THE BLAIR MUM PROJECT: blog di una mamma (e figlia) a LondraCare amiche.

Care amiche mie, Oggi è Lunedì e nonostante voi siate appena partite, non ho ancora rifatto i letti, ne buttato via i biglietti del cinema o quel menu che mi sono ritrovata in tasca per caso. Mi so...

Care amiche mie,

Oggi è Lunedì e nonostante voi siate appena partite, non ho ancora rifatto i letti, ne buttato via i biglietti del cinema o quel menu che mi sono ritrovata in tasca per caso. Mi sono svegliata alle 8, stamani,  ed accanto a me avevo Viola, ancora assopita, con i suoi occhi a mandorla e la pelle liscia, bianca. Ho guardato dall’altra parte come per cercarvi ancora confusa nel mio lento risveglio. Ma voi eravate già partite. Viola era triste perché ha trovato Coti, il suo orso che le hai regalato tu, Costi, svestito di quegli abitini che abbiamo comprato insieme Venerdì da Hamleys, sbagliando taglia. Sono riuscita a distrarla, ma se voi foste state qui, care amiche, sono certa che avreste trovato insieme una soluzione molto più creativa della mia. Come quando, sempre venerdì sera, all’Italian Bookshop, siete riuscite a calmare la sua stizza senza che io me ne accorgessi ed insieme siete tornate a casa, lasciandomi lì alla mia conferenza. Quando vi ho poi raggiunte, Bizzi tu avevi già svestito Viola, le avevi messo la sua camicia da notte rosa con i coniglietti bianchi e le avevi dato da mangiare. Costi, tu le raccontavi “La fabbrica di cioccolato”, probabilmente per 40 minuti senza sosta perché sai che Viola è, come dire, esigente. Roald Dahl. Ricordi quando eravamo piccole ed io vivevo ancora a Genova, non vedevamo l’ora che uscisse un suo nuovo libro per poterlo divorare? C’era il GGG, Matilde, Le Streghe, Gli Sporcelli…. avevo persino comprato l’audio book per ascoltarli in Inglese, tanto ero affascinata da quello strano autore, che ai miei occhi appariva straniero e vecchio, eppure così pieno di fantasia e colore. Stamani ho vestito Viola ed insieme siamo scese in cucina per fare prima colazione: ho trovato un avanzo della torta alle carote della nostra cena di sabato sera e ne ho mangiata una fetta, mentre Viola ha finito i cereali. Poi l’ho accompagnata a scuola e sono stata pervasa da uno strano senso di solitudine, di fatica, come se adesso a sorreggere la mia vita non ci foste più voi. Forse davvero mi avete sollevata in questi due giorni insieme. Sollevata dall’idea che se si diventa qualcos’altro, madre, moglie, se si cresce, non per forza ci si dimentica di chi siamo state e le nostre sonore risate chiuse in bagno intente a truccarci, sono una chiara conferma di tutto ciò.  Ogni cosa torna al suo posto ed è così familiare improvvisamente. Sollevata dal fatto che voi, amiche mie, sapete meglio di me chi sono, conoscete ogni sfumatura di un mio pensiero, ogni suono delle mie parole ed ogni riflesso di luce che tocca i miei occhi e li fa socchiudere o aprire svelando la mia immensa curiosità. Sollevata perché voi sapete di me ogni cosa, e quando nelle nostre frivole conversazioni finisco per parlare di Orlando, so che soffrite con me, perché voi, amiche care, eravate lì quando mi avete accompagnata in ospedale alle prime doglie, quando Orlando non c’era più, e dopo, quando il dolore era straziante. Mi avete sollevata care amiche, venendo a trovarmi a Londra, nella mia città che ogni giorno cerco di conquistare, sola e con tutte le mie energie, forzando un sistema poco elastico ma che condivido e rispetto. Sabato mattina, quando ci siamo svegliate, avete preso Viola nel lettone e ve la siete coccolata tutta, tanto che quando siete partite era triste di non aver potuto salutare le sue zie-amiche, perché voi siete anche amiche sue, sapete? Ho fatto le corse per portarla a giocare dall’altra Viola, la sua amica migliore, dove sarebbe rimasta anche a dormire, ed ho fatto tardi al nostro appuntamento inderogabile: voi avete scelto il rosso, io il grigio-marrone. Con le mani dipinte siamo andate al pub che avevo prenotato, il preferito di Costi, proprio dietro casa, e tu Bizzi ti sentivi poco bene, mentre Costi ed io abbiamo mangiato ai quattro palmenti, avidamente e con ingordigia. Mi sono sentita al caldo e circondata di affetto al quadrato, all’ennesima potenza, per potermi sentire libera di girare sciocchi film interpretando una capra insieme a voi che ridevate di me e con me. E il tempo vola ma noi non abbiamo fretta di vivere, piuttosto ci siamo lasciate vivere dal tempo che ci ha riportate a casa, a riposarci sul divano giallo coi cuscini verdi, dalla nostra grande abbuffata. Ci siamo guardate un film nell’attesa di andarne a vedere un altro al cinema e quando poi è sceso il buio, siamo partite. Che cosa strana avervi qui amiche care, a 1500 chilometri da casa nostra, o perlomeno, vostra. E scegliere di andare al cinema, ignorando il resto del mondo e tutti gli stimoli culturali che una città come questa offre. Abbiamo chiuso le porte e lasciato tutti fuori. Siamo rimaste noi tre, felici del nostro tempo così delicato e ricco, che ci tiene strette l’una all’altra, ognuna con la sua storia ed un io in relazione con noi, forse diverso da quello di tutti i giorni, eppure così forte e viscerale che riconosciamo e accettiamo come fossimo una tribù. Il cinema era pieno, fuori diluviava e noi dentro accovacciate sul divano in velluto rosso che avevo prenotato per voi, con il plaid viola sopra per tenerci caldo. Due bloody mary ed un filmindimenticabile. Avevamo un menu giapponese che ci aspettava, dopo il film, insieme alla mia amica Chiara, ma siamo andate a casa a far sdraiare una di noi che non si sentiva bene. Passando per il supermercato. Facendo incetta di schifezze brevettate alla chimica e grasse risate di supermercati aperti la notte e noi a vagarci dentro quasi possedute dalla voglia di cioccolata. E poi l’ennesimo film, questa volta sdraiate per terra sulla moquette del salotto. Care amiche mie, che belli quei minuti dentro un’ora, quelli più speciali di tutti, quelli che filtrando il tempo, restano appesi nelle nostre memorie e riemergono facendoci sorridere. 

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