La rabbia, le pietre, gli scorci a valle, le belle parole, milioni di poesie al giorno, negli occhi delle madri, le suore che passano in fretta dal convento alla chiesa, i ragazzi che trascinano lo zaino a scuola ridendo, le mille e mille albe senza fine, le spiagge, la burrata, l’ambizione sprecata, una risata fragorosa in un autobus verso la periferia, le Alpi, Erice, mia figlia che mescola italiano ed inglese, le piogge torrenziali, le foglie delle foreste attorno a Borgotaro, ogni volta che ci passo di un colore e profumo diversi, i lungomare abusivi, i ragazzi che partono in cerca di lavoro ed i ragazzi che arrivano in cerca di libertá, il volto di un santo in una chiesa avvolta dalla penombra, l’ennesima frana che trascina giù un pezzo di storia, di civiltá, i dialetti, e le minoranze linguistiche, le Alpi viste da Venezia, Torino vista dalle Alpi, la strada da Bronte a Rossano, le processioni di Pasqua e i fuochi di artificio sul mare, gli ex voto, milioni di piccoli passi sui selciati di sanpietrini, la signora che tende i panni sopra una coda di persone davanti ad una pizzeria a Spaccanapoli, il venditore ambulante di poesie a Lecce, le pietre, i marmi, il legno delle strutture temporanee e la sottile linea di demarcazione fra corruzione e agevolazione, gli abiti blu dei politici, un matrimonio in una chiesetta delle colline senesi, e tu che ti rendi conto di aver sbagliato cerimonia, ma ti senti comunque fra amici, le prime lune piene sulla neve, le memorie sulle case, dove sono nati autori, attori, poeti, scienziati, assassini, gerarchi, sarti, fenomeni da baraccone, cuochi e postini, le porticine di Cortona da cui passavano i morti, le fondamenta etrusche e greche, le rimanenze arabe, gli ulivi del Salento e le grandi passeggiate appenniniche, i lupi della Sila, il mare che ha rubato la tavolozza agli angeli, i rifiuti tossici di Scarlino, le ciminiere di Gela dalla distanza, le scogliere tirreniche intraviste dalle gallerie del treno, fra Genova e Reggio Calabria, il corpo congelato nell’ultimo istante di santi mummificati, e di poveracci romani a Pompei, l’amore per il dettaglio nascosto da una faciloneria dolorosa, la passione per gli odori, che un tempo erano gratis dal fruttivendolo ma ora paghi anche quelli, la cioccolata di Modica e quella di Peyrano, un cavallo da solo nel campo aperto, infinito, di un’estate che torna come le preoccupazioni, le code a Roncobilaccio, il teatro di Goldoni e le fascinazioni di mille falene, le biblioteche ancora non catalogate, Grazia Deledda, la bassa padana in un giorno di Sole, la ragazza che vende i panzerotti e racconta degli studi di fisica quantistica in una citta’ del nord, l’apoteosi di santi e profeti di Sant’Ignazio, il paese che amo, dove abbiamo quello che abbiamo e facciamo quello che possiamo con quel tantissimo che abbiamo, anche gli errori, le dimenticanze, le bischerate, tutto quello che abbiamo, una specie di ponte fra quello che era prima e quello che sara’ dopo. Rimediare alle storture, una ad una, od abituarsi a convonverci, perche’ sono le contraddizioni, le piccole cose banali o i grandi errori madornali che rendono il paese quello che è. Il momento di piú grande rinascita del paese fu il neorealismo, quell’istante in cui, abbattuti, sconfitti, dilaniati dalle contraddizioni, i nostri nonni ammisero tutte le loro debolezze, tutte le loro pochezze, la loro disperazione di voler essere un paese normale, in linea con i tempi. Presero quello che avevano, quel poco o tanto che potevano gestire, perché sapevano che tutto quello che è ex-ante prima o poi diventa ex-post.
Soundtrack
Heather Wood Broderick
The Constantines