L’obiettivo di una rivista satirica, anarchica e iconoclasta come è sempre stata Charlie Hebdo è quello di fare a pugni con il potere e il conformismo, è quello di demistificare i simboli, gli idoli, i santi, gli intoccabili, gli eroi, le certezze inscalfibili, insomma.
Oggi, dopo la strage che ne ha decimato la redazione, Charlie stesso è diventato un simbolo: un simbolo della libertà di espressione, del diritto di ridere, del sacrosanto diritto alla leggerezza, ma contemporaneamente è diventato anche un idolo attorno al quale si è raccolto un pubblico enorme e prima mai raggiunto (irraggiungibile, se si conta che il prossimo numero, che uscirà domani, verrà stampato in tutto il mondo in 3 milioni di copie).
Ieri sera, Zineb El Rhazoui, una reporter di Charlie Hebdo, intervistata su France 3 a proposito del nuovo numero di Charlie che uscirà domani ha sottolineato proprio questa sfida, demistificare se stessi, ovvero essere Charlie Hebdo elevati alla Charlie Hebdo:
Noi di Charlie Hebdo abbiamo sempre avuto come obiettivo distruggere i simboli. Oggi ci troviamo ad affrontare la sfida di decostruire il simbolo che noi stessi siamo diventati, nostro malgradoMercoledì Charlie Hebdo uscirà anche in Italia, allegato al Fatto Quotidiano. E a me spiace non credere nel paradiso, perché mi perdo l’occasione di immaginare Charb, Cabu, Wolinski, Tignous e tutti i loro colleghi che, da dietro i nembi dell’ipernefelo guardano in basso, e si ribaltano dal ridere vedendo un esercito di benpensanti piccolo borghesi imbarazzati sfogliare Charlie e, magari, far pure finta che gli piace…