Gloβ“Musei e Cultura”: a Venezia un convegno sul futuro dei musei

La riforma Franceschini continua a sfornare novità nel campo culturale. L’ultima è la riattivazione della legge che permette di pagare le tasse con opere d’arte. Ma allo Stato italiano non mancano...

La riforma Franceschini continua a sfornare novità nel campo culturale. L’ultima è la riattivazione della legge che permette di pagare le tasse con opere d’arte.

Ma allo Stato italiano non mancano certo le opere d’arte, al contrario il problema del governo è come gestire, conservare e far fruttare un immenso patrimonio artistico votato al degrado dalla crisi e dal malaffare. L’Art Bonus è stato appunto pensato per coinvolgere i privati e attirare investitori.

Oggi a Venezia il convegno “Musei e Cultura” ha riunito dirigenti di musei internazionali per dibattere sul futuro dei musei. Stamattina sono intervenuti i direttori dell’Hermitage, del Prado, del Victoria & Albert Museum seguiti da Paolo Baratta il presidente della Biennale di Venezia e dal Ministro Franceschini.

Attriti tra Franceschini e Baratta sulla questione della valorizzazione dei Beni Culturali, a dimostrazione che la riforma culturale non è affatto scontata.

Il presidente della Biennale di Venezia si è dichiarato preoccupato dell’enfasi crescente intorno al “management culturale”: non si contano più i corsi e le formazioni focalizzate sulla gestione economica dei musei ma che secondo Baratta non può prescindere dalla ricerca scientifica.

Dopo Baratta, Franceschini è sembrato a corto di argomenti convincenti. E per incoronare il no dei Bronzi ad Expo, il ministro Mibact decide di rompere definitivamente con gli standard museali internazionali: alla globalizzazione del Louvre, Franceschini risponde con la “territorialità” degli Uffizi. Davvero imbarazzante.

Per Franceschini la “scommessa culturale italiana” – come recita il titolo del convegno – è di mandare i capolavori in giro per le scuole piuttosto che nei musei internazionali. L’Italia sembra rassegnata a giocare in serie B.

Franceschini non era l’unico a finire nel mirino del presidente della Biennale di Venezia. Dopo il discorso trionfante sul modello gestionale inglese che il tedesco Martin Roth (direttore del V&A Museum) ha proclamato superiore al modello francese e americano, Baratta ha voluto ricordare che sia l’Hermitage che il museo V&A dovevano parte della loro collezione all’“emorragia” di beni culturali svenduti dall’Italia, causa in passato una disastrosa politica culturale.

Ma aprire il capitolo “arte contesa” è come speculare sulla restituzione della Gioconda: una polemica poco costruttiva e fuori luogo, per lo più ora che l’Italia ha deciso di restare in panchina.

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