In un’epoca in cui faticano perfino le testate tutte incentrate con un protagonista riconoscibile, avviare due anni fa una collana dal titolo programmatico le Storie, senza personaggi fissi, ma tutt’al più qualche character che di tanto in tanto può far capolino pressoché all’improvviso nel numero del mese, sembrava un’idea folle.
Ma si sa, alla Sergio Bonelli Editore amano le sfide… fin dal 1941 quando il capostipite del fumetto italiano, quel Giovan Luigi Bonelli che più tardi inventerà Tex a sua immagine e somiglianza, rileva la testata L’Audace e inizia la storia di quella che in pochi decenni si afferma come la maggiore casa editrice di narrativa disegnata del Bel Paese.
Ogni mese storie, protagonisti, ambientazioni e suggestioni diverse, quindi: l’idea di partenza è dichiaratamente la celebrata collana di cartonati di grande formato in edicola Un uomo un’avventura (1976-80) – graphic novel di lusso quando ancora di graphic novel non si parlava – anche se i tempi di oggi hanno saggiamente spinto a rifarsi al più classico brossurato bonelliano come la Collana Rodeo (1967-80) al cui interno apparvero gli episodi della Storia del West di Gino d’Antonio… giustamente l’opera di cui, insieme alla prima serie di Ken Parker (1977-84), Sergio Bonelli andava più orgolioso.
Come sempre in questi casi, a buone storie si alternano piccoli gioiellini e qualche (ri)lettura senza infamia e senza lode: ma la qualità in genere non delude. Inoltre Ogni tanto emergono quelli che a tutti gli effetti possono ritenersi albi “numeri uno” per serie o miniserie future. È già successo con il n.2 “La redenzione del samurati” (2012) di Roberto Recchioni e Andrea Accardi, che ha avuto un seguito nel n.15 “I fiori del massacro” (2013) ed è in procinto di divenire una miniserie: non ci stupiremmo avvenisse lo stesso anche con questo n.28 “Mercurio Loi”, terza fatica dell’affiatata coppia formata dal poliedrico sceneggiatore Alessandro Bilotta con il puntiglioso disegnatore Matteo Mosca, dopo il psicologico n.5 “Il lato oscuro della Luna” (2013) e lo spionistico n.16 “Friedrichstrasse” (2014).
Piacevole noir d’atmosfera con accenni fantastici ambientato nella Roma papalina (già esplorata da Bilotta nella miniserie Valter Buio , per la Star Comics nel 2010-11) del 1825, la vicenda fa della capitale a tutti gli effetti una coprotagonista della storia, che entra subito in medias res con le indagini dell’eponimo erudito professore universitario che di notte coinvolge il suo allievo Ottone De Angelis nell’investigare su misteri da far invidia a Indiana Jones, Martin Mystère e i personaggi di Dan Brown (tanto per capirci).
Società carbonare e passaggi segreti, azione e sentimenti, riti pagani e superstizione, morti sospette e l’impressione che si rivela realtà per cui nulla e nessuno è come sembra: i topoi della letteratura popolare ci sono tutti ma non disturbano e anzi affascinano, anche per la rara occasione di vedere storie ambientate in Italia da autori nostrani. Al buon pastiche letterario di Bilotta si accompagna lo stile dettagliato eppure evocativo (complice le nebbie a Castel Sant’Angelo e i crepuscoli romani) dei disegni di Mosca, in un bianco e nero suggestivo che nulla ha da invidiare ad analoghe opere a colori della più blasonata scuola franco-belga.
Dopo lo smacco di vederci raccontare la nsotra storia dai giapponesi con Cesare, il creatore che ha distrutto di Fuyumi Souryo e dai francesi con I Borgia di Alejandro Jodorowski e Milo Manara, anche in Bonelli capita sempre più spesso di appassionare i lettori a partire dalle mille avventure attorno ai grandi fatti magari sepolti nei libri scolastici, dalla miniserie Volto Nascosto (2007-08) ai “romanzi a fumetti” di Gigi Simeoni, Gli occhi e il buio (2007) e Stria (2011).
Mentre il resto della fiction contemporanea sembra avvitarsi su stessa attraverso sequel, prequel, remake e reboot, il fumetto nostrano può trarre nuova linfa proprio attingendo ai millenni di storia patria, e non soltanto (come l’ottimo n.26 della serie “Il tesoro di Bisanzio”). Una direzione che potrebbe rivelarsi particolarmente feconda: speriamo che i germi iniziali abbiano un seguito all’altezza.