo al centro di Milano. Off tutti gli altri eventi in città.
Niente panico per l’architetto Italo Rota, si consolerà con l’allestimento dei 7000 mq della Triennale.
La retromarcia sulla location serva di lezione a chi sogna la decentralizzazione dell’arte: troppi i rischi e le condizioni per prestiti così prestigiosi in periferia. La trasferta di opere che andranno da Rubens a Oldenburg ha un costo e forse le garanzie di Rho non convincono le assicurazioni.
Lo scandalo del maxi-compenso di Celant aleggiava alla conferenza stampa stamattina nonostante il commissario unico Sala abbia sottolineato l’importanza degli sponsor: un progetto artistico di 6 milioni di euro per metà finanziato dai privati, un successo. Di che calmare un po’ le polemiche che finora sono soltanto servite a sviare l’opinione dalle reali questioni artistiche di Expo.
L’emergenza finanziaria dell’Italia resta il principale obiettivo della strategia culturale di Expo, e anche per la mostra di Celant l’intento è di “attirare investitori”, retorica del governo e del ministro Franceschini. E’ forse anche un modo elegante per scusarsi per il tema imbarazzante fra cibo e arte?
Stranamente nessuno fra i critici d’arte indignati per il supercompenso di Celant ha osato fare una critica artistica, e solo artistica, del progetto Celant per Expo. Dobbiamo forse concludere che tutti quanti approvano la mostra Arts & Foods? Chi oserà un’analisi critica delle scelte artistiche e culturali di Expo? Finora sul piano artistico-culturale risulta che da Bonami a Bonito Oliva a Celant i critici d’arte italiani sono tutti d’accordo.
Eppure, man mano che si avvicina il 2015, disturbare grandi maestri dell’arte solo per illustrare una tematica (seppur globale) appare sempre più come un espediente, molto più scandaloso di qualsiasi speculazione sui compensi.
Insomma provate a immaginare: quadri che hanno rivoluzionato la storia dell’arte si ritroveranno accomunati dal cibo. Le mele di Cézanne come la cattedrale di Rouen di Monet erano un pretesto per scardinare la percezione della luce e del colore, ma dopo cento anni torneremo a guardarle come semplici mele. Magari anche con l’acquolina in bocca, spera la Triennale pensando al futuro ristorante sul rooftop previsto per l’apertura della mostra.
Quale lettura allora per le nature morte più realistiche secondo questa logica? Dei Rubens e Brueghel come aperitivi visivi? Gli hamburger Pop di Oldenburg come mere incitazioni consumistiche?
Eccola quindi la faccia culturale delle tangenti di Expo: una diversione dei valori storici dell’arte. Per cui da questo punto di vista la mostra di Celant per Expo sarà revisionista. Perfino nella Eat Art di Spoerri – fra gli artisti scelti per Arts & Foods – che era anche un cuoco, il valore artistico delle cene è un altro.
E per finire, niente spoiler sui fortunati artisti emergenti che andranno a chiudere il percorso cronologico di 800 opere scelte da Celant. Sono aperte le scommesse. Chissà, forse la Biscotti per il nome appetitoso?