Giovine Europa nowValori in crisi: parola a Kees van der Pijl

E’ un piacere e un grande onore ospitare Kees van der Pijl, Professore emerito di Relazioni Internazionali alla University of Sussex e tra i massimi studiosi mondiali di politica internazionale. Pe...

E’ un piacere e un grande onore ospitare Kees van der Pijl, Professore emerito di Relazioni Internazionali alla University of Sussex e tra i massimi studiosi mondiali di politica internazionale. Per chi vuole saperne di piu’, http://sussex.academia.edu/KeesVanderPijl (inglese)
http://oorlogisgeenoplossing.blogspot.nl/ (olandese). Kees ha lavorato alla University of Amsterdam ed e’ poi stato Professor a Sussex (2000-2010), dove ha fondato e diretto il Centre for Global Political Economy. Qui ci parla di un po’ di tutto, dal terrorismo al capitalismo autoritario. Questa una versione in inglese dell’intervista: https://www.opendemocracy.net/ernesto-gallo-giovanni-biava/crisis-of-end…. Grazie a Kees e buona lettura!

Partiamo da eventi attuali e molto discussi. Qual è il significato della recente ondata di cosiddetti “attacchi terroristici”, a Suo parere? Perché proprio ora?

La mia impressione è che stiamo assistendo ad una ripetizione della “strategia della tensione” degli anni settanta, almeno in alcuni aspetti chiave. Naturalmente ci si basa su informazioni limitate ma ogni dettaglio conta e aiuta a dare forma ad una sorta di quadro. Sulla base del mio studio di una serie di questi incidenti, vorrei dire tre cose. In primo luogo, in una crisi veramente grave come stiamo vivendo ora, si ricorre a tattiche segrete e non ortodosse, oltre che alla politica “normale”. In secondo luogo, ci sono in ogni società frange (sia nell’apparato statale che nei gruppi di opposizione, tra cui il crimine) che hanno la capacità di usare la violenza. In terzo luogo, quando accadono eventi in cui tali gruppi sono coinvolti, occorre interpretarli, almeno in termini di possibilità, alla luce del primo punto. In altre parole, occorre considerare la possibilità che a frange violente sia stato permesso, in modo piu’ o meno esplicito, di colpire.

Gli attacchi di Parigi sono a mio avviso sospetti. Troppi dettagli sono ambigui; ad esempio, il fatto che assassini molto professionali lascino entrambi le loro carte d’identità nell’auto in fuga, un terzo sospetto venga identificato immediatamente, ma mentre si trovava a scuola, il fatto infine che i sospetti siano stati uccisi anziche’ risparmiare almeno uno di loro per interrogarlo e processarlo. Tutto cio’ nel quadro di una “crisi” in cui la Francia e’ stata troppo esitante, sia nel sostenere politiche aggressive e sanzioni contro la Russia, sia nel sostenere politiche di austerità nell’Eurozona e a tale proposito attuare riforme neoliberiste. Inoltre essa aveva appena riconosciuto lo stato palestinese. Poi c’e’ stato il “teatro di massa” di tutti i leaders, oltre al ruggito “Je Suis Charlie” mentre obiettivi “islamici” venivano attaccati a destra e a sinistra.
 

Quali sono le responsabilità dell’Occidente (e dei suoi alleati del Golfo) nella crescita del “Terrorismo islamico”?
 
Quando ebbe luogo l’11 settembre, l’allora leader del partito conservatore britannico, Michael Howard, disse che si trattava di un crimine, e andava investigato come tale. Invece abbiamo dichiarato guerra e in assenza di un colpevole identificabile in termini di diritto internazionale, abbiamo invaso un paese dopo l’altro. Poco prima, c’era stato l’intervento in Yugoslava (dopo il 1991). Paul Wolfowitz disse al tempo che gli Stati Uniti avevano una finestra di circa dieci anni o giù di lì per liberarsi di tutti i regimi che in precedenza avevano ricevuto supporto sovietico, per cui la NATO o gli Stati Uniti da soli avrebbero dovuto attaccarli il piu’ presto possibile. Russia e Cina per motivi diversi al momento non erano in grado di resistere a questa trasformazione verso una campagna di intervento militare.

Poi c’e’ la lunga storia di sostegno anglo-americano a gruppi islamisti di vario tipo contro regimi nazionalisti o tendenti a sinistra e in realtà anche contro l’Unione Sovietica sia in Afghanistan che  attraverso incursioni in repubbliche sovietiche dell’Asia centrale e del Caucaso. Cio’ ha creato una zona d’ombra tra gruppi supportati e armati dall’Occidente, che allo stesso tempo erano anche anti-occidentali. Al-Qaida è l’esempio piu’ ovvio, la Fratellanza Musulmana in Egitto ne è un altro. Allo stesso modo Israele supportava Hamas contro l’OLP e così via. È da queste zone di ombra che possono essere mobilitate reclute per una strategia della tensione. Anche l’Algeria è importante in questo senso, ho visto materiale credibile sulle connessioni dell’ intelligence algerina con gli eventi di Parigi, ma non è facile capire come e di cosa si tratti. Cio’ dimostra come la “guerra al terrore” e tutte le sue ramificazioni generano un vasto serbatoio di forze incontrollabili e instabilità strutturale nel mondo.

Infine c’è la pianificazione a lungo termine di una guerra al terrorismo, che risale agli anni ottanta e coinvolge due figure dell’ estrema destra repubblicana come George Shultz e Binyamin Netanyahu, che allora era l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite. Attraverso la famiglia Bush ci sono collegamenti tra questo progetto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. C’è una crescente letteratura su questi legami, con Peter Dale Scott tra i più affidabili, ma anche Jeremy Scahill, Steve Coll e altri, che li documenta con dovizia.
 

In che modo l’ISIL è diverso da  al-Qaeda ISIL? Che cosa si potrebbe fare per portare pace nella regione?

Sembrerebbe che l’ISIL sia in parte una realizzazione del progetto al-Qaeda (compresi i loro sostenitori in Arabia Saudita, che calcolarono che rivolgendo il radicalismo wahhabita all’esterno avrebbero evitato di doverci fare i conti a casa loro). Qui, gli incidenti della Mecca nel 1979, quando la Grande Moschea fu sequestrata, furono un grave avvertimento di ciò che tale radicalismo sarebbe potuto diventare se non incanalato in un “jihad” straniero. Ma questi progetti sfuggono al controllo anche dei sostenitori più potenti. Gli USA e gli Stati arabi del Golfo hanno ormai perso il controllo dell’ISIL – o così mi pare. Può anche essere un controllo parziale, ci possono essere solo delle sezioni fuori controllo, come ora in Libia, mentre il cuore è seduto tranquillamente e da solo a cavalcioni degli itinerari degli oledodotti che collegano Iran, Iraq e Siria. Ma questa è pura speculazione. Qualcuno deve pur pagare per tutte queste nuove divise, i nuovi SUV che guidano ecc. Sara’ il petrolio, che vendono, tra gli altri, all’Unione europea…Non si dimentichi che Mosul, sin dall’epoca ottomana, e’ il centro “storico” della produzione iraqena di petrolio.

Portare pace nella regione è diventato molto difficile. Israele vuole il Medio Oriente in subbuglio e stati minati da lotte interne. Libano e Iran sono ben consapevoli di ciò. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che supportano le grandi imprese petrolifere e servono il più grande mercato di armi nel mondo (l’Arabia Saudita, in particolare), non hanno poi alcun interesse a qualsiasi stabilizzazione ad di fuori delle fortezze che hanno deciso di proteggere.

Non ci sarà alcuna alternativa all’ aprire un canale di comunicazione a tutti i gruppi radicali e ai gruppi Sunniti dietro di loro. Ho letto che gli esperti di armi ISIL sono veterani dell’esercito di Saddam, questo genere di cose. Ma forse è giunto il momento in cui solo un ritiro completo dell’ influenza occidentale è la precondizione al ritorno a una sorta di stabilità.

Spostiamoci ora nell’area ex URSS. Chi e’ responsabile per gli sviluppi in Ucraina – l’occidente, la Russia, oligarchi locali?

Gli oligarchi hanno spogliato l’Ucraina sin dal primo giorno. Quando andai a Kiev nel 2008 per un paio di giorni per contribuire a discussioni su una futura strada percorribile per questo stato travagliato e diviso, vidi manifestazioni contro povertà e corruzione ogni giorno – alcuni centinaia di manifestanti qui, un migliaio là.

Dal 1991 l’occidente ha costantemente spinto per isolare la Russia. Frontline Ukraine di Richard Sakwa è il racconto migliore scritto da un vero specialista, le mie valutazioni in “War Is No Solution” possono poi aggiungere alcuni dettagli. Per tornare ancora una volta alla mia esperienza, quando ero lì mi fu detto che istituzioni USA come la Fondazione Ford erano disposte a finanziare eventi accademici solo in ucraino o in inglese. Eventi in russo, che era stata la lingua della scienza per due secoli anche in Ucraina, non venivano finanziati.

Il governo russo ha semplicemente tracciato una linea nella sabbia. Se non l’avesse fatto, la base navale di Sebastopoli si sarebbe trovata in prima linea e ne sarebbe potuta nascere una grande guerra coinvolgente direttamente la Russia. Il fatto che John Kerry, parlando dei russi, dica di “un paese che invade un altro stato sovrano” dopo cio’ che e’ accaduto in Afghanistan, Iraq ecc ecc è davvero sorprendente. Ma questi signori credono in quello che dicono?

Se guardiamo al mondo nel suo insieme, vediamo ancora gli Stati Uniti al comando, anche se la Cina sta rapidamente colmando il divario. Gli Stati Uniti rimarranno “egemoni” nei decenni a venire?

 
Una lettura è che gli Stati Uniti stiano compensando la relativa perdita di peso civile nel mondo usando la loro forza militare. Ma a ben vedere, c’è stato un solo successo militare dopo Panama nel 1989? Penso che se “egemonia” significa leadership consensuale e attrazione culturale, siamo davvero in un momento di spartiacque. Forse l’uso della violenza è già un modo per compensare, nel senso che guerre per procura ad alto rischio come in Ucraina, o gli eventi largamente teatrali intorno all’ISIL, servono a distrarre l’attenzione dalle rivelazioni di Snowden, WikiLeaks e così via. I media mainstream, tutti di proprietà di oligarchie nei rispettivi paesi, parlano all’unisono: l’altro giorno c’era la rivelazione che NSA/GCHQ hanno hackerato la fabbricazione di SIM card per installare dispositivi di sorveglianza  in ogni telefono, e per quanto ho visto la notizia era riportata in una breve nota nelle ultime pagine.

Per quanto riguarda la Cina, sta producendo per il mercato statunitense a livelli di salario bassi, e sta finanziando il deficit USA. Forse dobbiamo aspettare un ulteriore incremento delle lotte di classe nella Cina stessa per deviare da questo corso, perché l’oligarchia non cambiera’ volontariamente.
 

Cosa pensa della Cina? Manterrà una “contending position”, o sara’ inclusa nel “Lockean heartland”  per usare la Sua terminologia?
 

Ora penso che questa terminologia mi ha aiutato a ricostruire la storia della supremazia occidentale negli ultimi trecento anni e dare ordine a ciò che altrimenti sarebbe una serie infinita di eventi apparentemente casuali – stile “ascesa e caduta degli Stati” à la Paul Kennedy, cose del genere. Recentemente ho acquisito una migliore comprensione del liberalismo e di Locke grazie alla Controstoria del liberalismo di Domenico Losurdo (ne sto leggendo una traduzione francese del 2013). Losurdo vede il liberalismo come autogoverno dalle classi possidenti, che fondamentalmente esclude la democrazia in senso più ampio. I trente glorieuses dopo il 1945 erano davvero l’eccezione. Penso che ora abbiamo raggiunto una fase in cui i risultati che in quei trent’anni sembravano acquisiti vengono a tal punto ribaltati che l’attrazione spontanea che l’influenza che l’occidente potrebbe esercitare altrove sta rapidamente venendo meno. Ci stiamo muovendo verso una fase di capitalismo autoritario (un termine di Frank Deppe), declino della democrazia in ogni senso sostanziale e sociale, e violenza in ascesa. Sullo sfondo di tutto cio’ c’e’ la crisi della biosfera, perche’ il mondo e’ entrato nell’”antropocene”.

Mentre la Cina ha già una Superborsa Hong Kong-Shanghai, la Russia è finanziariamente in ritardo. Non crede che Mosca dovrebbe avvicinarsi a un’Unione europea più autonoma?

Il capitalismo si evolve e mantiene creando tensioni permanenti e un controllo autoritario. Quando Nicolas Sarkozy è diventato Presidente in Francia sulla base di un programma neoliberale di privatizzazione e deregolamentazione, ha fatto tornare a mente la frase “ci sono sempre persone che arrivano ad una festa quando è quasi finita”. I russi hanno effettivamente sviluppato un’interessante alternativa con l’Unione eurasiatica, che ha un progetto tecnologico, ma occorre vedere se si dimostrerà resistente alla corruzione dilagante.
 
 

Come vede l’UE? Funzionera’ il Quantitative Easing (QE) di Mario Draghi della Banca centrale europea e per quanto tempo?

Posso solo dire che negli USA e nel Regno Unito, il QE ha contribuito a creare il tipo di flusso di cash di cui un’economia ha bisogno affinche’ la ricchezza percoli verso l’alto. Un po’ di “crescita”, molta più disuguaglianza. Sono coinvolto in un’iniziativa per chiedere che i soldi in più vengano dedicati a incrementare i redditi più bassi e a progetti pubblici. Sto guardando gli eventi che riguardano la Grecia in relazione agli altri paesi dell’Eurozona, con una certa trepidazione. È ovvio che il governo di Syriza sta per abbandonare la sua coraggiosa posizione originale, ma forse non hanno nessun piano B, che potrebbe dare loro la possibilità di cambiare le regole del gioco come e’ giocato attualmente. La storia che questa è una crisi del debito sovrano, piuttosto che una crisi bancaria è ancora data per scontata da troppe persone per dare qualche possibilità ai greci.

 
Perche’ il neoliberismo continua a dominare, nonostante la tremenda crisi partita nel 2007?

Perché sono state messe da parte tutte le alternative; questo è un aspetto della tendenza attuale al capitalismo autoritario.

Cosa direbbe a un europeo di vent’anni? Dove si può trovare “speranza” – in termini politici, non solo come slogan?

I giovani devono studiare, capire che cosa sta succedendo e vedere che lentamente ma inesorabilmente, i segni di una ripresa democratica sono sempre visibili. Non solo in Grecia, ma in America Latina, negli Stati Uniti. Se c’è speranza, è che ci sono “ventenni” che hanno la possibilità di cominciare a studiare il mondo iniziando da ciò che è veramente decisivo, che è lo stato del nostro rapporto con la natura. Poi con la struttura di una società che sta cadendo a pezzi e la necessità di nuove pratiche sociali come modalità cooperative di assicurazione e simili, che ho notato sono in corso sia a destra che a sinistra.

Mai abbandonarsi al cinismo che siamo invitati ad abbracciare.

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