La vigilia di ogni festività comandata è per me, ormai per abitudine, sinonimo di “fuori casa”. Mia madre diventa padrona indiscussa ed arbitraria di ogni singolo metroquadrato calpestabile della casa ed a nulla servono le suppliche. Bisogna uscire e lasciarla lavorare in cucina. E le camere da letto, ci si chiede, perché lasciarle libere? Ed il salotto? Niente. Inutile tornare sull’argomento perché “Lasciatemi lavorare in Santa Pace!Sapervi in mezzo a piedi mi disturba e mi distrae!”.
Capita, allora, che con tutta la pazienza di questo mondo – pazienza motivata dalla voglia di sedersi a tavola il giorno di festa – io e mio padre ci guardiamo con aria sconfitta, scendiamo le scale e dopo esserci salutati ognuno prende la sua strada. Laconici sguardi di chi sa che si ritroverà a cena. Sempre lì. Stesso tavolo. Stessa casa. Non c’è bisogno di salutarsi, ci si rivedrà più tardi. Quest’anno, vigilia di Pasqua, mio padre, sull’uscio di casa, mi propone “Posso offrirti un caffè?”. La richiesta è ghiotta e la compagnia non mi dispiace. Direzione ideale per chi è esule? Il Bar.
Al bar gli uomini cambiano. Diventano chiacchieroni, eroici, logorroici, divertenti, veniali, spinti, volgari, pessimi giocatori, ottimi allentatori e soprattutto “scienziati politici”/”sociologi”/”economisti”. Lo so bene perché non sono alieno al proteiformismo delle caffetterie ma vedo negli altri i miei stessi difetti. Guardo loro? Vedo me.
Giunti al Bar ci ritroviamo riuniti in brigate di uomini, probabilmente anch’essi cacciati di casa dalle rispettive mogli, che sghignazzano parlando di politica e calcio. Nel continuo mutare di questo paese, il binomi appena citato, resta immanente e fisso nel tempo. Cambiano solo gli attori. Se un tempo si parlava di Ruud Gullit, Cruijff, Rikkaard, Maldini per driblare Amato, Cossiga, Andreotti, Pomicino ed il sempreverde partigiano-presidente Pertini, oggi mutate le variabili, il gioco è lo stesso anche con Muntari, Pirlo, Tevez, Zaza, Renzi, Di Maio, Grillo e Boschi. Quest’ultima spesso vittima di commenti poco carini e sintomatici di una virilità machista quanto mai falsa.
E se al Bar arrivi dopo qualcuno di tua conoscenza? Il caffè è offerto, già pagato e bisogna sdebitarsi con una chiacchierata. Così è stato. Un amico di mio padre, che tra le altre cose mi sta anche molto simpatico, sorridente e spigliato come al solito comincia a domandarmi del lavoro, dei miei articoli, degli studi da completare e – incrociando le dita nelle tasche del pantalone affinché non avvenisse mai – di cosa pensassi dell’attuale nuova amministrazione del mio paese. Cerco un compagno con la coda dell’occhio, il difensore mi tallona e mi blocca ogni via di scampo. Il pareggio non mi dispiace ma un goal possiamo provarlo a fare. Respiro profondamente, finta a destra, il compagno c’è, passo palla ed il compagno – colpa mia – è mio padre. Andrà a far goal? Macchè. E’ contento del pareggio. Prende il pallone sotto il braccio, tanto è festa, e comincia a dirti la sua sul mondo. La partita è finita? Ma no. E’ appena cominciata. Dalla politica amministrativa locale, che fa presa sul cittadino più di altro, si comincia a scalare la montagna di secrezioni escrementizie a cui questo paese ci ha abituati ed educati. Tra i due i botta e risposta è marziale, disciplinato e ordinato. Al canto di uno, risponde il coro dell’altro. Arie sinfoniche che negli intermezzi, preludio del peggio, le pause degli attori vengono segnate dal “E allora di cosa parliamo?”/” Che te lo dico a fare? “ / “Se non c’è il fesso non campa il dritto!“
I tempi regolamentari mi stremano, figuriamoci i supplementari. Con la scusa di prendere le sigarette mi divincolo e scappo. I due continuano a parlare, concordi su tutto, e forse neppure i calci di rigore sbloccheranno qualcosa. Chi è memore della finale di Champion’s League all’Old Trafford , qui è meglio che abbandoni ogni speranza.
Distrutto mi avvio verso il bar frequentato dai miei amici. La serata è stranamente calda eppure c’è qualcosa che continua a non convincermi di quel tripudio di parole. Che sia tutta colpa della politica? E’ possibile che in questo benedettissimo paese ogni causa e reazione dei mali è sempre di natura politica? Per inciso, abbiamo una delle peggiori classi dirigenti del mondo. Parolai senza fine che si perdono sempre, e comunque, in questioni di lana caprina. Ma che forse anche la poca attitudine all’associazionismo, all’altruismo, all’onestà dipenda un poco – ma guarda, proprio pocchissimamente – dal cittadino? E chi ruba? In questo paese chi è che ruba?
Nel solo 2014, secondo il rapporto annuale della GdF, sono stati scoperti 17’802 reati tributari (di cui 13’062 soggetti denunciati e 146 in arresto). Quanti evasori totali? 7’683. Lavoratori in nero? 11’963 . Datori di lavoro che hanno utilizzato manodopera irregolare ed in nero? 5’082. Frodi nella richiesta e percezione delle risorse a carico del Bilancio dell’Unione Europea? 2’980 denunciati, 43 arrestati, 666’046’188 milioni di euro indebitamente ricevuti. E per quanto riguarda gli incentivi nazionali? 1’389 deunciati, 19 arrestati, 618’325’802 milio di euro indebitamente ricevuti.
E per quanto riguarda i maledettissimi appalti pubblici? 933 persone denunciate, 44 arrestati, 1’793’431’816 miliardi di euro assegnati irregolarmente. Senza contare, poi, le frodi accertate nelle prestazioni sociali agevolate di ticket sanitari pari a 6’299’077 milioni di euro.
Il rapporto consta di 66 pagine che per motivi di tempo, pazienza, pudore non posso riportare nella sua integrità. Posso solo dire che mancano ventidue giorni all’inaugurazione di EXPO 2015 ed autocertifichiamo i lavori senza collaudarli. E se la favoletta della buona tavola è panacea contro lo schifo che siamo in grado di sfornare ogni giorno, bene. Facciamolo senza troppi problemi.
Un tempo eravamo, credo, un grande paese perché non avevamo paura dell’intelligenza ma della furbizia. Ci si aiutava e si riconoscevano i propri limiti dinnanzi ad un mondo troppo grande per ognuno di noi. Il resto è storia ed aveva ragione quel mio amico che, offrendomi il caffè, mi disse “Ci meritiamo i film di Christan De Sica e le stragi di Stato”.
Ora scendo, mio padre è ancora al bar.