Aggiornamento, ore 13.00: stamattina, dopo la pubblicazione di questo blog e di un altro di Giacomo Bevilacqua (uno degli autori coinvolti) su Wired, sul web è esplosa un'ondata di proteste e di in...
Aggiornamento, ore 13.00: stamattina, dopo la pubblicazione di questo blog e di un altro di Giacomo Bevilacqua (uno degli autori coinvolti) su Wired, sul web è esplosa un’ondata di proteste e di indignazione verso l’operato del Corriere, che ora si è degnato di rispondere. Non sono però le scuse formali richieste da Recchioni, tutt’altro. È un semplice Post Scriptum pubblicato in calce all’articolo generico con cui hanno lanciato l’iniziativa, scrivendo quanto segue:
Post Scriptum (dopo le polemiche): Il ricavato di questa operazione, è bene ribadirlo, sarà devoluto interamente a favore delle vittime della strage e del giornale Charlie Hebdo. Aspettare di avere l’assenso formale di tutti gli autori, a nostro giudizio, avrebbe rallentato in maniera sensibile l’operazione. Comunque sul libro, in seconda pagina, c’è scritto con chiarezza che «l’editore dichiara la propria disponibilità verso gli aventi diritto che non fosse riuscito a reperire»
Personalmente credo che questa risposta non sia soltanto insufficiente, ma che sia addirittura peggio del silenzio. Da queste righe emergono alcune cose gravissime:
1. Credere che una cosa fatta per beneficienza, di conseguenza, vada bene a tutti è sintomo di ingenuità inaccettabile per un giornale come il Corriere, va bene per una classe di scuola media, al limite.
2. Pensare che la fretta possa essere una giustificazione è idiota, anche per un ragazzo delle medie. Se ci sono delle regole, ci sono delle regole.
3. Scrivere che «l’editore dichiara la propria disponibilità verso gli aventi diritto che non fosse riuscito a reperire» senza fare alcuno sforzo di reperire gli autori è ridicolo.
4. Non rispondere alle accuse in modo sostanziale, ovvero scusandosi è una cosa inaccettabile. Inaccettabile. Avete fatto una cazzata? Chiedete scusa. Anch’io stamane, scrivendo questo pezzo di fretta, mi son fatto scappare dei refusi terrificanti. Quando me l’hanno fatto notare ho chiesto scusa, e ho corretto.
* * *
Il Corriere della Sera l’ha fatta grossa, almeno a quanto leggo su Facebook dagli interventi di diversi amici illustratori e fumettisti. Pare infatti che il prestigioso quotidiano di via Solferino abbia pensato bene di uscire con un instant book dedicato alla libertà di espressione intitolato Matite in difesa della libertà di stampa, pubblicato per scopi benefici e coprodotto da Rizzoli Lizard.
L’iniziativa del Corriere, il quotidiano più antico e prestigioso d’Italia, voleva essere tre cose: un omaggio a Charlie Hebdo e ai suoi morti, un dichiarazione in difesa della libertà di espressione e un sostegno alle famiglie delle vittime (il ricavato sarebbe andato interamente a sostegno delle vittime). Ma è riuscito ad essere uno scivolone imbarazzante. Il motivo? Per mettere insieme il volume, a quanto pare impaginato addirittura con immagini a bassa risoluzione buttate in pagina praticamente a caso, nessuno degli interessati pare essere stato contattato. Nessuno degli autori sembra essere stato avvisato, nessuno avrebbe ricevuto non dico una telefonata, ma nemmeno una mail, un messaggio su facebook, un tweet che chiedesse l’autorizzazione e informasse del progetto.
[Aggiunta delle ore 9.46: mi hanno segnalato che almeno un autore è stato effettivamente contattato, si tratta di Bruno Bozzetto]
La cosa è stupefacente. Come possono aver pensato, in via Solferino, di avere il diritto di farlo? Come possono non aver neanche per un minuto pensato che quelle vignette che stavano maneggiando non si erano autoprodotte per osmosi sul web, ma che erano il frutto del lavoro d qualcuno. Come diavolo è possibile che nessuno abbia fermato tutti dicendo: un momento, ma forse prima di stampare migliaia di copie di un volume con il lavoro di millemila sconosciuti che abbiamo rubato su Facebook, non dovremmo chiedere l’autorizzazione?
Se così fosse sarebbe imbarazzante e gravissimo, perché significherebbe una serie di cose che non vorremmo mai associare al prestigioso quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli: inadeguatezza, impreparazione, ignoranza anche solo delle regole minime di funzionamento del mondo. Non riesco a trovare un motivo valido per cui questa cosa è successa. E direi che, se c’è, il Corriere dovrebbe farcelo sapere.
A tal proposito mi sembra che sia stato molto più preciso di me Roberto Recchioni, che sul suo blog ieri pomeriggio, ha pubblicato una lettera aperta al Corriere. Recchioni l’ha messa giù per bene, preciso e incazzato, mettendo in fila tutta una serie di problemi che sono interessanti da leggere anche solo per capire cosa c’è dietro a “una semplice vignetta”. Recchioni chiede le scuse formali del Corriere «sulle pagine del giornale, quello di carta». Credo che abbia ragione.
Prima di leggere un estratto, un’ultima cosa, la ciliegina sulla torta. Nell’articolo pubblicato dal Corsera sul suo sito per presentare il progetto — articolo che non prevede nemmeno un retropensiero al fatto che quelle opere avessero degli autori — Paolo Restelli chiude con un ragionamento che vorrebbe sembrare alto, rispettoso, problematico, insomma, dando un tono a tutta l’operazione che, alla luce di questa madornale poverata, suona ridicolo:
In redazione abbiamo discusso a lungo se pubblicare o meno alcune delle vignette che avevano destato la collera degli integralisti. Abbiamo deciso per il no perché, pur essendo convinti che tra le libertà fondamentali ci sia quello di esprimere liberamente qualunque pensiero, anche quelli blasfemi, siamo altrettanto convinti che ci siano sensibilità che vanno rispettate.
Non pubblichiamo vignette che siano blasfeme per i musulmani come non ne pubblichiamo che siano blasfeme per i cristiani e per il mondo ebraico. Quindi il libro contiene alcune vignette di Charlie Hebdo , ma non quelle considerate più offensive. Le altre, pubblicate su oltre 300 pagine, sono quasi tutte quelle circolate in Rete nelle ore immediatamente successive alla strage. Un modo per non dimenticare e per riaffermare la libertà di espressione, nel rispetto di tutti.
Nel rispetto di tutti. Imbarazzante.
Ora leggetevi questo estratto della lettera aperta di Recchioni, vale proprio la pena:
Ora, magari sono strano io ma… se decidi di usare una mia immagine postata sul mio blog, o sulla mia pagina FB, o sul mio Instagram, o su qualsiasi altra piattaforma digitale a me intestata, sarebbe cosa gentile chiedermi il permesso di poterlo fare.
Magari io non ho piacere di collaborare con il tuo gruppo editoriale.
Magari – se voglio fare beneficenza- faccio un bonifico.
Magari non voglio essere associato ad alcuni dei punti di vista espressi da altri autori presenti nel volume.
Magari non ho piacere che il mio lavoro sia presentato in maniera orrenda, con un file a bassa risoluzione.
Magari non voglio che tu ti faccia bello e nobile con la mia roba.
Magari non voglio che una cosa che ho realizzato per uno specifico contesto e su una specifica piattaforma, sia usata da te in un contesto e su una piattaforma del tutto diversa.
Magari non ho piacere che una mia opera, nata da un preciso stato d’animo, sia commercializzata. Nemmeno per fini benefici.
Magari non amo essere scopato a mia insaputa. Almeno mandami dei fiori.
Ora, concludendo, io non ho nulla contro l’iniziativa del Corriere.
Anzi, mi sembra una cosa con un buon fine.
Ma i mezzi per metterla in pratica sono stati osceni.
Mi piacerebbe ricevere una lettera di scuse formali.